I magistrati del Tribunale di sorveglianza di Roma leggeranno l’intervista sul Dubbio di oggi (ieri ndr,) di Vincenzo Semeraro? Semeraro è il giudice di Sorveglianza del Tribunale di Verona che ha scritto una lettera diffusa ai funerali di Donatella Hodo, giovane suicida nel carcere femminile di Verona.

Il magistrato interpreta la funzione del giudice di sorveglianza secondo l’ordinamento penitenziario vigente. E ha il coraggio di esprimere pubblicamente le sue idee e i sentimenti di chi esercita una delle funzioni più importanti riconosciute da uno stato democratico.

Per Semeraro: «Quando sei magistrato dell’Esecuzione e gestisci le varie vicende carcerarie e detentive, non hai a che fare solo con un detenuto ma innanzitutto con una persona. Uomini, donne con storie diverse. Non vanno trattati come numeri, come pedine di un ingranaggio, ma come individui differenti l’uno dall’altro. Sono persone, certo recluse in cella, ma pur sempre persone».

C’è una premessa a monte delle dichiarazioni di Semeraro. IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA DEVE INCONTRARE E CONOSCERE IL DETENUTO ATTRAVERSO COLLOQUI IN CARCERE. Si può esercitare la funzione se si assolve a questo compito certamente impegnativo e a volte defaticante, ma pur sempre uno degli aspetti più importanti della funzione.

Nel Lazio quanti detenuti definitivi hanno avuto un colloquio con il proprio magistrato di sorveglianza? Quanti dei magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Roma si recano periodicamente a colloquio con i propri detenuti? Quanti magistrati potrebbero rispondere con le stesse frasi di Semeraro sul rapporto con il detenuto?

Dice Semeraro: «Forse l’ultima volta che sono andato a farle visita nel penitenziario, lo scorso giugno, avrei potuto dirle due parole in più? Perché, nonostante la conoscessi da quando aveva 21 anni, non ho captato che il malessere era divenuto per lei così profondo?» . La realtà è che manca totalmente questo rapporto tra magistrato e detenuto e questo pregiudica il percorso trattamentale, l’accesso alle misure extramurarie e i tempi di decisione delle istanze.

Dice Semeraro: Ogni volta che una persona detenuta in carcere si toglie la vita, significa che tutto il sistema ha fallito. Nel caso di Donatella, io ero parte del sistema visto che seguivo il suo caso da sei anni». Speriamo che il dibattito faccia comprendere ai magistrati laziali l’importanza degli incontri con i detenuti per il progresso trattamentale e il loro reinserimento sociale. E speriamo di non ascoltare in futuro nelle pubbliche assemblee giudiziarie che i magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Roma non si recano a fare visita ai detenuti negli istituti per mancanza di ….. autisti addetti. (*Presidente Camera Penale di Roma)