Il capo del Dap Carlo Renoldi ha superato a pienissimi voti il suo primo esame, non facile, dinanzi alle commissioni Giustizia di Senato e Camera. Chiamato ad illustrare le iniziative intraprese e da intraprendere dalla sua amministrazione per migliorare le condizioni di lavoro e vivibilità all’interno del carcere, il vero banco di prova è stato però quello relativo alle visite concesse da lui “personalmente” all’associazione Nessuno tocchi Caino nei reparti 41 bis di due istituti di pena sardi. Per giorni è stato sotto il fuoco incrociato di Lega, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, e prima ancora del “Fatto quotidiano”, ma ieri Renoldi ha chiarito tutto, con garbo ovviamente ma anche con fermezza. Dinanzi all’insistenza di alcune domande, soprattutto di Varchi (FdI) e Grillo (M5S) a cui non sono evidentemente bastate le sue spiegazioni nella relazione iniziale, che hanno tentato anche di smentire i contenuti della risposta, il capo del Dap ha replicato: «Vi sto fornendo una base fattuale e una normativa rispetto a quanto accaduto. Non sprecherei altre energie su questo».

Le regole rispettate

Ma quali sono queste basi a cui fa riferimento Renoldi? In merito alle visite, «sono mirate secondo l’articolo 117 del regolamento di esecuzione a una sorta di attività para-ispettiva volta a verificare quelle che sono le condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari. Queste verifiche possono essere effettuate sia da figure istituzionali sia da parte di soggetti che non rivestono posizioni istituzionali. Verifiche che già dal 2013, secondo la circolare del presidente Tamburino, pacificamente possono essere effettuate nei reparti del 41 bis, e altrettanto pacificamente possono non constare unicamente in una sorta di ispezione dei luoghi ma anche in brevi interlocuzioni con i ristretti sulle loro condizioni detentive». Ha così spiegato che i radicali potevano entrare nei reparti di 41 bis e anche parlare con i detenuti. Ha proseguito poi: «Che questa interlocuzione possa esservi emerge chiaramente dal testo della norma. E questo genere di attività sono state autorizzate negli anni: le occasioni in cui associazioni esterne o soggetti non istituzionali sono entrati al 41 bis e hanno avuto modo di interloquire con i detenuti sono molto più numerose di quelle che pure sono state riferite nel question time dal sottosegretario Sisto. Il Partito radicale è entrato nel reparto 41 bis di Tolmezzo nel 2014 e nel 2017, a Parma nel 2015, a Cuneo nel 2015, a L’Aquila nel 2016, a Novara nel 2016, a Viterbo nel 2019. A Rebibbia-Nuovo complesso è entrata una rappresentanza delle Camere penali, precisamente la Commissione carcere». Quindi, ha sottolineato Renoldi, «anche l’affermazione ricorrente in queste settimane secondo cui non era mai successo che associazioni e organizzazioni non istituzionali fossero state autorizzate è smentita dai fatti». Un tono fermo, chiaro, puntuale, che non lascia spazio a controdeduzioni: «Io qui conto circa dieci ingressi che vi sono stati dal 2014 al 2019, ne abbiamo avuti anche di rappresentanze straniere, che formalmente non rientrano nell’articolo 67 dell’Ordinamento penitenziario: si tratta di due rappresentanze olandesi, i provvedimenti sono a firma di Petralia e Tartaglia, autorizzate all’ingresso e alla interlocuzione nei reparti di 41 bis di Roma Rebibbia. Pertanto le associazioni entrano, ovviamente non in maniera indiscriminata ma con la nostra massima attenzione». Osservazioni tutt’altro che irrilevanti che smontano del tutto gli attacchi dei giorni scorsi.

«Chi più dei Radicali?»

Venendo alle circostanze che hanno infiammato le polemiche, Renoldi ha poi raccontato: «In occasione degli ingressi nel maggio scorso di Nessuno tocchi Caino e Partito radicale vi è stato un apprezzamento di merito: si è considerato che si tratta di associazioni da sempre impegnate sul versante della tutela dei diritti dei detenuti e della verifica delle condizioni detentive. La presidente Rita Bernardini è stata elogiata nel 2015 dal presidente Napolitano con una lettera quale esempio di persona che si impegna su quel versante. Abbiamo fatto una valutazione specificamente mirata a quel particolare contesto detentivo: la casa circondariale di Sassari dove venivano segnalate gravi criticità sul piano sanitario che, peraltro, l’interlocuzione con gli operatori e con i detenuti ha confermato. La presidente Bernardini mi ha immediatamente fatto pervenire un report con ciò che aveva riscontrato in occasione della visita a riprova poi che la visita stessa si è mossa in un circuito istituzionale».

«Altre volte abbiamo detto no»

Che da parte della nostra amministrazione ci sia una attenzione ferma e non ci sia alcun arretramento sul 41 bis», ha spiegato ancora il capo del Dap, «è dimostrato dal fatto che, un paio di settimane dopo, l’associazione Radicali italiani ha chiesto di entrare a Roma Rebibbia nel circuito del 41 bis accompagnata da una delegazione libanese. In quella occasione abbiamo detto no perché vi era, al 41 bis, un detenuto libanese, e abbiamo ritenuto che esigenze di sicurezza imponessero un atteggiamento di cautela».Renoldi ha dovuto poi ovviamente tranquillizzare gli interlocutori: «In conclusione, nessun allentamento né arretramento del 41bis, che resta un presidio essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata. La ministra Cartabia ha firmato ben 520 decreti tra proroghe e applicazioni del 41 bis nell’arco di poco più di un anno».Sia al Senato (da Ostellari) che alla Camera (da Grillo e Varchi) è stato chiesto a Renoldi di riferire i contenuti dei colloqui, e se è vero che c’erano anche due avvocati del posto durante le visite. Risposta: «Le visite, come riferito dal reparto d’elite del Gom, sono state effettuate in assenza di qualsivoglia anomalia, non è stato trattato il tema dell’ergastolo ostativo né sono state chieste iscrizioni a Nessuno tocchi Caino. So che dell’ostativo si è parlato in un successivo momento relativo all’incontro che la delegazione ha avuto coi detenuti dell’alta sicurezza, ma non con i 41 bis. E sempre in quella occasione, da quanto ho letto nei rapporti, c’è stato l’invito a iscriversi a Nessuno tocchi Caino, ma non al 41bis». Dove invece i temi affrontati sono stati due: «Le condizioni di salute dei detenuti e il vitto». Il minimo dei diritti da garantire a qualunque essere umano detenuto.

I Radicali: «Punto di tenuta delle istituzioni»

Oltre alle repliche dei parlamentari, non si è fatto attendere il commento di Nessuno tocchi Caino, e in particolare dei dirigenti coinvolti nelle visite: la presidente Rita Bernardini, il segretario Sergio D’Elia e la tesoriera Elisabetta Zamparutti: «L’audizione del capo del Dap Carlo Renoldi rappresenta un punto di tenuta delle istituzioni democratiche in un momento particolarmente difficile del nostro Paese», hanno dichiarato. «È stata ribadita la correttezza dell’operato di Nessuno tocchi Caino e sono state respinte le illazioni del Fatto quotidiano e dei parlamentari che gli hanno fatto eco. Se un ruolo Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem può rivendicare di svolgere nelle carceri, è quello di aver gettato un fascio di luce sulla misconosciuta realtà penitenziaria, vigilando sul rispetto dei diritti umani fondamentali come sanciti dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione europea. Alle istituzioni abbiamo offerto e continuiamo a offrire la collaborazione volta alla riduzione del danno che una carcerazione, in violazione dei diritti umani, arreca tanto ai detenuti quanto agli operatori penitenziari. Con i detenuti abbiamo praticato e diffuso il metodo della nonviolenza e dato corpo alla speranza».