di GIUNTA DI RADICALI ITALIANI

Diciamolo: ogni giorno che passa la tentazione di dimenticare cosa sta accadendo in Ucraina è sempre più forte. Di fronte a un futuro incerto, alle elezioni politiche di settembre, viene solo voglia di staccare la spina e cullarsi nel dolce ritornello “tanto non si può fare niente”. Il problema è che noi possiamo dimenticarci di Putin ma Putin non si dimentica di noi.

L’ultimo zar ha iniziato la “campagna d’Italia” attaccando su più fronti: il corteggiamento serrato della Lega di Salvini e di Berlusconi, con le loro ambiguità, il loro passato filoputiniano che non passa, il loro innato istinto di suonare le corde della demagogia italiota; l’azione incessante di propaganda sui social dove, visti i tempi della competizione, si svolgerà gran parte della campagna elettorale; e il “fronte Sud”, con i primi sbarchi di migranti provenienti dalla Libia, dai territori controllati dai mercenari della Wagner, la “longa manus” di Putin dove non è opportuno mandare il suo esercito regolare.

Contro tutto questo, Radicali Italiani si batte dal 24 febbraio ( quando, in concomitanza della seconda aggressione russa all’Ucraina, tenne il suo Congresso), con le sue poche forze e mezzi, ma sapendo di avere alle spalle già 23 anni di lotta Radicale “senza se e senza ma” contro Vladimir Putin; 23 anni di vita di Radicali Italiani che corrispondono ai 23 anni di regime putiniano. L’appello “Putin all’Aja” (per l’incriminazione da parte della Corte Penale Internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Ucraina) è uno strumento semplice, disponibile in nove lingue. Bisogna utilizzarlo, diffonderlo, farlo conoscere. Gli inquirenti dell’Aja e non solo stanno indagando sui crimini commessi a partire dal 2014; ma, come fu per Miloševic, serve il sostegno dei cittadini italiani, ucraini, russi, europei.

Ma non basta: in questi mesi Radicali Italiani ha incalzato senza tregua Matteo Salvini, chiedendogli conto dell’accordo da lui stipulato a Mosca nel 2017 con “Russia Unita”, il partito personale di Putin; un “patto con il diavolo” mai revocato pubblicamente. Inoltre, Radicali Italiani ha incessantemente richiesto la revoca di tutte e 30 le onorificenze della Repubblica concesse a uomini di Putin dal 2014 (ben 22 da quando Di Maio è ministro degli Esteri). A maggio ne sono state revocate solo quattro. Il nuovo Di Maio, atlantista e anti Putin, non può permettersi amnesie ed eredità vergognose. Forse, sapendo tutto questo, si rinuncerà all’allettante ma insano proposito di dimenticare l’Ucraina e Putin, e magari si sceglierà di dare forza alle battaglie radicali.