Due reazioni opposte. Da una parte l’Aiga, Associazione giovani avvocati, che plaude alla legge sull’equo compenso. Dall’altra l’Associazione nazionale forense che parla addirittura di «legge usata da molti come una bandierina elettorale, da sventolare a tutti i costi».

La sigla presieduta da Francesco Paolo Perchinunno esprime «piena soddisfazione» e definisce quello compiuto tre giorni fa a Palazzo Madama «un passo fondamentale verso l’approvazione definitiva». Che, dichiara proprio Perchinunno, «costituirebbe un significativo passo in avanti nella prospettiva di ristabilire un equilibrio nei rapporti tra operatori economici e liberi professionisti, imponendo ai contraenti forti e alla Pa il riconoscimento di compensi proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro svolto». Il vertice dell’Aiga ringrazia «gli onorevoli Meloni, Morrone, Mandelli e il senatore Ostellari che si sono prodigati affinché questo testo fosse esaminato e approvato senza modifiche dalla commissione Giustizia». Soluzione che era stata auspicata dalla maggioranza delle rappresentanze forensi, Cnf in testa, in una nota congiunta più di un mese fa.

Di altro tenore il commento di Giampaolo Di Marco, presidente dell’Anf: «L’approvazione della legge sull’equo compenso all’insegna del meglio che niente lascia un po’ di amarezza», dice. «Ovviamente siamo consapevoli che larga parte dell’avvocatura necessita di strumenti di protezione, perché la situazione reddituale pone molti professionisti in una condizione di difficoltà. Ma sarebbe stato di gran lunga una scelta migliore quella di trovare un punto d’incontro prima dell’approdo in Aula, invece che ipotizzare un miglioramento futuro degli aspetti critici. Riconosciamo», continua Di Marco, «ovviamente che l’attuale testo aiuta a ristabilire un equilibrio nei rapporti tra operatori economici e professionisti, e impone, ai contraenti forti e alla Pa, il riconoscimento di compensi rapportati ai parametri ministeriali», in modo da «riconoscere un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto». Ma per il presidente Anf «è stata un’occasione persa la discussione sull’articolo 5 comma 5 che obbliga gli Ordini a sanzionare i professionisti che violano l’obbligo di concordare un compenso equo, perché incomprensibilmente non si è riusciti a trovare una riformulazione. Siamo comunque pronti a collaborare per migliorare il migliorabile, nell’interesse della professione. Dispiace», conclude appunto Di Marco, «che una legge così attesa sia stata usata da molti come una bandierina elettorale, da sventolare a tutti i costi».