È successo quel che era inevitabile che accadesse: il collasso dei 5Stelle ha travolto il governo Draghi lasciando il Paese senza una guida, senza un orizzonte. È bene chiarire che ci troviamo di fronte a una fase e a una operazione del tutto impolitica. È impolitica la mossa di Conte, un non-leader nelle mani di un gruppo che sente la fine del suo mandato, per così dire, storico. Ed è impolitica la reazione di Draghi, che si è presentato a questa maggioranza come una sorta di amministratore delegato - la sua forza e il suo limite - e che non schioda, almeno così sembra, dalla rigidità di questa postura. Certo, Draghi non è un politico, è la quintessenza del tecnicismo, ma ciò non toglie che avrebbe potuto farsi contaminare non dai bizantinismi del palazzo, dagli arabeschi della politica, ma da una certa elasticità necessaria, forse indispensabile, per fare il premier in Italia. Discorso che invece non regge per Conte, dietro la cui scelta si intravede solo un mero istinto di autoconservazione. Peraltro lui e suoi hanno negato la fiducia sperando fino alla fine di tenere in piedi il governo: pretesa decisamente singolare. E il motivo lo sappiamo tutti: prolungare il più possibile la legislatura che per la gran parte di loro sarà lultima. C'è chi in queste ore prova a paragonare lo strappo di Conte con quello che fece Renzi nel dicembre del 2020. Nulla di più lontano: allora Renzi ci liberò del governo Conte avendo già in mano lok di Draghi e lassenso discreto del Colle. Ed è tutta qui la differenza tra un vero politico (piaccia o non piaccia) e un politico improvvisato, affetto per di più da una sorta di sindrome zelig, quella del trasformismo radicale, lo stesso trasformismo che gli ha permesso di fare il premier di un governo a trazione leghista prima, e piddina poi. Ma forse non tutto il male viene per nuocere. Loperazione grillina potrebbe essere l'ultimo colpo di coda di una forza populista al collasso. La forza propulsiva del populismo - e non ce ne voglia Enrico Berlinguer per lardito e ingeneroso paragone - è agli sgoccioli, come sono agli sgoccioli le forze che più di altri lo hanno incarnato: la Lega che sta tornando ai numeri a una cifra, e i 5Stelle che sono destinati all'autodistruzione. Discorso a parte merita Giorgia Meloni, la cui evoluzione moderata è tale - soprattutto dopo la scelta atlantista che ha segnato un vero e proprio spartiacque - che è davvero difficile considerare epigona di quella storia populista. Vedremo col tempo se avrà la forza di continuare su questa linea o se tornerà a farsi sedurre da scorciatoie e slogan demagogici. Ma in attesa di capire il finale di questa legislatura possiamo dire con una buona dose di certezza che le onde durto del collasso dei 5Stelle investiranno anche la prossima.