Una volta ancora Erdogan ha ricattato gli alleati atlantici della NATO e la ha avuta vinta, ed i diritti umani vengono sacrificati. Il governo turco, per molto tempo e con molta insistenza, si era dichiarato contrario allingresso di Svezia e Finlandia nella compagine atlantica poiché, a detta sua, quei due governi dellEuropa del nord davano troppa ospitalità e con troppa leggerezza ai curdi del Partito Comunista Curdo (PKK) che trovavano rifugio in quei due paesi. Ora, allimprovviso (ma era prevedibilissimo) Erdogan ha avuto un revirement e ha detto sì, impegnandosi a votare sì allingresso dei due paesi purché essi adottino leggi antiterrorismo ispirate ai criteri turchi e, concretamente, rispediscano in Turchia 33 (per il momento, poi si vedrà) supposti terroristi, appunto curdi, più o meno vicini al PKK. Non solo, per la verità, anche i supposti appartenenti a FETO, lorganizzazione che avrebbe messo in piedi il ridicolo tentativo di colpo di stato del 2016. Mettiamo in chiaro una cosa: il PKK è considerato organizzazione terroristica dalla Turchia e dallEU, non così dalle Nazioni Unite, che lo hanno tolto dalla lista nera da una quindicina di anni, riconoscendo che trattasi di compagine che rivendica con piena legittimità lautonomia per, ma non solo, il Kurdistan turco. Inoltre i 33 supposti terroristi hanno in Svezia e Finlandia lo status di rifugiati politici: probabilmente quelli che sono allestero da più tempo hanno anche la cittadinanza dei due paesi ospitanti, Sono, cioè, in una situazione di piena legittimità e pienezza di diritti. Se i due paesi passano questi ospiti alla Turchia, essi andranno incontro se non alla pena di morte (abolita in Turchia) quanto meno a lunghe detenzioni, aggravate da isolamento, tortura e quantaltro: si vedano le condizioni di Ocialan, detenuto da solo in unisola da quasi 15 anni, senza poter vedere né i familiari né gli avvocati. Insomma, la richiesta di restituzione dei 33 supposti terroristi è da un lato pienamente illegittima, dallaltro un vero e proprio ricatto alloccidente: o ci ridate costoro o votiamo no allingresso di Svezia e Finlandia nella NATO: e siccome il loro ingresso ha bisogno del sì di tutti i paesi membri, questi hanno chinato la testa. Cosa vuoi che sia il sacrificio di 33 rifugiati, rispetto al rinvigorimento dellorganizzazione stessa, quindi allindebolimento dellattuale nemico per eccellenza: quel Puti così vicino geograficamente alla Finlandia? Il losco baratto è stato siglato.Del resto, Erdogan è tuttaltro che nuovo a simili ricatti. Tutti ricordiamo quando la Germania, a nome dellEuropa, gli chiese di fermare lesodo siriano verso i nostri paesi pagando, con soldi europei, sette miliardi di euro, nel corso degli anni diventati dieci. In cambio la Turchia ha assorbito 3 milioni e mezzo di siriani in campi che sono galere. E ora ha detto che ha intenzione di rimandarne indietro 2 milioni perché la pressione dellopinione pubblica, di fronte alla crisi economica, si appunta sui siriani come i responsabili delle cattive condizioni degli strati più bassi della popolazione. Ma era uno scambio economico, salatissimo per lEuropa e molto vantaggioso per la Turchia. Stavolta sono in ballo diritti elementari di rifugiati, talora addirittura di cittadini europei. Vogliamo sperare che lo scambio faccia salve le procedure di estradizione (potrebbero essere messi su un aereo per Istanbul) dove questi poveri disgraziati facciano valere il loro status di rifugiati e dunque la tutela del diritto a non essere rimpatriati. Ma lassetto complessivo è chiaro: le richieste del partner Erdogan non sono discutibili.In questo caso gli accordi trovati nel memorandum trilaterale di Madrid prevedono ladeguamento dei due paesi agli standard turchi di lotta al terrorismo; addirittura si parla di common values, valori comuni, con un paese, la Turchia, il cui governo considera terroristi tutti gli oppositori. Poi la NATO trae vantaggio dal sì turco: insomma si abbassano livelli di tutela dei diritti umani con un incontro a tre cui partecipa a pieno diritto uno dei paesi, la Turchia, che sta negli ultimi dieci posti al mondo quanto a tutela dei diritti umani.