Il caso dei tre uomini condannati a morte dalle autorità della autoproclamata Repubblica di Donetsk ha acceso uno scontro che va ben al di là dei confini regionali e chiama in causa direttamente Gran Bretagna e Russia. Aiden Aslin e Shaun Pinner, insieme al cittadino marocchino Brahim Saaudun, sono i tre soldati che sono stati catturati dalle truppe russe mentre combattevano per l'Ucraina. L'accusa è quella di essere dei mercenari ma sia le famiglie dei prigionieri inglesi che il governo di Sua Maestà sostengono invece che si trattasse di uomini inseriti nell'esercito regolare ucraino. Il premier britannico, Boris Johnson, si è detto "sconvolto" per le condanne a morte inflitte ai due britannici e ha ordinato ai ministri di fare "tutto ciò che è in loro potere" per ottenerne il loro rilascio. A questo proposito il portavoce ufficiale di Downing Street ha rilasciato una dichiarazione che testimonia la posizione del governo inglese: "Condanniamo la falsa condanna a morte di questi uomini. Non c'è alcuna giustificazione per la violazione della protezione a cui hanno diritto. La nostra priorità è lavorare con il governo ucraino per cercare di assicurarne il rilascio il più rapidamente possibile". Oggi il ministro degli Esteri britannico Liz Truss ha incontrato il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba per capire i passi da fare. Immediatamente dopo il meeting Truss ha twittato che la sentenza contro gli uomini condannati e una "grave violazione della convenzione di Ginevra" (il tribunale della Repubblica di Donetsk non infatti riconosciuto a livello internazionale) e si sono discussi con Kuleba gli sforzi per garantire il loro rilascio.La reazione russa è stata a dir poco irridente, definendo isterico l'atteggiamento di Londra. Sul caso è intervenuto direttamente il ministro degli esteri Lavrov che ha difeso la decisione del tribunale di Donetsk chiamando i due inglesi "esattamente due mercenari che hanno commesso dei crimini. Oggi si ventilava anche l'eventualità di uno scambio di prigionieri ma né da parte dei filorussi né da Kiev è trapelato niente. Chissà se alla fine emergerà un qualche tipo di mediazione, magari quella del Vaticano (eventualitàipotetica ndr.). Oggi il Papa ha incontrato la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la Santa Sede ha rilasciato una nota ufficiale dove non si fa menzione del caso limitandosi a dire che "ci si è soffermati sulle buone relazioni bilaterali e sul comune impegno ad adoperarsi per porre fine alla guerra in Ucraina, dedicando particolare attenzione agli aspetti umanitari e alle conseguenze alimentari del protrarsi del conflitto". Preoccupazioni che cominciano a serpeggiare anche nei circoli intellettuali doltreoceano, ne è testimonianza l'intervento tenuto oggi dall'economista americano Jeffrey Sachs, presidente dello Un Sustainable Development Solutions Network. Sachs si e detto "convinto che Biden e Putin debbano parlarsi, perché abbiamo bisogno di far finire la guerra. E la guerra non si fa finire con la diplomazia". Sono in tal senso profondamente preoccupato .Vedo il mio Paese entrare in un'ottica sempre più ostile nei confronti degli altri Stati, mentre avremmo bisogno di dialogo e di cooperazione". Ma le pur lodevoli aspirazioni per una possibile trattativa al momento non sono suffragate da volontà comuni. Prova ne sono le dichiarazioni rilasciate ancora una volta da Lavrov: "La Russia è aperta al dialogo, ma bisogna essere in due per ballare il tango". Una battuta ma che la dice lunga sullo stato attuale dei rapporti tra Mosca e i paesi occidentali.