È necessario che si prenda atto della estinzione dei partiti politici e si proceda al più presto alla loro cremazione. Hanno avuto una loro vita e meriti certi nella realizzazione della democrazia parlamentare italiana ma, non da oggi, sono “estinti” e siccome non possiamo legare le sorti della nostra democrazia a degli zombi è necessario separare la salvaguardia dei nostri principi costituzionali dal destino dei partiti esistenti.

Sia chiaro, non parlo di mettere i partiti fuorilegge o di abrogarli con un atto d’imperio ma di innescare un processo politico virtuoso capace di rigenerare la nostra democrazia con organizzazioni che ritrovino il gusto dell’impegno politico dal basso e solo da un tale rapporto traggano la legittimità.

I partiti storici della “Prima repubblica” hanno avuto grandi meriti: hanno fatto la Resistenza, dato all’Italia una delle costituzioni più belle del mondo (anche se non attuata), hanno difeso ed animato la democrazia per almeno i primi quarant’anni del secondo dopoguerra. Ad un certo punto sono andati in crisi e quando nel 1992 hanno avuto il colpo di grazia da parte della magistratura erano già abbondantemente consunti. Perciò hanno dovuto piegare la testa dinanzi a magistrati in cerca di gloria e potere. Forse, sarebbe stato quello il momento di individuare la strada per non consentire mai più l’esproprio dei partiti ai legittimi “proprietari” che sono i cittadini. Avremmo dovuto individuare meccanismi certi per impedire a gruppi di poteri e a singoli avventurieri di impadronirsi delle organizzazioni che la Costituzione individua come strumenti essenziali onde consentire la partecipazione popolare alla vita dello Stato.

Se non ci sono i cittadini non c’è “partito”. Infatti i partiti attuali, pur avendo qualche coloritura diversa, sono strumenti verticistici di potere che spingono la maggioranza dei cittadini ad astenersi dal voto e degradano i votanti a semplici elettori senza possibilità alcuna di influire sulla vita del partito e dello Stato. Traggono legittimità dalla loro presenza sui giornali e nelle televisioni, vivono di sondaggi e si piegano alle mode del momento.

La conseguenze maggiormente visibili sono “movimenti populisti” e personaggi improvvisati che nascono per smuovere dal Parlamento i “lungo permanenti” per poi prenderne il posto. Niente a che vedere con i bisogni del popolo italiano.

Una legge elettorale truffa fa tutto il resto. La naturale conseguenza è il progressivo discredito della “politica” e del Parlamento sino al punto da dover obbedire ai vari diktat della magistratura, della grande finanza e dell’alta burocrazia che assorbe e neutralizza ogni istanza di reale cambiamento e assume su di se il compito di separare il governo dello Stato dal popolo.

Se questi sono i “partiti” tocca al popolo italiano trarre le conseguenze ed impedire che il morto tiri giù per le gambe il vivo, portandolo con se nella fossa. Insomma non possiamo lasciare a questi partiti la possibilità di trascinare nella loro sicura rovina valori fondamentali della Repubblica come le libertà individuali e collettive, la democrazia e la Costituzione. Comprendo la domanda: chi governerà senza partiti?

Innanzitutto questi partiti non stanno governando. Al massimo gestiscono il potere quando non delegano altri alla gestione. Ma soprattutto, come la storia dimostra, nei momenti importanti i cittadini “protagonisti” hanno trovato e troveranno gli strumenti necessari per una gestione democratica dello Stato. Non fosse così, saremmo noi a mettere in discussione la democrazia come forma di governo.

Un tempo per mettere paura al popolo analfabeta si raccontava la favola di Menenio Agrippa secondo cui senza i parassiti latifondisti la società sarebbe andata in rovina. La storia ci ha dimostrato invece che senza il grande latifondo incolto si può vivere benissimo così come la democrazia italiana potrebbe trovare nuovo slancio e vigore prendendo atto che gli attuali partiti italiani sono morti che barcollano.

Quello che vediamo in questi giorni è la prova di quanto abbiamo detto. Il pericolo è che la mera difesa dell’esistente porti all’astensione di massa, all’invocazione dell’uomo forte, allo strapotere dei Pm, a terribili avventure di cui abbiamo avuto l’anticipo nel momento in cui Salvini, allora ministro dell’Interno, travestito da poliziotto e Bonafede da guardia carceraria sono andati ad accogliere in forma solenne all’aeroporto di Roma l’arrivo d’un latitante come fosse un trofeo della loro caccia.

La Democrazia non è teatro ma è una cosa seria, molto seria e molto bella, ma deve essere vera! E solo la partecipazione dei cittadini può renderla tale. Parafrasando Martin Luther King, io avrei un sogno che da oggi al 26 agosto un’immensa onda di popolo si alzi come un muro per chiedere ai partiti di parlare concretamente di carceri inumane, di dittatura giudiziaria, di patrimoniale (che non è una bestemmia) di uguaglianza, di partecipazione concreta alla vita dei cittadini alla vita dello Stato, delle necessità di abolire le modifiche al Titolo V della Costituzione e di bloccare l’autonomia differenziata, di economia umana. E soprattutto di pace subito e di umanità verso lo straniero. Sarebbe una campagna elettorale concreta ed affascinante. Ma non lo faranno! Molto più comodo parlare di Calenda e Di Maio, di Renzi e Berlusconi, Letta e Franceschini.