Venerdì scorso è stato sciolto il Consiglio comunale di Portigliola, un piccolo paese nel cuore della Locride. Dimenticate per un solo attimo il fatto che si tratta d' un piccolo Comune e riflettete sugli effetti che la catena di scioglimenti che ha riguardato la Locride e la Calabria intera, potrebbe avere sulla crescita e legittimazione della 'ndrangheta in un territorio difficile. Il sindaco e i consiglieri comunali di Portigliola sono incensurati ma ciò in Calabria, come in ogni Stato di polizia che si rispetti, vale meno che niente. Ovviamente in Italia nessuno si accorgerà delle vicende di Portigliola e nella stessa Calabria la notizia non avrà risonanza alcuna.

Gli amministratori del piccolo comune calabrese sono stati destituiti da un mandato ricevuto dal popolo, messi ai margini con “disonore” e senza dar loro alcuna possibilità di difendersi in un tribunale della Repubblica. Sanno che da questo momento in poi chiunque potrà dire di loro che sono “segnati” da una “misura di prevenzione” ledendo la loro dignità e il loro onore. Molti di loro si ritireranno della vita pubblica, altri non si riconosceranno più in questo Stato e coveranno rabbia e rancore verso i responsabili dello scioglimento del consiglio comunale nel quale erano stati democraticamente eletti. In qualche caso la rabbia diventerà ostilità verso lo Stato e quindi rivolta individuale che, in quanto tale, è destinata a formare l'humus necessario per fertilizzare il terreno in cui cresceranno le nuove leve della mafia.

La ’ndrangheta che cresce e si diffonde in Italia nasce in questa terra ed è figlia di tale meccanismo perverso che viene spacciato come lotta alla mafia. Sono certo che coloro che hanno promosso e decretato lo scioglimento non siano sciocchi perché sanno che il bersaglio è stato comunque colpito dal momento che la gente comune avrà la sensazione che la lotta alla “mafia” continua.... contro gli innocenti!

Anticipo la possibile eccezione: perché la rivolta individuale non diventa collettiva e perché nessuno, o quasi, denuncia una tale situazione? Perché la Calabria è avvolta in una cappa di paura che diventa omertà e quindi altro concime per la ’ndrangheta.

Se avessi avuto la forza avrei voluto discutere di questi temi in occasione del trentesimo anniversario della strage di Capaci e sarebbe stato interessante domandare agli “esperti” perché la mafia è stata sconfitta mentre la ’ ndrangheta è diventata più forte, più ricca, più “rispettata”, più temuta; ha fondato “colonie” in tutta Italia e in Europa, ha il monopolio del traffico di cocaina.

Riina e soci hanno commesso l'errore di passare da una scellerata “alleanza” con gli apparati statali alla sfida allo Stato mentre la ’ ndrangheta si è acquatta alla sua ombra. Anzi, da anni la ’ ndrangheta non uccide più o quasi, ha messo fine alle faide di paese, punisce severamente chiunque si dovesse dimostrare irriguardoso o violento verso gli uomini dello Stato.

Non c’è guerra allo Stato da parte della ’ ndrangheta mentre non ci vuole la zingara per capire che, molto spesso, mafia e “antimafia” combattono una guerra finta le cui vittime certe sono soprattutto gli ignari ( ma non tanto) cittadini calabresi. A questo punto so che qualcuno si porrà la domanda: è possibile che la situazione sia questa? Mi pongo anch'io la stessa domanda: è possibile?

Se ne avessi la possibilità chiederei un'inchiesta delle “gradi firme” del giornalismo italiano sulla situazione calabrese. Intanto cerco sinceramente di trovare delle risposte da parte di studiosi ed esperti. Il dottor Gratteri si è autodefinito uno dei massimi esperti al mondo in materia e io ho seguito con interesse il suo tour televisivo sperando che desse delle risposte ma, lo dico senza sarcasmo, quando va in televisione il procuratore di Catanzaro preferisce “ballare” da solo.

Così, ad esempio, può dire che la ’ ndrangheta sfrutterà la guerra in Ucraina per rifornirsi d’armi, magari cannoni, carri armati e obici come se i mafiosi dovessero combattere una battaglia campale. I mafiosi non dispongono di combattenti ma di sicari che uccidono a tradimento, tendono imboscate, opprimono i deboli, non toccano i “forti”. E per la loro “guerra” hanno armi a sufficienza. Inoltre il procuratore di Catanzaro, come di consueto, ha attaccato con grande accortezza la “politica” mettendo in campo un'abile strategia comunicativa destinata a un sicuro ritorno di popolarità.

Come sempre i “politici”, salvo qualche eccezione, non rispondono, un po' per calcolo e un po' per viltà così che Gratteri non ha bisogno di fare neanche un minimo di auto- critica. Per esempio, ha affermato che durante la stagione di “mani pulite” tanti politici si sono suicidati per un semplice avviso di garanzia mentre oggi hanno l’ardire di voler continuare a vivere e magari di dichiararsi innocenti perché sono innocenti. Non c’è più “religione”, signora mia!.

Ma sarebbe stato facile obiettare che se il segretario nazionale dell'Udc Lorenzo Cesa indiziato di concorso esterno, Mario Oliverio, già presidente della Regione (confinato) , o Mimmo Tallini, presidente del consiglio (arrestato) e soprattutto e innanzitutto le migliaia di persone “senza nome” che in Calabria sono finiti in galera senza colpa si fossero suicidati sarebbe stata una strage di innocenti da far invidia ad Erode. Ma chi farà mai queste domande pur poste con il dovuto rispetto e tutto il garbo del mondo?