«La riforma non ci soddisfa proprio. L’unica cosa che può essere positiva è il fatto che non faccia danno. Ma è totalmente inutile, anche se sbandierata come un grande atto innovativo. Soprattutto non serve a rispondere o colmare quelle criticità che sono state rappresentate a più riprese e che rimangono invariate. Inoltre non credo che sia una riforma “nostra”: sostanzialmente riscrive con parole diverse, ma nei contenuti identica, la riforma del ministro Bonafede». Giuseppe Cucca, vice presidente dei senatori di Italia Viva, non nasconde la propria insoddisfazione. Il partito di Renzi ha deciso di astenersi in Aula sulla riforma del Csm, ma la critica è netta: «Questo provvedimento non risolve nulla».

Senatore, Cartabia in aula ha però parlato di un lavoro condiviso nel quale tutti i partiti possono riconoscersi.

Ciascuno è libero di dire ciò che vuole per giustificare il proprio operato, però mi dispiace, non è assolutamente vero. E la prova sta nelle cose: la ministra appena insediata ha nominato e incaricato la Commissione Luciani di studiare il problema e offrire soluzioni. I nostri emendamenti ricalcano esattamente le conclusioni della Commissione, ma stranamente sono stati tutti rigettati e s’è provveduto a una riscrittura del progetto Bonafede.

Perché crede che sia andata così?

Non vorrei spingermi troppo nei giudizi, ma mi dà da pensare che sia venuta fuori una riforma di questo genere con un capo di gabinetto che faceva parte anche della struttura di Bonafede, che lo aveva nominato.

Vi siete confrontati con la Guardasigilli sulla scelta di accantonare le soluzioni offerte dalla Commissione Luciani?

Personalmente l’ho ripetuto a ogni riunione con la ministra e anche in Aula. Ma stamattina ( ieri, ndr), Cartabia mi ha “smentito” dicendo che si è tenuto conto anche delle conclusioni della Commissione. Probabilmente, però, sono state lette e messe da parte.

Il patto di maggioranza sembra essere stato messo a rischio dalle posizioni di Lega e Italia Viva. Il governo rischia?

Assolutamente no. Di fatto non c’è stato ostruzionismo, perché altrimenti una riforma di questa portata non sarebbe stata chiusa in due giorni: saremmo stati ancora lì a parlare dei primi due emendamenti. La Lega ha votato favorevolmente, ma ha cercato comunque di esporre le criticità. Il dato significativo è che cinque senatori della Lega si sono astenuti e non si tratta di cinque persone di poco peso: il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, il presidente della Commissione Giustizia Andrea Ostellari, il senatore Simone Pillon, che ha svolto un ruolo molto attivo nell’esame di questo provvedimento, Alberto Bagnai e Carlo Doria.

È uno strappo?

Sono posizioni personali per chi ha condotto una strenua battaglia. Si sono spesi moltissimo, quindi è anche comprensibile. Ma non lo vedrei come uno strappo.

Condividevate gli emendamenti della Lega?

Ho votato tutti quegli emendamenti simili - se non uguali - ai nostri. Quando di fatto l’obiettivo era il medesimo ho ritenuto che andassero votati, avendo la consapevolezza che non saremmo andati da nessuna parte.

E quello sulla custodia cautelare?

Un tema del genere andrebbe condiviso in maniera differente, perché importante e impattante.

Il tema però è identico a quello posto dal referendum e Italia Viva era favorevole.

Sì, ma non si può parlare di temi così importanti senza confrontarsi in maniera seria e approfondita. Ma devo dire che mi fanno specie le mistificazioni sul referendum, in particolare su quel quesito, ripetute anche in Aula. Chi dice che non sarà più possibile emettere ordinanze di custodia cautelare sta strumentalizzando la realtà, approfittando della poca consapevolezza dell’opinione pubblica, che cede molto alle suggestioni. Ma in fatto di giustizia non si può cedere alle suggestioni.

La vostra posizione non è mai stata così distante da quella del Pd, che ha difeso con forza la riforma.

Non siamo noi che ci allontaniamo, ma loro. Noi manteniamo le stesse posizioni da sempre, le stesse che avevamo quando eravamo nel Pd. Ma da quelle parti c’è una deriva giustizialista, non si sa bene dettata da cosa. Ma si sa, nel periodo pre- elettorale accadono cose che possono apparire strane e si assumono posizioni finalizzate ad altri obiettivi. L’avvicinamento tra M5S e Pd è sotto gli occhi di tutti. Il Movimento è in fase di disgregazione, se non di dissolvimento, ed è evidente che ci sono prove tecniche di “trasmissione”, da una parte e dall’altra. Ma io rifuggo dalle posizioni giustizialiste: non appartengono alla mia cultura.

Renzi ha parlato dei 7 milioni di italiani che si sono espressi col referendum, sottolineando che sono le minoranze a fare le rivoluzioni. Sarete voi a fare la rivoluzione?

Noi non vogliamo fare rivoluzioni, ma raggiungere gli obiettivi nell’interesse comune. Il nostro obiettivo, da quando esistiamo, è esattamente questo. Su alcuni temi non demordiamo e non molliamo. Ciò in cui credo non lo cedo per nessun motivo.