Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico, evidenzia che nella strage della Marmolada si è verificato un mix di circostanze tutte negative. A partire dal giorno, la domenica, e dal periodo di vacanza che ha attirato in vetta più persone del solito. Senza, però, trascurare il caldo considerevole, provocato dai continui cambiamenti climatici.

Dottor Mercalli, la natura sta dicendo “basta”, si sta ribellando?

È una semplificazione eccessiva. Stiamo parlando di un fenomeno complesso. Certamente, l’aumento della temperatura è stato un fattore determinante. I ghiacciai, comunque, hanno una loro dinamica. Purtroppo, quanto accaduto sulla Marmolada ha riguardato una zona molto frequentata, in un’ora particolare, in una giornata, la domenica, in cui accorrono in certi luoghi più persone del solito. Tutti elementi che hanno determinato anche un numero alto di vittime. Se fosse capitato in un luogo disabitato, di notte, non avremmo avuto nessuna notizia del fenomeno al quale abbiamo assistito.

Sono tanti, dunque, i fattori da prendere in considerazione?

Certo e bisogna valutarli nella loro complessità. Non è possibile semplificare e dire che è stata colpa di un fattore piuttosto che di un altro. Ci sono state delle circostanze che hanno purtroppo creato questa tragedia. Non dimentichiamo che stiamo parlando di uno dei ghiacciai più frequentati dell’arco alpino, un posto conosciutissimo, in una domenica di luglio in un periodo di vacanza. Temiamo pure conto che stiamo parlando di un ghiacciaio che non presentava dei rischi palesi tali da indurre a bloccare l’accesso degli scalatori. Era un ghiacciaio come ce ne sono tanti altri. Sulle Alpi se ne contano ben 4400. Esistono altri ghiacciai, chiamiamoli così, più cattivi, più a rischio e per questo motivo monitorati di continuo. Su questi ghiacciai ci sono dati per un eventuale intervento delle amministrazioni. Quello della Marmolada era un ghiacciaio normale.

Da oggi in poi serviranno nuove regole per le escursioni estive?

No, a mio parere non è possibile. Come detto, ci sono 4400 ghiacciai sulle Alpi per 1800 chilometri quadrati, in quattro nazioni diverse. Occorre che ognuno faccia i suoi calcoli, sapendo che l’alta montagna e i ghiacciai sono sempre pericolosi. Con il cambiamento climatico lo diventano un po’ di più. Sta all’alpinista fare alcune oculate valutazioni, così come non possiamo chiudere l’accesso a tutti i ghiacciai. Per quelli palesemente a rischio, che hanno una particolare morfologia o che lasciano pensare a ripetuti fenomeni di scioglimento ci sono gli strumenti di monitoraggio per valutare una eventuale chiusura. Stiamo parlando però di ghiacciai molto diversi da quello Marmolada. Se dovessimo applicare lo stesso metro a tutti i ghiacciai come la Marmolada, dovremmo chiudere tutte le Alpi ed impedire di fare alpinismo. Sarebbe una decisione irragionevole.

Corriamo il rischio, come avvenuto per la pandemia, che le televisioni e i media vengano invasi da tanti esperti, anche improvvisati, di clima e problematiche ambientali?

Lo stiamo vedendo già in questi giorni. Ho sentito tanta gente parlare di ghiacciai e probabilmente non vi ha mai messo piede. È un pericolo che riguarda anche il nostro settore. La speranza è che i commenti e i consigli vengano richiesti ad esperti del settore e non a persone che si occupano di altre discipline, senza le conoscenze adeguate per pronunciarsi. La mia opinione è che fra una settimana sarà tutto dimenticato, come già avvenuto per altri mille eventi di questo genere. Si pensi alla tempesta Vaia sulle Dolomiti. La distruzione verificatasi provocò tanta emozione. Vedere i boschi delle Dolomiti ha scosso gli animi di tutti. Dal 2018 che cosa è cambiato? Una settimana dopo è finito tutto.

La comunità scientifica è ascoltata dai decisori e dalla politica rispetto alle problematiche ambientali?

No, non è ascoltata abbastanza dai decisori perché se così fosse verrebbero presi alcuni provvedimenti. Questo lo dice anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che si lamenta dello scarso interesse e della grande indifferenza che tutti i leader politici mondiali hanno nei confronti dell’ambiente e del clima.

(la versione completa dell'intervista sul Dubbio di domani 6 luglio)