Qualche mese fa la Corte d'appello di Lecce, dichiarando la propria incompetenza territoriale in favore della Procura di Potenza, ha annullato la sentenza di primo grado con la quale il magistrato Michele Nardi era stato condannato dal Tribunale salentino a 16 anni e 9 mesi per concorso morale in corruzione in atti giudiziari, nell'ambito di una inchiesta che ha visti coinvolti altri magistrati, avvocati, poliziotti. Difeso da Domenico Mariani e Carlo Taormina, Nardi si proclama innocente.

Chi era Michele Nardi prima di questa vicenda?

Ho vinto il concorso in magistratura a 24 anni. Sono figlio di un magistrato, diventato a fine carriera Procuratore generale di Cassazione. Ho dedicato circa 30 anni della mia vita a questo lavoro: sono stato pretore, poi giudice a Trani fino al 21 febbraio 2006 quando mi sono trasferito a Roma. Lì sono stato il più giovane ispettore generale del Ministero della Giustizia, poi nel 2012 sono passato alla Procura di Roma.

Passiamo al momento dell'arresto.

Il 14 gennaio 2019 mi stavo recando in auto a Scandicci (FI) per un corso di aggiornamento. All'uscita del casello autostradale sono stato accerchiato da diverse auto dei carabinieri che, armi in pugno, mi hanno arrestato.

L'hanno trattata come Carminati.

Sì, come se fossi il peggiore dei criminali. Avrebbero potuto convocarmi in caserma e notificarmi il provvedimento. Hanno preferito fare questa sceneggiata. Poi mi hanno condotto in macchina al carcere di Lecce dove sono rimasto in isolamento per una settimana perché lì ci sono diversi ergastolani condannati da me nel maxiprocesso Dolmen contro la mafia pugliese. Poi mi hanno trasferito nel carcere di Matera: sono rimasto in cella oltre un anno senza quasi mai uscire per l'ora d'aria perché non potevo condividerla con gli altri detenuti. Dopo un mese di detenzione mi hanno certificato uno stato di depressione con pericolo suicidario e trasferito per 30 giorni nel reparto psichiatrico del carcere di Taranto in una cella di 5 mq insieme ad altre due persone, talmente piccola che dovevamo fare a turno per stare in piedi. Fuori intanto i miei figli ricevevano minacce sui social: "vi bruceremo vivi". Per non parlare del linciaggio massmediatico subìto da me e dalla mia famiglia. Addirittura prima ancora che finisse una perquisizione a casa della mia ex moglie, che fu negativa, in alcune emittenti avevano detto che erano state trovate ingenti somme di denaro in contanti.

Lei ha scritto dal carcere anche una lettera al Presidente Mattarella.

Sì, dopo oltre un anno di custodia cautelare gli scrissi per descrivergli che girone infernale fossero le nostre carceri. Le condizioni di detenzione in Italia sono a dir poco vergognose. Mi sono convinto che il carcere nella maggior parte dei casi è inutile, non ha alcuna funzione risocializzante né incide sulla deterrenza. E poi è inconcepibile che il 30% dei reclusi non abbia una condanna definitiva ma sia comunque ristretto in attesa di giudizio.

Lei è stato 30 mesi in custodia cautelare, di cui 18 in carcere.

Si tratta di un record: dalla fondazione dello Stato italiano, 1861, nessun magistrato è stato trattenuto in custodia così tanto tempo. Il gip ha ritenuto che io dovessi stare in carcere perché avrei potuto uccidere i testimoni! Non ho ancora capito sulla base di quale elemento probatorio abbia ritenuto una cosa del genere. Ed infatti La Cassazione ha annullato per ben tre volte la misura cautelare ma il Tribunale del Riesame, presieduto sempre dallo stesso giudice, per due volte l'ha reiterata. Alla terza volta si sono arresi, ma c'era già stata la sentenza di primo grado.

Entriamo nell'inchiesta e nel processo. Quali sono le anomalie dal suo punto di vista?

Le anomalie sono talmente tante che sono state oggetto di una istanza di rimessione del processo ad altra sede per legitima suspicione. Vengo indicato come capo di una associazione a delinquere ma agli atti non risultano contatti tra me e questi associati. Lavoravo e vivevo a Roma quando i fatti contestati si sarebbero svolti a Trani a partire dalla fine del 2010, cioè cinque anno dopo che ero andato via da quel Tribunale. Nessuno mi ha visto con gli altri associati né ci sono intercettazioni fra me e loro. Tenga conto che sono stato intercettato sia nella mia autovettura che per telefono per circa un anno ma non è emerso nulla di rilevante. Inoltre non ho mai firmato alcun provvedimento a favore dei corruttori. Hanno analizzato i beni patrimoniali miei e della mia famiglia e non hanno trovato nulla. Hanno persino fatto due rogatorie internazionali perché il presunto corruttore aveva riferito che mi accompagnava allo Ior in Vaticano per depositare valigette colme di  mazzette di denaro. Ovviamente non è emerso nulla di tutto ciò.

Sta parlando del suo grande accusatore, Flavio D'Introno.

Si tratta di un testimone, anzi di un correo,  le cui dichiarazioni andrebbero vagliate con la massima attenzione cercando i riscontri. Appartiene ad una famiglia di imprenditori che ho avuto modo di conoscere e apprezzare quando ero pretore a Corato. Con lui avevo rapporti personali perché era inquilino di una villa della mia ex moglie. Questo signore è stato condannato in via definitiva per usura. Il giorno in cui è arrivata la condanna definitiva invece di presentarsi in carcere si reca dai carabinieri di Barletta - e lui abita e vive a Corato! -e lì inizia una presunta collaborazione fatta di continui interrogatori in cui, cambiando anche spesso versione, costruisce un quadro accusatorio contro di me. Nel frattempo evita di finire dietro le sbarre perché produce documentazione medica da cui risulta che è un alcolista cronico e affetto da sindrome paranoica. Durante il processo abbiamo dimostrato che ha mentito su 135 circostanze fattuali. Ad esempio, si è inventato che mi aveva regalato un Rolex ma poi in aula è venuta la sua amante e lo ha mostrato dicendo che le era stato regalato al suo 40° compleanno. Gli accertamenti bancari hanno dimostrato che non aveva le ingenti  disponibilità di denaro per corrompere me ed altri come da lui riferito.  Eppure è stato ritenuto credibile.

Però i suoi colleghi l'hanno condannata.

Voglio credere con tutte le mie forze nella loro buona fede. Anche se in questa vicenda ci sono molte cose incomprensibili. In una intercettazione del 2015 a carico di un soggetto a me sconosciuto, viene detto da costui che D'Introno aveva rapporti con un magistrato "alto e brizzolato". I carabinieri di Barletta scrivono che l'unico magistrato con quelle caratteristiche, da loro conosciuto, sono io. Ma già da dieci anni lavoravo e vivevo a Roma. Non basta: un anno prima, nel 2014 un compagno di scuola di mio figlio gli profetizzò che sarei stato arrestato per corruzione proprio dai Cc di Barletta, come poi avvenuto. Mio figlio nel 2021 ha poi registrato di nascosto quel compagno di liceo, nel frattempo diventato sottufficiale dei carabinieri, che alla fine della conversazione ammette che il padre aveva amicizia con un carabiniere di Barletta. Questo elemento sarà oggetto del nuovo processo ed è stato già segnalato nella istanza di remissione inviata alla Corte di Cassazione.

Quando inizia?

Ancora non ho ricevuto alcun avviso di conclusione indagine. Non punto alla prescrizione perché sono innocente e voglio difendermi nel processo convinto delle mie ragioni, perchè le evidenze probatorie sono a mio favore. Le dico solo questo: nella sentenza di primo grado c'è scritto che non ci sono prove a mio carico perché sono un magistrato troppo intelligente e scaltro per lasciare tracce.

Però se avesse ragione lei sarebbe preoccupante essere condannati senza prove.

Lei crede che il mio sia l'unico caso?

Ma alla sua difesa è stato consentito di effettuare il controesame?

Come denunciato nell'atto di appello, il Presidente del collegio si è costantemente inserito  durante l'esame e il controesame  ammonendo i testimoni che non dicevano quello che voleva la Procura spezzando anche il ritmo del controesame.

Come si spiega tutta questa vicenda?

All'inizio ho pensato che eravamo dinanzi ad un eccesso di zelo, come se i magistrati leccesi volessero dimostrare di non fare sconti ai colleghi. Poi ho visto un accanimento che non mi spiego. Le faccio un esempio: nel periodo covid dal Dap chiedono di segnalare detenuti a rischio sanitario. Vengono fatti 4 nomi, tra cui il mio, ma mentre venivano scarcerati boss mafiosi in tutta Italia per via del Covid io sono stato lasciato in carcere a rischio della mia vita.