Bonelli, Fratoianni  e Di Maio da una parte, Calenda dallaltra. In mezzo Enrico Letta, che prima latita poi prende in mano la situazione (o almeno ci prova). È questo il riassunto di unaltra giornata al vetriolo tra quelli che dovrebbero gli alleati nella coalizione di centrosinistra. Il condizionale è dobbligo una volta di più, se è vero che ormai ciò che divide la federazione di Azione e +Europa da quella di Sinistra italiana e Verdi è ampiamente maggiore di ciò che le unisce (peraltro, quasi nulla).  E se una volta certe discussioni avvenivano nelle sedi di partito, o al massimo con qualche telefonata che rimbombava nei corridoi di palazzo, ecco che in questa brevissima e torrida campagna elettorale per le Politiche 2022 la principale arena di scontro è nientemeno che twitter.  Tutto è iniziato di prima mattina con lattacco di Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, a Carlo Calenda, che poco prima aveva dato un ultimatum a Letta del tipo: «o noi, o loro». Riprendendo le parole del presidente del Consiglio di mercoledì in conferenza stampa post approvazione in Cdm del decreto Aiuti bis, Fratoianni ha scritto che «lagenda Draghi, come ha detto lui stesso non esiste». Per poi ironizzare sul leader di Azione. «Povero Calenda, deve correre in cartoleria a comprarsene unaltra - aggiunge Fratoianni - Noi intanto lavoriamo per unItalia più giusta e più verde». Apriti cielo. Il già poco incline al pacato dibattito social Calenda coglie la palla al balzo e risponde per le rime. «Direi che abbiamo raggiunto un punto di chiarezza - scrive lex ministro dello Sviluppo economico - Mi pare del tutto evidente che cè una scelta netta da fare per il Partito democratico che ha siglato un patto chiaro con noi che dice lopposto, a queste condizioni per quanto ci concerne non cè spazio per loro nella coalizione: No Nato e no agenda Draghi sono linee rosse per noi e per +Europa, adesso decida Letta». Che non decide con chi stare ma decide di richiamare allordine il numero di Azione, incontrandolo nel tardo pomeriggio per dirimere la questione. Il problema è che nel frattempo lincendio non sera spento, anzi. A metà mattinata è il ministro della Cultura e stratega silenzioso del Pd, Dario Franceschini, a provare a fare da paciere, ovviamente sempre su twitter. «Carlo Calenda e Nicola Fratoianni, fermatevi - tuona lesponente dem - Ci aspetta una sfida molto più grande dellinteresse dei nostri partiti, cioè evitare che lItalia finisca in mano a una destra sovranista e incapace: per iniziarla e vincerla occorre rispettarci a vicenda e accettare le nostre diversità». Il tentativo, manco a dirlo, fallisce. Ed è lo stesso Calenda a rispondere per le rime pure al povero Franceschini. «Dario, il terzismo alla volemose bene con noi non funziona - scrive - Avete firmato un patto che prevede Nato, rigassificatori, equilibrio di bilancio, revisione del reddito di cittadinanza, agenda Draghi: dallaltro lato cè una dichiarazione al minuto contro tutto questo». Invitando poi alla chiarezza da parte del Pd e di Enrico Letta. Che, nessuno vorrebbe essere nei suoi panni, prima lascia raffreddare gli animi e poi decide di convocare i leader di Azione e +Europa. Non prima, però, di unaltro paio di polemiche, così giusto per rendere più saporita la giornata. La prima è con il coportavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, che sprezzante del pericolo aveva definito Calenda «un bambino che deve essere educato». Non lavesse mai fatto. «Vorrei capire se si può pensare di lavorare così, boh», twitta il segretario di Azione rivolto sempre allormai stremato Letta. Il carico finale lo mette Luigi Di Maio. «Dopo essere partito dal grande centro, Calenda è diventato un gregario della coalizione di centrosinistra - scrive il ministro degli Esteri in una nota (sic!) - Sorprende che alla fine proprio lui, che si innalza a paladino dellanti-grillismo, nelle sue dichiarazioni e nei suoi tweet sia diventato il più estremista di tutti». Per poi dargli del disgregatore della coalizione che rischia di «fare un regalo alle destre». E se dall'incontro Letta-Calenda non esce nulla, ecco che nel frattempo dai Verdi arriva l'okay all'alleanza con il Pd. Ma negli stessi minuti, l'ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, con la sua Lista civica nazionale risponde picche alla proposta del Nazareno di correre dentro Impegno civico di Di Maio. E così Pizzarotti guarda a Italia viva, e da renziani dicono che l'ipotesi è sul tavolo. Obiettivo: superare il 5 per cento.