Dopo una giornata e mezza di fermo, a disposizione della polizia e dell’autorità giudiziaria, Marina Ovsyannikova è stata rilasciata. Della giornalista e collaboratrice del Dubbio si sono perse quasi del tutto le tracce da mercoledì fino a ieri pomeriggio, quando il tribunale distrettuale Basmanny di Mosca ha accolto la richiesta della difesa di concedere gli arresti domiciliari. La misura restrittiva della libertà sarà mantenuta fino al prossimo 9 ottobre.

Due giorni fa l’ex giornalista di Channel One è stata sottoposta ad una perquisizione nella sua abitazione. Una decina i poliziotti e gli uomini del Comitato investigativo impegnati nel blitz. Al momento dei controlli in casa con Marina c’era anche la figlia undicenne, momentaneamente affidata alla nonna. La giornalista dissidente è stata condotta davanti ad una “Commissione d’inchiesta”.

Le viene contestato di aver screditato l’esercito russo poco più di un mese durante una manifestazione nel centro di Mosca. In quella occasione ha mostrato un cartello con la scritta “Putin è un assassino, i suoi soldati sono fascisti”. Adesso Marina rischia fino a dieci anni di carcere.

Nell’udienza svoltasi ieri a porte chiuse - decisione fortemente contestata dall’avvocato Dmitry Zakhvatov - le è stato letto il capo di imputazione (si tratta dell’articolo 207.3 del codice penale della Federazione Russa). Prima dell’intervento del pubblico ministero, i giornalisti e i fotografi hanno potuto vedere per alcuni minuti Ovsyannikova, che, anche se un po’ provata dalle ore di fermo, si è presentata come al solito elegante  in tailleur color panna) e determinata. Ha ancora una volta voluto manifestare il suo punto di vista e ha alzato un foglio. C’era scritto: "Lascia che i bambini assassinati ti sognino di notte". Pronto l’intervento dei poliziotti che le hanno strappato il pezzo di carta. Al termine dell’udienza è stata accompagnata a casa a bordo di un’auto della polizia.

Quanto sta accadendo a Marina Ovsyannikova è un copione che si ripete dall’inizio della guerra in Ucraina. Vietato parlare male dell’esercito russo. Vietato contestare Putin. I provvedimenti liberticidi, adottati in Russia all’indomani dell’aggressione militare ai danni dell’Ucraina, hanno colpito centinaia di dissidenti (politici, giornalisti, intellettuali, artisti). Soltanto due giorni fa, nel suo ultimo articolo pubblicato sul Dubbio, Marina Ovsyannikova ha posto all’attenzione dei lettori la repressione messa in atto negli ultimi mesi.

Un salto nel passato, come ai tempi di Stalin. «Il Cremlino – scrive Ovsyannikova - perseguita politici e attivisti che si schierano contro la guerra. E lo fa con l'ausilio di giudici e di psichiatri». Emblematico il caso del politico Ilya Yashin, 39 anni. Dalla cella ha esposto un pezzo di carta con la scritta ' No alla guerra'. Ma i russi non hanno avuto la possibilità di vederlo. Mostrare all’opinione pubblica i protagonisti del dissenso è sconveniente per chi mette a tacere le voci libere. Ora il rischio è che anche la voce di Marina venga silenziata a lungo da Putin.