Matteo Orfini, deputato del Pd e già presidente del partito, confida di unire le forze progressiste per approvare lo Ius scholae almeno alla Camera e attacca il centrodestra. «La verità - dice - è che Salvini e Meloni la buttano in caciara e non riescono a parlare del merito». Sull’alleanza con i Cinque Stelle è netto: «Nei prossimi mesi - spiega - dovremo lavorare per rafforzare il Pd».

Onorevole Orfini, perché il Pd è tornato alla carica sullo Ius scholae, a pochi mesi dalla fine della legislatura?

Per noi è una legge fondamentale e importante perché sana una discriminazione. Parliamo di centinaia di migliaia di ragazzi e bambini che sono italiani a tutti gli effetti ma non lo sono per la legge. E di conseguenza hanno meno diritti dei loro compagni e amici. Stiamo cercando di risolvere la questione da almeno due legislature, tanto che io stesso presentai una legge a inizio di questa legislatura riproponendo quella approvata in prima lettura alla Camera durante la scorsa.

E ora se ne sta discutendo in Aula, con la ferrea opposizione del centrodestra. Come pensate di approvarla?

Tra le mille difficoltà siamo riusciti almeno a portarla in Aula. Parliamo di un testo molto diverso da quello che avremmo voluto, che teneva dentro Ius Soli, Ius culturae e norme transitorie. Ma per venire incontro a chi ha posizioni diverse abbiamo scelto un testo molto scarno, con la sola prerogativa che si accede alla cittadinanza completando un ciclo scolastico. Lo abbiamo fatto anche accogliendo emendamenti del centrodestra, nonostante dall’altra parte sia prevalso un atteggiamento curioso e ostruzionistico con centinaia di emendamenti, di cui alcuni provocatori.

I detrattori dicono che siete stati, e siete, al governo, da dieci anni quasi ininterrottamente. Perché non l’avete approvata prima?

Penso sia stato un errore non mettere la fiducia al termine della scorsa legislatura. Gentiloni ( allora presiedente del Consiglio, ndr) era convinto di riuscire ad approvarla senza fiducia ma così non andò. Con la fiducia avremmo avuto lo Ius soli già dalla scorsa legislatura. Ma se uniamo le forze progressiste siamo in grado di approvare il testo attuale almeno alla Camera, poi vedremo al Senato. Ci sono molti parlamentari di centrodestra che in più di un’occasione hanno espresso pareri positivi verso la legge. Dopodiché se alla nostra offerta di dialogo si reagisce con l’ostruzionismo diventa complicato sedersi a un tavolo.

Ostruzionismo che si traduce con una porta sbarrata: non c’è il rischio che lo Ius scholae faccia la fine del ddl Zan?

A proposito di ostruzionismo, ricordo a Giorgia Meloni che qualche anno fa di fronte all’ipotesi dello Ius soli disse pubblicamente che serviva lo Ius culturae. Si parlava di una fattispecie molto simile a quella di cui stiamo discutendo, eppure oggi la combatte. Tanto per fare un esempio, abbiamo avuto emendamenti che ci chiedevano di fare esami su come si cucina la carbonara. La verità è che Salvini e Meloni la buttano in caciara e non riescono a parlare del merito.

Di pari passo c’è la legge sulla cannabis, anche quella osteggiata dal centrodestra: a che punto siamo?

Non stiamo parlando di legalizzazione tout court della cannabis ma di consentire l’autocoltivazione di 4 piantine a casa. Avrebbe banalmente l’utilità di consentire un consumo sicuro, togliere risorse alla criminalità organizzata e rompere il meccanismo di contatto con gli spacciatori. Avrebbe solo effetti positivi, come peraltro riconosciuto da tanti magistrati e personalità della giustizia. È una cosa minima e di buon senso. Ma ci troviamo di fronte a urla, strepiti e minacce. Sono due leggi sulle quali la maggioranza degli italiani è a favore, compresi gli elettori di centrodestra.

E sulle quali quindi andrete fino in fondo…

Decideremo con le altre forze politiche ma credo si debba andare fino in fondo. E rispondere a tono alle obiezioni assurde che vengono fatte. La più ipocrita è il giochino di dire che ci sono altre priorità come le bollette e l’energia. Segnalo a Salvini e Meloni che mentre loro facevano tweet contro cannabis e Ius scholae il Parlamento lavorava fino alle quattro di notte per varare il decreto aiuti. Questo perché in Parlamento si possono fare più cose contemporaneamente ma forse Meloni e Salvini, frequentandolo poco, non se ne sono accorti. Eppure hanno diverse legislature alle spalle…

A proposito di dinamiche parlamentari, non è che i vostri alleati del Movimento 5 Stelle escono dalla maggioranza?

Io penso che dobbiamo lavorare per tenere dentro la maggioranza di governo le attuali forze politiche. In sostanza, dobbiamo evitare che la scissione di Di Maio metta in discussione la tenuta del governo. Dopodiché non sono mai stato un fan dell’alleanza con i 5 Stelle, ma a legge elettorale vigente occorre lavorare su uno schema di alleanze più largo possibile. Che tuttavia sarà forte soltanto se, in primis, sarà forte il Pd. Nei prossimi mesi dovremo lavorare perché il Pd si rafforzi come perno di una proposta politica allargata anche ad altri. Ma non vorrei che passassimo i prossimi mesi a discutere di alleanze invece che cercare i cittadini per convincerli a sposare il progetto del Pd.

Non teme che il crollo dei Cinque Stelle possa portare problemi soprattutto al Sud, dove il Pd fatica mentre alle scorse Politiche i grillini ottennero la metà dei voti?

Questo è vero fino a un certo punto. Come centrosinistra abbiamo vinto in Campania e in Puglia, a Taranto e a Catanzaro. Quando abbiamo un progetto credibile e forte vinciamo anche al Sud. Il Pd vincente, insomma, non finisce a Roma. Parte di queste vittorie sono state ottenute senza il Movimento, altre in alleanza. Rispetto al 2018 è cambiato il mondo, a partire dal peso dei partiti, quindi eviterei di fare paragoni. Quel che è certo è che la possibilità di vittoria dipende da quanto noi riusciremo a trainare gli alleati.

Anche perché non dovesse vincere nessuno, c’è sempre Mario Draghi…

Non penso che la stagione attuale sia facilmente ripetibile. Anche perché con l’attuale legge elettorale, sommata al taglio dei parlamentari, la possibilità di un pareggio è molto più difficile che in passato. Anzi, direi quasi impossibile.