Gaetano Quagliariello, senatore di Italia al centro, ragiona su fatto che «una coalizione è tale nel momento in cui è capace di presentare all’elettore un programma di governo» e spiega che oggi sia centrodestra che centrosinistra «siano molto lontane dal riuscirvi». Per poi illustrare la propria posizione. «Possiamo essere il centro del centrodestra o il centrodestra del centro - dice - se nel centrodestra ci sarà un fenomeno di ripensamento e di ricostruzione delle basi dell’alleanza su una prospettiva effettivamente programmatica, faremo la nostra parte, altrimenti non avalleremo operazioni aritmetiche o di mera convivenza elettorale e valuteremo alleanze in altri ambiti».

Senatore Quagliariello, siamo alle battute finali per il dl Concorrenza e relativa polemica sui balneari?

Sì, oggettivamente siamo vicini a un accordo. Noi di Italia al centro abbiamo dato una mano più per caso che per virtù, nel senso che nella commissione Industria ci sono ben tre nostri senatori. Abbiamo lavorato per arrivare a un accordo il più avanzato possibile così da evitare anche solo lontanamente che su un tema come questo si potesse aprire una crisi di governo.

Crisi che però sembra sempre dietro l’angolo, dalla questione tasse sulla casa al termovalorizzatore di Roma…

Vorrei ricordare che la posta in gioco è la possibilità di utilizzare i fondi del Pnrr. I quali, se ci sarà un minimo di virtù in ambito politico amministrativo, potrebbero significare la ripresa del paese. Con la guerra tutto ciò è diventato più difficile ma anche più urgente ed è evidente che di fronte a questa posta in gioco il governo deve andare avanti. Poi certo ci sono alcune situazioni paradossali che non si possono tacere e con le quali occorre fare i conti.

Ad esempio?

Da una parte abbiamo liberali che vengono attratti da battaglie di tipo corporativo; dall’altra atlantisti storici che strizzano l’occhio a Putin, a volte in maniera spudorata; dall’altra ancora forze che hanno remore nei confronti dell’azione del presidente Draghi pur stando al governo e forze che apprezzano l’azione di Draghi e che invece sono costrette a dare un sostegno esterno. La situazione oggettivamente non è facile. Detto questo, per quanto ci riguarda in politica contano ancora i principi come la visione e la competenza ed è questo che ci porta a sostenere con forza questo governo.

Pensa che queste situazioni paradossali possano portare a uno sfaldamento delle attuali coalizioni?

Il problema è più complesso della semplice geopolitica parlamentare. Abbiamo avuto negli ultimi tre anni due svolte epocali, una dietro l’altra. Da una parte c’è stata la pandemia, dall’altra una guerra di tipo europeo. Entrambi sono stati dei salti nel buio della storia. È evidente che il mondo non è più quello di prima, la globalizzazione non è più quella che serve, l’Europa non è più quella di tre anni fa così com'è cambiato il modo di intendere la sovranità nazionale.

Eppure a oggi lo schema sembra chiaro: centrodestra da una parte ( Lega, Fi, Fd’I), centrosinistra dall’altro ( Pd, M5S, Leu). O no?

Vede, una coalizione è tale nel momento in cui è capace di presentare all’elettore un programma di governo, indicando un possibile esecutivo futuro. Se ciò non avviene, la coalizione diventa una mera convenienza elettorale e aritmetica e si trasforma in una piccola truffa, indipendentemente dalla legge elettorale. Oggi entrambe le coalizioni devono capire se sono in grado di mettersi d’accordo al loro interno nel proporre un programma di governo.

Pensa che ci riusciranno?

Penso che oggi entrambe siano molto lontane dal riuscirvi. Ciò che conta è la politica estera e in questo ambito ci sono divisioni profonde all’interno dell’una e dell’altra. Basti pensare che Berlusconi e Conte la pensano meno diversamente sulla guerra di quanto il primo la pensi rispetto a Meloni e il secondo rispetto a Letta. Si immagini se nel 1948 nel Fronte popolare o nello schieramento degasperiano ci fosse stato qualcuno che faceva riferimento all’Urss e qualcun altro all’America.

Lei dice che ciò non dipende dalla legge elettorale, ma pensa che un ritorno al proporzionale possa aggiustare le cose?

È assolutamente evidente che questa legge elettorale ha funzionato male. Nel 2018 abbiamo proposto agli elettori tre schieramenti, Cinque Stelle, centrodestra e centrosinistra, e nessuno dei tre governi della legislatura è coinciso con una delle proposte fatte agli elettori. Detto ciò, il problema non è la legge elettorale. Di fronte a guerra e pandemia tutti i partiti dovrebbero presentarsi davanti agli elettori con dei programmi coerenti. Laddove c’è un’alleanza, questa deve essere tale anche in politica estera, altrimenti non se ne può fare nulla.

E voi come vi ponete di fronte tutto ciò?

Per quella che è la nostra visione del mondo e per quelli che sono i nostri principi, noi possiamo essere il centro del centrodestra o il centrodestra del centro. Se nel centrodestra ci sarà un fenomeno di ripensamento e di ricostruzione delle basi dell’alleanza su una prospettiva effettivamente programmatica, faremo la nostra parte. Altrimenti non avalleremo operazioni aritmetiche o di mera convivenza elettorale e valuteremo alleanze in altri ambiti.

Magari coinvolgendo anche Draghi, come auspicato da Calenda…

È inutile tirare Draghi per la giacca. Bisogna rispettare la sua volontà. Quel che si può fare è capire se un programma con alcuni principi non negoziabili può essere declinato attraverso sensibilità differenti.

Si spieghi meglio.

Mentre una forza estrema ha assolutamente bisogno di avere un riferimento unitario, una forza centrale deve essere per forza policentrica, cioè avere una classe politica che attorno ad alcuni principi fondamentali unisca differenti sensibilità. In poche parole, con un mio alleato posso pensarla anche in maniera differente su questioni di coscienza come l’eutanasia, ma non posso pensarla in maniera diversa rispetto alla guerra o alle alleanze internazionali.

Insomma, potreste allearvi anche con Azione, + Europa o Italia viva…

Lo sta dicendo lei, non io.