Il risiko dei veti incrociati e il limitato numero di collegi da spartire immobilizza la costruzione dell’alleanza su fronte del centrosinistra. Il più indeciso tra tutti, al momento, pare essere Carlo Calenda che, dopo aver incontrato Matteo Renzi e aperto un dialogo con il Pd, non ha ancora deciso che pesci prendere. L’ex ministro dello Sviluppo economico ha preso ancora tempo e rimane in attesa di un sondaggio che dovrebbe verificare il peso di Azione nel proporzionale in caso di accordo per gli uninominali. «Siamo al 50 e 50» ha detto ai suoi e fatto rimbalzare sulla stampa in modo che il messaggio arrivasse chiaro anche al Pd.

Enrico Letta, che sta mettendo a dura prova le sue capacità di attesa e mediazione, prova a rimanere fermo aspettando risposte e non chiudendo la porta in faccia nessuno. Anche perché sa che dentro il suo partito ha cominciato a friggere la componente ex Ds preoccupata di uno spostamento dell’azione politica verso il centro che possa tradire la natura stessa del partito e lasciare uno spazio indefinito a sinistra dove Giuseppe Conte con i Cinque Stelle continua a manovrare. «Calenda datti una calmata» è stato il nuovo messaggio del ministro del Lavoro Andrea Orlando che, già durante l’ultima direzione nazionale del partito, aveva ammonito sui rischi di un possibile sbandamento dem.

Non va meglio neanche nei rapporti tra Pd e Italia Viva. Nelle scorse ore i vertici dem avevano fatto circolare la caduta di ogni veto nei confronti del sindaco di Firenze, ma quest’ultimo non si è dimostrato molto entusiasta della nuova possibilità. «Il Pd in queste settimane diceva Renzi ci fa perdere voti, non lo vogliamo, evidentemente hanno fatto due conti e hanno cambiato idea. Dopodiché siamo in una situazione gravissima, dunque prima decidiamo le cose da fare, poi vediamo le alleanze. La politica sembra impazzita, forse è il caldo». Così si è espresso Matteo Renzi, ospite di Agorà. Anche nel caso di Renzi, come in quello di Calenda, il nodo è il peso che il partito avrebbe in caso di alleanza e in caso di corsa in solitaria. Italia Viva è convinta di potere arrivare da sola al 5 per cento e, dunque, l’alleanza dovrà essere ponderata con moltissima attenzione.

Sia per Calenda che per Renzi, però, sembra insuperabile per ogni forma di accordo con il Pd una qualche partecipazione dei Cinque Stelle alla coalizione. E durante la giornata, nonostante le rassicurazioni arrivate dalla direzione dem, la possibilità è tornata a manifestarsi. Conte a Tpi aveva rilasciato una dichiarazione che era sembrata un’apertura: «Un dialogo col Pd non lo escludiamo. Ci saranno le premesse solo se il Pd vorrà schierarsi convintamente a favore dei più deboli, del lavoro, dei più giovani, delle donne». Per qualche ora, dunque, la galassia del centrosinistra è stata scossa da un possibile scongelamento dei rapporti tra l’avvocato del popolo e il segretario Letta. Tanto che, qualche ora dopo, lo stesso M5S è dovuto correre ai ripari con un messaggio esplicativo delle parole di Conte. La sua dichiarazione, per il M5S, non sarebe in alcun modo da intendersi come una riapertura alla possibilità di una alleanza col Pd in questa campagna elettorale. Conte avrebbe voluto semplicemente chiarire che in prospettiva futura ci potranno essere le premesse per un dialogo solo se il Pd abbandonerà l’agenda Draghi e sposerà un’agenda autenticamente sociale ed ecologica.

Come se non bastasse un tale livello di confusione, a tenere banco c’è anche la questione relativa ai confini da mettere in direzione centro. Di Maio e Sala, ad esempio, aspettano risposte per determinare il proprio futuro. Ma c’è anche l’incognita legata ai governisti di Forza Italia che stanno abbandonando il partito con qualcuno, vedi Maria Stella Gelmini, che ha avviato un dialogo intenso con Carlo Calenda.

La coperta non è in grado di avvolgere tutto. Fratoianni ha già escluso la possibilità di potersi alleare con ex ministri di Forza Italia, ma la possibilità preoccupa anche gli ex Ds del partito che già mal tollerano Azione. Un listone di centro troppo ampio lascerebbe scoperta la sinistra del Pd con conseguenze sul consenso al momento imprevedibili, mentre un riaggiustamento a sinistra potrebbe allontanare Calenda in modo definitivo.

Se il centrodestra, dunque, pare viaggiare blindato verso le elezioni dopo l’accordo raggiunto sulla leadership, il centrosinistra corre il rischio di sbriciolarsi senza una strategia politica definita in grado di mettere in piedi una coalizione credibile.