La stagione riformatrice dell’attuale legislatura, al netto delle fibrillazioni politiche, non si è ancora esaurita. Alcuni tasselli degli interventi sulla giustizia sono stati messi al loro posto. Oggi entra in vigore una parte della riforma civile, che riguarda, tra le altre cose, le persone, i minorenni e la famiglia. Su questo versante è fondamentale la formazione degli avvocati, come evidenzia Grazia Ofelia Cesaro, presidente dell’Unione nazionale camere minorili (Uncm).

Avvocata Cesaro, cosa cambia con la riforma della giustizia civile e nello specifico in materia di persone, minorenni e famiglia?

La legge 206/ 2021 prevede una riforma articolata in tre fasi. La prima fase, da oggi, prevede la giurisdizionalizzazione delle procedure ex articolo 403 del Codice civile. Per semplificare quelle di allontanamento dei minori, una modifica della ripartizione delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, l’affiancamento dell’astreinte alle misure dell’articolo 709- ter del Codice di procedura civile, l’estensione dell’istituto della cosiddetta negoziazione assistita familiare, la previsione di una specializzazione ad hoc per i Ctu in materia di famiglia. Ma, soprattutto, una maggior valorizzazione del ruolo del curatore speciale dei minori, con la previsione di ulteriori ipotesi di nomina e l’attribuzione di specifici poteri e compiti di rappresentanza sostanziale del minore. La seconda fase della riforma, destinata a trovare attuazione tra il 2023 ed il 2024, riguarderà l’istituzione del cosiddetto “rito unico” in materia di persone, minori e famiglie. Infine, la terza fase riguarderà l’aspetto ordinamentale, con il superamento dell’attuale distinzione di competenze tra To e Tm, e l’istituzione di un unico Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, con articolazione circondariale e distrettuale. Questa terza fase, presumibilmente, sarà attuata tra il 2024 ed il 2025.

La centralità del minore è rafforzata rispetto al passato?

Grande rilievo viene dato alla figura del curatore speciale del minore nel processo, indicata come misura urgente al fine di «diffondere nell’intero territorio nazionale alcune indicazioni provenienti dal diritto vivente». Si tratta di una figura che si è sviluppata grazie all’impulso delle Convenzioni internazionali, quella di New York del 1989 e quella di Strasburgo del 1996, e all’intervento giurisprudenziale interno, che ha colmato la lacuna della rappresentanza dei minori nei procedimenti che li coinvolgono. Se tradizionalmente i procedimenti che vedevano la figura del curatore erano quelli di adozione dei minori, via via la figura del curatore si è estesa sempre di più alle azioni di stato, ai giudizi de potestate, ai giudizi di separazione dei genitori.

Questa parte della riforma attribuisce un ruolo molto importante all’avvocato. La sua formazione è fondamentale?

Si riconosce all’avvocatura l’importante compito di intervenire direttamente per la protezione dell’infanzia. In termini di modernità della professione che partecipa con il suo ruolo professionale a una società etica e sostenibile questo è un prezioso impegno perché permette di lavorare per le generazioni del futuro. Lavorare avendo come baricentro questo obiettivo vuol dire lavorare non in termini di valori economici, ma in termini di benessere sociale. Il riconoscimento dei diritti, non è più solo limitato al cosiddetto fair trial, ma a una visione più ampia proiettata verso un miglioramento delle condizioni di vita di un minore in fase di evoluzione. La formazione del professionista è fondamentale e purtroppo rispetto a questo la riforma nulla dice. Posso ragionare dunque in termini di formazione ideale.

Le università possono dare una mano in tale contesto?

Certo. Occorre partire proprio dalla formazione in università. Non vi sono corsi in diritto minorile, e questo non è al passo con i tempi. Un corso di approfondimento sul diritto minorile è un bel bagaglio di conoscenze ed amplierebbe la sensibilità del giurista, che potrà essere votato al rispetto dei diritti dei più deboli in ogni campo ove svilupperà la propria professionalità. Le università sono chiamate ad attrezzarsi con corsi che non devono avere solo un taglio accademico, ma anche pratico. I diritti dei minori hanno anche questo di vitale, si nutrono di casistica, si forgiano sulle esigenze concrete dei singoli minori. Vi è poi il grande tema della specializzazione forense, tra cui quella in materia di persone, famiglia e minori, che ancora stenta a decollare. Siamo in attesa delle linee generali per le Scuole di Alta Formazione Specialistica da parte della Commissione Ministeriale, recentemente istituite.

Occorre accelerare su questo fronte?

È necessario partire al più presto, perché, a mio avviso, in un mondo ideale, quella del curatore speciale dovrà divenire una iperspecializzazione. Il professionista una volta riconosciuto specialista potrà poi accedere ai corsi ad hoc per il curatore speciale, con taglio pratico e multidisciplinare. Sempre in un mondo ideale, dovranno poi essere previste formazioni con possibilità di tirocini. Molto si impara sul campo, quindi, ad esempio, con formazioni continuative nelle quali il curatore speciale, con supervisione ed in gruppo, potrà ragionare su casi ritenuti complessi. Da questo punto di vista un’interessante esperienza si sta sviluppando proprio all’interno della mia associazione, l’Unione nazionale camere minorili, con la Società di psicanalisi italiana. Abbiamo creato dei gruppi di confronto e formazione per esplorare la percezione dei fattori emotivi e delle dinamiche inconsce che entrano in gioco nella difesa di un caso da parte dei curatori. La finalità è quella di acquisire una maggior sensibilità e al contempo acquisire la giusta distanza dalle pressioni emotive al fine di comprenderle e darvi adeguata risposta.

Il curatore speciale del minore è, dunque, un pilastro di questa riforma?

Tale figura è valorizzata al fine di assicurare l’effettiva centratura dell’intervento giurisdizionale sulle esigenze e gli interessi del minore. Sarà compito degli avvocati chiamati a rivestire questo delicato ruolo e far sì che gli intendimenti della riforma trovino, nella pratica quotidiana, reale e concreta attuazione. Non dimentichiamo, poi, e questo è anche un effetto molto positivo, che un bravo curatore speciale sarà pure un bravissimo avvocato di famiglia.