Stefano Ceccanti, deputato del Pd, spiega che «la legge elettorale è mista e può produrre o meno un risultato chiaro a seconda di come si muovono i partiti» ma «queste elezioni saranno polarizzate tra il campo Draghi e il campo degli amici di Putin e l’elettorato percepirà questa polarizzazione». Di conseguenza, aggiunge, «questo porterà a una vittoria chiara dell’una o dell’altra parte». L’esponente dem poi non esclude una discesa in campo dello stesso Draghi in campagna elettorale, «così da prendersi una sorta di fiducia popolare che compensi il venir meno della fiducia a livello parlamentare».

Onorevole Ceccanti, conferma la chiusura netta verso il Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni?

Il problema è molto semplice. Il 20 luglio c’è stata la parlamentarizzazione della crisi e il Senato si è spaccato in due: quelli che hanno votato la fiducia a Draghi e chi ha fatto un favore a Putin. E questi ultimi non possono essere nostri alleati alle Politiche. Noi andiamo alle elezioni contro quelli che hanno abbattuto il governo, non ci sono vie di mezzo. Non può che essere così, anche perché nel momento in cui si parlamentarizza una crisi in diretta tv poi non si può dire “abbiamo scherzato”. Eravamo di fronte a un bivio e c’è chi ha preso la strada opposta alla nostra.

Farete dunque un’alleanza con le forze centriste, magari con un listone per contrastar eia centrodestra unito nei collegi uninominali?

La tecnica viene dopo. Nei ragionamenti di oggi bisogna partire dal 20 luglio e da quel voto in aula. Con le forze che hanno votato a favore di Draghi, nessuna esclusa, si valuterà se ci sono le condizioni per costruire una coalizione con qualche forma di impegno a parte di Draghi stesso, visto che è stato lui la maggiore vittima dell’irresponsabilità di chi ha fatto un favore a Putin. Le formule vengono dopo. Non è un problema di destra, sinistra o centro, ma di riproporre il 25 settembre la frattura del 20 luglio.

Tra i possibili alleati c’è anche Azione, che però dice no all’accozzaglia. Cosa rispondete?

Che quelli che hanno votato a favore di Draghi non sono un’accozzaglia. Si spera che tutti si rendano conto che sono invece possibili alleati. Altrimenti vedremo. Ma non siamo ancora alla fase in cui si parla di listone unico o cose simili. I modi di comporre una coalizione sono tanti. Ora siamo nella fase di capire chi sono coloro che vogliono aderire a questo progetto.

Come farete in soli due mesi a colmare il gap con il centrodestra?

Parlando con la gran arte dell’elettorato che storicamente ha votato per il centrodestra e che non ha capito il motivo per il quale quelle forze hanno deciso di abbattere Draghi. Ci rivolgeremo a tutto il paese con un messaggio politico chiaro.

C’è il rischio che dopo le elezioni, vista la legge elettorale uguale a quella del 2018, si arrivi alla situazione in cui “non vince nessuno”?

Non c’è nessun determinismo. La legge elettorale è mista e può produrre o meno un risultato chiaro a seconda di come si muovono i partiti. Penso che queste elezioni saranno polarizzate tra il campo Draghi e il campo degli amici di Putin. E credo che l’elettorato percepirà questa polarizzazione. E questo porterà a una vittoria chiara dell’una o dell’altra parte. Noi ci batteremo per vincere.

Ma partite in svantaggio, visto che il centrodestra unito ha quasi il 50 per cento dei consensi.

Finora i sondaggi erano basati su un’offerta politica diversa, cioè su una coalizione di centrodestra composta da due partiti che collaboravano con Draghi e uno all’opposizione. Ora quella coalizione è su una posizione estremista che ha abbattuto Draghi e penso che i consensi nel paese per quell’area potrebbero diminuire di molto. Lo stesso per il Movimento 5 Stelle, che ha fatto una sceneggiata pensando di lasciare agli altri l’onere del governo, ma gli è andata male.

Non è poco il tempo per fra passare negli elettori questa idea?

Quando nel 1996 Finì abbatté il tentativo Maccanico, i sondaggi cambiarono in poco tempo anche per quella scelta sbagliata del centrodestra e vinse l’Ulivo. La parlamentarizzazione della crisi è stata anche una socializzazione della crisi. Quel dibattito al Senato è entrato nelle case degli italiani ed è rimasto impresso nei loro occhi. Spetta a noi far rivivere quel trauma per avere un secondo tempo nel paese rispetto a una scelta infausta del Parlamento.

La spinta arriverà anche da sindaci e associazioni di categoria che hanno sostenuto Draghi?

Lo scioglimento anticipato è un appello al popolo. Secondo me sindaci e associazioni sono rappresentativi di un movimento pro- Draghi presente nel paese che ora noi dobbiamo trascinare. Obiettivamente il Pd è la forza più strutturata del campo, poi se anche altri alleati riescono a intercettare la domanda ben venga. Ma in ogni caso penso che nel paese il partito più in sintonia con Draghi sia il Pd.

Siete pronti ad accogliere nel progetto anche chi ha abbandonato il centrodestra, a partire da Brunetta e Gelmini?

Ripeto che il discrimine specifico di queste elezioni, per come ci si è arrivati, è pro Draghi contro amici di Putin. Dopodiché c’entra anche la frattura destra- sinistra, visto che le persone citate si riconoscono in Europa in un centrodestra popolare che non può riconoscersi nella destra estrema che ha affossato Draghi.

Quindi anche Forza Italia è ormai un partito di estrema destra?

Forza Italia ha fatto una scelta pro Putin a che contraddice la sua appartenenza al Ppe. Non penso che gli altri partiti del Ppe, dalla Cdu in giù, possano condividere il fatto che Fi abbia contribuito ad abbattere il governo di Mario Draghi. Manfred Weber ha astutamente cercato di addebitare la crisi soltanto all’iniziativa rovinosa del M5S. Ma il M5S voleva sì uscire dalla maggioranza ma non abbattere il governo. Poi Salvini e Berlusconi si sono infilati nei sondaggi cercando di incassare subito una vittoria prevista più tardi.

Si metta nei panni di Lega e Fi: venuto meno il sostegno del M5S al governo di unità nazionale, non è politicamente giusto provare a capitalizzare i voti alle elezioni?

Se chiuso dentro al palazzo, il ragionamento può anche essere comprensibile. Ma fa un danno all’Italia. Hanno fatto un calcolo politeistico dentro al palazzo, o meglio dentro Villa grande, ma così facendo hanno creato problemi agli elettori. Sei mesi in più di legislatura avrebbero avvantaggiato tutti gli italiani.

In caso di vittoria alle Politiche, potreste anche indicare lo stesso Draghi come presidente del Consiglio?

Perché no? Visto il trattamento che gli hanno riservato, spero che in qualche intervenga direttamente in campagna elettorale. Così da prendersi una sorta di fiducia popolare che compensi il venir meno della fiducia a livello parlamentare. Poi valuterà lui modi e forme, se farlo in maniera diretta o indiretta, ma certo è un’ipotesi da prendere in considerazione.