«Noi vogliamo giustizia giusta e non giustizialismo perché è quello che questo Paese si merita». Il leader di Italia Viva Matteo Renzi parla un minuto soltanto in due ore di udienza davanti al gip di Genova, che deciderà nei prossimi giorni se archiviare o meno la sua denuncia contro i pm fiorentini che vogliono processarlo per il caso Open. Un intervento brevissimo, per manifestare la propria sorpresa di fronte alla velocità con la quale la procura di Genova ha chiesto l’archiviazione del suo esposto, nonostante la lunghezza dell’atto: circa 102mila pagine, «che in sei giorni non possono essere lette», ha affermato il senatore.

Proprio per tale motivo ha ribadito di non trovarsi lì per invocare un rinvio a giudizio, ma «specifiche indagini» su tutti i temi segnalati nell’atto a firma dell’avvocato Lorenzo Pellegrini: le ragioni che hanno portato al sequestro del suo conto corrente, perché e quali atti siano stati trasmessi al Copasir, perché la chiave di ricerca nel materiale acquisito fosse proprio “Renzi” e molto altro. Quei quesiti sono rimasti senza risposta, ma in aula «la nostra denuncia è stata finalmente ascoltata - ha dichiarato Renzi -, a differenza di quanto aveva fatto il procuratore di Genova facente funzioni, Pinto ( Francesco, ndr)».

La replica della procura è arrivata a stretto giro: «C'è una circolare del Csm che dice che i procedimenti sui magistrati debbano avere una rapida e prioritaria definizione per evitare che restino nel limbo - ha affermato Pinto -. Non è privilegio ma è per evitare che vengano delegittimati. È un dovere imposto da una circolare Csm, non è questione di arroganza». Il procuratore ha aggiunto che la richiesta di escussione «non è mai stata fatta negli atti di denuncia che era basata solo su documenti, come era giusto che fosse». Secondo Renzi, però, «se qualcuno viola la legge - e in questo caso secondo me siamo in presenza di una macroscopica violazione di legge e della Costituzione -, è giusto che si vada a fare indagini».

A finire nel suo mirino sono stati il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e i pm Luca Turco e Antonino Nastasi, titolari del fascicolo sulla Fondazione Open, denunciati per abuso d'ufficio. Secondo il senatore, le tre toghe avrebbero violato la Costituzione sequestrando il cellulare dell’imprenditore Vincenzo Manes (non indagato), che conteneva alcuni scambi di messaggi whatsapp con il leader di Italia Viva, aggirando così il dettato costituzionale per arrivare a intercettare lui. E lo stesso sarebbe accaduto con gli scambi email e whatsapp tra il senatore e l'imprenditore Marco Carrai. Tale violazione, per i pm genovesi, non ci sarebbe però stata, trattandosi di intercettazioni indirette. E a dover dirimere la questione, hanno aggiunto, sarebbe comunque il gup di Firenze in udienza preliminare, dal momento che l'utilizzabilità dei messaggi mail e whatsapp sequestrati è una «questione endoprocessuale» che «in questa sede non può essere valutata».

La difesa delle toghe fiorentine - che ieri non erano presenti in aula ha inoltre contestato la possibilità di definire “corrispondenza” le comunicazioni sequestrate dalla procura, evidenziando la complessità della materia nella sua difficile qualificazione. Complessità che proverebbe, dunque, l’assenza di una volontà di danneggiare Renzi, contestando dunque il dolo intenzionale, a dispetto della «necessaria prudenza» invocata dalla difesa di Renzi.

Sui sequestri, nei mesi scorsi, si è già pronunciato il Senato, che ha votato sì alla proposta della relatrice Fiammetta Modena di sollevare un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale, nella convinzione che sarebbero dovuti avvenire solo dopo aver chiesto l’autorizzazione a Palazzo Madama. E che si tratti di atti illegittimi, aveva sottolineato Renzi, non sarebbe una semplice teoria della difesa o del Parlamento, ma «lo dice la Corte di Cassazione» , con cinque sentenze che hanno annullato i provvedimenti della procura di Firenze.

«La Cassazione in questo processo ha definito i sequestri effettuati, non utili a provare un quadro indiziario, ma ' un inutile sacrificio di diritti', che arriva a esercitare "una non consentita funzione esplorativa" - aveva evidenziato -. Chi, come noi, ha una cultura giuridica meno vasta, la chiama pesca a strascico». Con l’obiettivo ultimo, secondo il leader di Iv, di «definire le forme della politica». E ora alla denuncia di Renzi si aggiunge quella di Carrai, per la quale la procura ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato. L’imprenditore d ex membro del Cda della Fondazione Open contesta infatti la trasmissione al Copasir di atti dell'indagine che la Cassazione aveva definito «non trattenibili» e che il Copasir aveva richiesto per «esigenze di sicurezza nazionale».