Onorevole Fassina, come giudica il passo avanti dell’Ue in materia di salario minimo?

Vedremo bene i dettagli dell’accordo. Certamente non abbiamo preso il palazzo d’inverno o raggiunto il socialismo, ma è appunto un passo avanti che però non incide sulle cause strutturali che hanno segnato il lavoro negli ultimi trent’anni e prodotto il dumping fiscale e sociale, alimentato dal mercato unico europeo. Bisogna stare molto attenti alle celebrazioni perché può essere anche utilizzato come una trappola liberista per aggirare e svuotare la contrattazione collettiva.

Pensa che in Italia possa dare il via a una legislazione in materia?

Dal punto di vista italiano può essere uno strumento utile perché ci sono fasce di lavoratori in condizioni di sfruttamento assoluto e quindi la mia posizione è che deve essere introdotto, collegandolo ai livelli retributivi dei contratti nazionali di lavoro di settore fatti dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative. Ma non basta. Serve una legge per la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali, in modo che si metta fine alle centinaia e centinaia di contratti pirata fatti da finti sindacatini messi su dai datori di lavoro per aggirare i contratti nazionali.

La proposta di legge che giace in commissione Lavoro al Senato può essere la soluzione?

La proposta Catalfo è certamente una base di discussione. Ma se vogliamo arrivare in porto già in questa legislatura considererei come epicentro dell’iniziativa la proposta che sta portando avanti il ministro Orlando, che ricalca l’impianto appena descritto e affianca al salario minimo anche la normativa sulla certificazione della rappresentatività.

Eppure tutto il centrodestra è contrario, come pensate di approvare il salario minimo nei prossimi dieci mesi?

È certamente difficile approvarlo in questa legislatura, perché c’è un problema sia legato alla destra che alle organizzazioni datoriali. Per questo ritengo che la strada maestra passi per il tavolo avviato dal ministro Orlando. Ma nel momento in cui un pezzo molto rilevante della maggioranza, le organizzazioni sindacali e sperabilmente anche qualche organizzazione datoriale convergono su una direzione, la destra si assumerà la responsabilità di negare uno strumento che migliora le condizioni di vita di milioni di persone.

In che modo il salario minimo si concilia con il reddito di cittadinanza?

Sono strumenti che vanno visti in sinergia. Il salario minimo rende più attrattivo il lavoro, il reddito di cittadinanza non è solo reddito ma significa via via politiche attive per mettere in condizione di lavorare una platea vasta che molto spesso non è in condizione di lavorare. In questo diventa anche funzionale a un mercato del lavoro dove sia presente il salario minimo. L’altro tassello che manca è la riattivazione, dopo la fase covid, del cosiddetto decreto dignità, per reintrodurre le causali per i contratti a tempo determinato, che sono esplosi perché vengono usati senza alcuna condizione. Sono tre strumenti sui quali ragionare insieme.