Centristi di destra e sinistra, scontenti dei partiti maggiori, l’ala governista di M5S, Fi e Lega, continuano ad annusarsi e si affidano ai sondaggisti per capire quando davvero potrebbe pesare alle urne una larga aggregazione di centro. Al momento l’ipotesi rimane soltanto una grande suggestione. Però i movimenti sotterranei all’interno dei partiti, a partire dall’elezione del presidente della Repubblica, proseguono in maniera fitta.

E la crisi esplosa dentro Forza Italia, con lo scontro al vetriolo tra il leader Silvio Berlusconi e la ministra Mariastella Gelmini, ha fatto venire fuori tutto il malumore di quella frangia di Fi che si proietta più verso il centro che non verso una stretta alleanza con la Lega di Matteo Salvini. Anche e soprattutto per le posizioni sulla politica estera dopo la crisi internazionale innescata dall’invasione in Ucraina.

Dentro Fi, dove la parola scissione non è più un tabù, i ministri Brunetta e Carfagna sono solidali con Gelmini, seppure non escono alla scoperto, e la sensazione è che l’ala moderata di Fi possa essere molto interessata al progetto di un’eventuale realizzazione di un contenitore di centro, anche per garantire qualche seggio in più ai propri uomini.

Un discorso analogo può valere per il M5S, in costante calo di consensi e in pesante difficoltà in vista delle prossime Amministrative, dove l’area che si è coagulata intorno al ministro Luigi Di Maio sta guardando con attenzione ai movimenti esterni al partito ed è sempre più vicina allo scontro con la linea che in questo momento viene dettata dall’ex premier Giuseppe Conte.

Schema analogo all’interno della Lega, dove la distanza tra il ministro Giancarlo Giorgetti e le posizioni di Matteo Salvini è sempre più evidente.

Al fronte dei governisti scontenti si aggiungono, infine, i tradizionali cespugli di centrodestra che da sempre provano a federarsi. Udc, il partito di Giovanni Toti, ma anche Coraggio Italia di Gaetano Quagliariello potrebbero essere interessati ad una federazione delle forze centriste. Un big di Coraggio Italia, vicinissimo a Quagliariello, spiega come questo progetto potrebbe essere la destinazione finale di un percorso di progressivo allontanamento dalle posizioni di Berlusconi e di una Fi che, a queste latitudini, viene considerata morente.

Ovviamente, a dare le carte in questo momento, al tavolo del centro è Azione di Carlo Calenda che più volte ha spiegato come il progetto politico del suo movimento sia quello di federare le forze centriste. Chiaro che, anche Calenda, come ha avuto più volte modo di dire, guardi non solo alla federazione, ma anche ad una prosecuzione dell’esperienza di governo attuale, con Mario Draghi che per quest’area continuerebbe ad essere un imprescindibile punto di riferimento.

Calenda, con massima prudenza, spiega al Dubbio il suo progetto politico in vista di una possibile aggregazione di centro: «Siamo già aggregati con + Europa e contiamo circa 2 mila amministratori in tutta Italia e stiamo costruendo un partito di amministratori in tutto il Paese. Abbiamo messo a punto una federazione indipendente con cui ci presenteremo alle elezioni che si poggerà su tre gambe: Azione, + Europa e una lista civica formata da amministratori locali».

Insomma, di progetti più ampi si discuterà in maniera approfondita dopo le elezioni Amministrative facendo anche i conti con i risultati che saranno ottenuti dai vari partiti.

Rimane naturalmente da sciogliere il nodo dei rapporti tra Azione e Italia Viva di Matteo Renzi che, in teoria, dovrebbe avere un ruolo di primo piano in un’aggregazione così fatta. Eppure i rapporti tra Renzi e Calenda non sono per nulla semplici e la posizione di Italia Viva rimane ancora indecifrabile, oscillando pericolosamente verso il centrodestra, come dimostrato anche da alcune alleanze strette in vista delle prossime elezioni amministrative.

Altro elemento che sarà dirimente per capire quante possibilità di realizzarsi abbia un progetto del genere è quello relativo al tipo di legge elettorale con la quale l’Italia andrà al voto il prossimo anno. I centristi, o “draghiani” come qualcuno comincia a definirli, vorrebbero una riforma dell’attuale sistema di voto con una modifica in senso proporzionale. Un cambio che agevolerebbe la formazione di un’area indipendente fuori dai tradizionali poli e potrebbe essere determinante per proseguire un’esperienza di governo sul modello di quella avviata con la chiamata di Mario Draghi a palazzo Chigi.