L’esperienza governativa del presidente Draghi s’è consumata erodendo la popolarità d’un uomo certamente importante nel panorama europeo e che era stato salutato dall’establishment italiano come il Salvatore della Patria.

Ancora più sorprendente è la parabola dei “5 stelle” non solo per la trasfigurazione governista dei suoi principali esponenti ma anche perché sembra evidente il fatto che abbiano perso gran parte di quel sostegno che li ha portati ad essere la prima forza in Parlamento. Viviamo in un’epoca in cui i leader e “partiti” sono come le stelle cadenti, brillano un attimo per poi diventare polvere di stelle, come dire: “pulvis es et in pulverem reverteris”! Intanto i problemi veri degli italiani, tipo l’erosione dei redditi di lavoro o di pensione a livello medio basso, hanno avuto decisamente poco spazio nell’attuale crisi di governo, e così ci siamo trovati nella particolare situazione in cui una parte importante del Parlamento s’è sentita altra cosa rispetto al governo e ai loro stessi ministri.

Una questione di mediocre tattica senza un domani e che nulla c’entra con la politica, e così una larga parte del popolo italiano, stretta nella morsa della crisi e preoccupata per la guerra, s’è sentita estranea tanto ai riti del Parlamento che alla crisi dell’esecutivo e all’agitarsi dell’opposizione. Un esempio personale: sono un ex professore di italiano e storia, la mia pensione è di 1420 euro al mese. Vi garantisco che negli ultimi tempi l’aumento dei prezzi ( farmaci, luce, gas, tributi, generi di prima necessità) ha divorato oltre il 30% del potere reale d’acquisto, e quando sento dire “non abbiamo messo le mani in tasca agli italiani” mi girano veramente i coglioni. Ancor di più se a dirlo sono gli esponenti della Sinistra che ho votato per una vita. Proprio una tale tiritera ha degradato la Politica in mera propaganda, mentre la democrazia parlamentare è stata lentamente piegata ad una logica sudamericana, con leader acclamati dalle folle entusiaste e poi “lapidati” dalle stesse folle su incitazione dei poteri reali. Siamo giunti così nel cuore d’una notte in cui “tutte le vacche sono nere”.

Ovviamente dietro tutto ciò si nasconde il Potere con la P maiuscola e non sottoposto ad alcuna verifica democratica. Solo per fare qualche esempio: l’alta finanza o la rendita parassitaria hanno moltiplicato i loro guadagni proprio nel periodo di maggiore crisi, senza che Parlamento, governo e partiti muovessero un muscolo in direzione d’una moderata giustizia sociale di stampo liberale. Contemporaneamente la magistratura d’assalto, l’alta burocrazia, i servizi segreti hanno continuato ad avere le mani sui gangli vitali dello Stato senza temere affatto l’alternarsi dei governi. (Tra l’altro, il “Cielo” non è prodigo di ministri come la Cartabia, capace di difendere con dignità una legge votata dal Parlamento contro l’assalto petulante, minaccioso e demagogico di alcuni Pm).

L’alternativa alla crisi costante del Parlamento e dei governi non sta nei nomi e nelle sigle che già si sono contrapposte alle scorse elezioni ma nella capacità di sconfiggere una strategia eversiva messa in campo contro la Costituzione. Chi ha assistito al dibattito parlamentare che ha preceduto ll voto di fiducia al governo Draghi ha toccato con mano quanto il principio costituzionale secondo cui “La sovranità appartiene al popolo” sia ormai mera finzione. Nella situazione attuale, la sovranità appartiene allo “Stato profondo” e a ceti sociali ad esso collegati, mentre gran parte dei parlamentari che si sono affannati nell’aula di Montecitorio senza una rotta e senza una possibilità di approdo, sono solo naufraghi, già imbarcati come mozzi, e “sacrificati” in uno scontro politico che si sta combattendo altrove. Fuori dal Parlamento e contro il Parlamento.

Infine, la Costituzione indica i Partiti come strumenti fondamentali della democrazia, ma quando questi sono senza popolo, come in questo momento storico, si trasformano in campane senza battaglio: ci sono ma non suonano. Concludiamo: si va a nuove elezioni e, ancora una volta, è probabile che una gran parte dei cittadini non si rechi alle urne, altri lo faranno senza alcuna speranza. Non si tratta di qualunquisti ma di persone che hanno a cuore le sorti della democrazia ma rifiutano la scelta obbligata di indicare l’albero al quale farsi impiccare. Come tutti e nonostante tutto, voglio ancora credere nel “miracolo”, e cioè che alle elezioni scenda in campo una diffusa classe dirigente consapevole della gravità del momento ed in grado di comprendere che dalla crisi attuale non si potrà uscire senza la bussola della Costituzione e senza un Parlamento democraticamente e realmente eletto. Ed in quanto tale capace di fronteggiare quei poteri che conducono una facile lucida e calcolata campagna di criminalizzazione della Politica. Non parlo di un uomo con capacità taumaturgiche ma un “intellettuale collettivo” che sappia far partecipare il popolo alla vita dello Stato, sostituendo l’allegra brigata di teatranti che espone un cartello per ogni stagione.