Sorpresa, malumore e un generale clima di smobilitazione. È questo il mood che si respira nella base di Forza Italia in Veneto, mentre si avvicina l’appuntamento elettorale del 25 settembre. Mugugni legati soprattutto alle scelte dei vertici del partito sulla composizione delle liste, che vanno presentate entro il 22 agosto. È stata accolta con un certo stupore, per esempio, la decisione di dirottare in Basilicata la candidatura della Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, padovana eletta in Veneto alle ultime politiche del 2018. Nel collegio che in un primo momento sembrava destinato alla seconda carica dello Stato (Veneto 1) sarà invece candidata la bolognese Anna Maria Bernini, capogruppo azzurra a Palazzo Madama. Le ultime liti interne e gli strascichi della caduta del governo Draghi - alla quale ha contribuito anche Fi con il mancato voto di fiducia al Senato lo scorso luglio - stanno mettendo a dura prova la tenuta di Fi in Veneto e il suo rapporto con il tessuto produttivo. E diversi esponenti locali del partito sottolineano l’opportunità di candidare figure di spicco e soprattutto radicate sul territorio. Se, da una parte, il coordinatore di Fi in Veneto Michele Zuin concorda con i vertici e dice di non scandalizzarsi per la candidatura in Basilicata della Presidente del Senato («Casellati è una punta di diamante del partito, forse hanno ritenuto che possa dare un impulso maggiore a quel territorio», spiega), dall’altra c’è chi dipinge un quadro decisamente più fosco. «Lo stato di salute del partito in Veneto è pessimo. Ci sono province dove non si farà nemmeno attivismo per la campagna elettorale», dice all’Adnkronos, senza giri di parole, il deputato Dario Bond, vice coordinatore regionale di Forza Italia. Il rapporto tra Bond e la creatura politica fondata da Silvio Berlusconi sembra giunto ormai al capolinea: «Lascerò il partito. Non ho ancora ufficializzato la mia decisione perché essendo uno dei fondatori non volevo creare problemi. Però così non si può andare avanti...». «La mia decisione - spiega il parlamentare nato a Feltre, in provincia di Belluno - nasce da un anno e mezzo a questa parte. Si è perso il rapporto col territorio, Fi è un disco volante gestito da zone remote: Milano, Roma. Tutto il resto sono "uova sode", niente in tutto. È un partito gestito in questo momento da un vertice molto ristretto, mettiamola così...». Lo sfogo di Bond non si ferma qui: «I collegi uninominali di Fi in Veneto sono due e non sarà candidato nessun veneto. Io dico che il partito è stato cannibalizzato. Personalmente non ho neanche chiesto un posto, né al Senato né alla Camera, né all’uninominale né al proporzionale. Io questo partito non lo voterò, non c’è più l’anima del territorio». Secondo il deputato bellunese la scelta di non votare la fiducia al governo Draghi ha compromesso il rapporto con una parte del mondo produttivo della Regione: «Questa cosa ha allontanato molta gente, molte partite Iva. Si spera che la memoria sia breve e che le persone si dimentichino di tutto, ma la gente non è stupida e si ricorderà». Proprio in queste ore la comunità veneta di Forza Italia piange la scomparsa di una colonna del partito, l’avvocato Niccolò Ghedini, al quale la stessa Casellati era molto legata: «Per me è stato un padre, mi ha aperto le porte della politica. Ho sempre avuto un enorme rispetto per lui», il ricordo di Bond.

Le liste del centrodestra, tensioni in Forza Italia

Più in generale nel partito di Silvio Berlusconi i problemi riguarderebbero ancora gli incroci uomo-donna e varie "caselle" da riempire, oltre naturalmente alla scelta dei nomi da schierare. Tra le fila della cosiddetta quarta gamba della coalizione poi, tutti garantiti da Fratelli d’Italia, non è ancora chiaro chi candidare in alcuni "maggioritari" e dove. Fi è in subbuglio, c’è la consapevolezza che la coperta è cortissima e i tagli saranno tanti e dolorosi. Senza contare la partita del proporzionale, considerata dai più un vero e proprio bagno di sangue. Fatto sta che le liste forziste non sono ancora chiuse e questa, raccontano, sarà una notte lunga, di frenetiche trattative, che potrebbero riservare delle sorprese. Allo stato, si sa che Silvio Berlusconi farà da "front man": capolista al Senato in più circoscrizioni (sicuro in Lombardia e in Campania) e nell’uninominale di Monza. Blindata anche la sua compagna, la deputata Marta Fascina, che dovrebbe correre in Campania e Lombardia nel proporzionale a Montecitorio. Antonio Tajani, numero due azzurro, dovrebbe correre come capolista alla Camera in varie circoscrizioni, anche in Campania. L’ultima parola spetterà alla Meloni che dovrà trarre le conclusioni e mettere la parola fine alla "riffa" degli uninominali per passare al secondo round, quello dedicato alla ripartizione dei seggi proporzionali.