Direttore Sallusti, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, intervistato ieri dal Corriere della Sera, ha affermato che ci sarebbe un ' disegno' ben preciso dietro i tuoi due libri scritti con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara. Il ' Sistema' e ' Lobby e logge', secondo Salvi, sono serviti a ' delegittimare l'intera funzione giurisdizionale', facendo credere al lettore che negli ultimi anni l'esito di alcuni processi importanti sia stato condizionato da ' motivazioni politiche'. Una accusa pesante.

Sì, confermo le accuse di Salvi: il progetto dei libri è stato costruito “a tavolino”, per la precisione un tavolino di un bar dei Parioli a Roma.

Puoi essere più preciso?

Era scoppiato lo scandalo Palamara ed io all'epoca dirigevo Il Giornale. Leggendo ogni giorno su altri quotidiani le chat di Palamara, decido di chiamare una mia giornalista che si occupava di questi temi per bere un caffè e “cazziarla” perché non riusciva a recuperarle. E lei, “a tavolino”, mi risponde che aveva visto Palamara, ci aveva parlato, ma non aveva avuto nulla. ' Prova a chiamarlo tu che sei un direttore e magari ci riesci', mi dice. Io gli risposi che non lo avrei fatto, anche perché in quel periodo Palamara mi stava molto antipatico. Di fronte alla mancanza di alternative, però, alzai il telefono e fissai un appuntamento.

Poi cosa successe?

Gli chiesi se potesse darmi un po' di materiale, anche sentendo i suoi avvocati. Mentre stavamo discutendo, gli chiesi anche se avesse voglia di raccontare un po’ di cose che erano successe in questi anni nel suo mondo, quello delle procure e dei tribunali.

E la risposta?

Un no secco e finì lì.

Quando vi siete rivisti?

Dopo tre mesi. Si fece vivo lui dicendomi che a determinate condizioni la mia proposta era fattibile e quindi partimmo con il racconto. Tieni presente che all'inizio non avevamo una casa editrice. Ho dovuto insistere. Altro che complotto.

Salvi, comunque, è di diverso avviso e ritiene che sia stato tutto pianificato e che potresti essere tu la mente del complotto.

A me vengono i brividi che un magistrato possa fare considerazioni del genere senza un minimo di indagini. Qualche ragione per mettere in dubbio questa giustizia ci sono. Se Salvi, da buon magistrato, avesse indagato avrebbe scoperto che io di magistratura non so nulla, adesso so qualcosa perché me lo ha raccontato Palamara. Quando sciorinava nomi di procuratori, ad esempio Giuseppe Pignatone ( procuratore di Roma, ndr), io dissi: ' Pignatone chi?'. Credo che in quel momento abbia pensato che fossi un cretino che non sa nemmeno chi è Pignatone. La mia ignoranza, però, è la forza del racconto di Palamara: uno scrivente totalmente disinteressato che non poteva guidarlo in alcun modo. L’unico mio compito è stato verificare la fondatezza di quanto affermato da Palamara.

Nell'intervista al Corriere Salvi ha annunciato di avere promosso una azione nei vostri confronti. Quanto raccontato nel Sistema, quindi del suo incontro con Palamara per essere nominato procuratore generale in Cassazione, non corrisponderebbe a verità.

I magistrati hanno la querela facile. Hanno una concezione “giudiziario- centrica” della vita. Tutto deve essere portato in tribunale, l’unico luogo di verità. A me sembra chiaro che Salvi faceva parte del sistema delle correnti. Lui che ha vissuto, zitto, in quel mondo, ora parla perché va in pensione. La stessa accusa che rivolgono a Palamara, quella di parlare ora perché non è più in magistrato. Salvi ha fatto carriera in quel modo, ma cosa vuole da me?

Il racconto nel libro è vero?

Certo, il racconto è vero. Sono passati due anni dall’uscita del libro e adesso Salvi si sveglia e dice che non è vero. Ci sarà un giudice terzo, e spero sia terzo, che accerterà se è vero o meno. E comunque su Salvi Palamara ha offerto dei riscontri di quell’incontro.

Nell'intervista manca una domanda, quella sulla singolare circostanza che sia Salvi che il procuratore di Milano Francesco Greco, proprio prima di essere interrogati a Brescia sulla fuga dei verbali della loggia Ungheria, avevano perso i rispettivi telefonini.

Quella è stata una vicenda all'italiana, dove tutte le tragedie finiscono in farsa.

E che si sposa perfettamente con il racconto, nel quale emergono due livelli di giustizia: uno per i magistrati ed uno per i comuni mortali. Se una persona qualunque, chiamata a testimoniare, avesse detto che aveva perso il telefonino, difficilmente i magistrati non avrebbero battuto ciglio come è accaduto nei riguardi di loro due.

È questo che deve spiegare Salvi, un episodio che spiega tante cose, molto più interessanti dei suoi pranzi con Palamara sulle terrazza romane.

Palamara ha raccontato tutto?

Ha raccontato tutto ciò che serviva alla ricostruzione del “Sistema”, tralasciano quello che gettava discredito sui singoli e che comunque non era importante. Non ha fatto come certi magistrati che mettono nei fascicoli intercettazioni penalmente irrilevanti che hanno il solo scopo di screditare l’indagato.

Quanti magistrati citati nel libro hanno presentato querela?

Al momento quattro, uno l’ha ritirata. Un procedimento si è concluso con un proscioglimento e due sono in corso.

Adesso tocca a Salvi...

I magistrati si fanno ricchi con le querele. Capisco che Salvi voglia arrotondare la pensione, ma si cerchi un secondo lavoro e non chieda soldi a chi ha solo scritto la verità.