di EZECHIA PAOLO REALE

Pubblichiamo un estratto dell’intervento per il convegno “Un 25 aprile anche per l’Ucraina”, organizzato da Radicali Italiani a Roma il 25 aprile 2022.

Credo che sia importante mettere in luce lo stato attuale della possibilità o meno che la Corte Penale Internazionale giudichi Putin e tutti coloro che sono responsabili dell'aggressione dell'Ucraina, e del modo di conduzione illecito della guerra in Ucraina.

Credo che sia importante perché la risposta è estremamente semplice, credetemi. Dobbiamo solo avere la capacità di fare la distinzione tra i quattro crimini di competenza della Corte Penale Internazionale: da una parte crimini contro l'umanità, crimini di guerra e genocidio, dall’altra crimine di aggressione. Per quanto riguarda il crimine di aggressione deve essere chiaro che né Putin né altri potranno essere giudicati per questo tipo di crimine avanti la Corte Penale Internazionale, non foss'altro perché lo Statuto di Roma prevedeva il crimine di aggressione ma non prevedeva né la sua definizione né il meccanismo attraverso il quale avrebbe potuto essere esercitata la giurisdizione della Corte. Altrettanto semplice la risposta per l'altro gruppo di crimini, cioè crimini di guerra contro l'umanità e genocidio.

In questo caso potranno essere giudicati, senza nessun problema, tutti, compresi coloro che normalmente godono di immunità. Il fatto che né Ucraina né Russia abbiano ratificato lo Statuto non è un limite per l'esercizio della giurisdizione su questi tre crimini perché l’Ucraina nel 2015 ha depositato in cancelleria la sua accettazione della giurisdizione della Corte per tutti i fatti che erano avvenuti e che sarebbero avvenuti in connessione con l’invasione della Crimea e col conflitto in corso in quel momento nel Donbass. Dal momento che l’articolo 12 dallo Statuto di Roma equipara, ai fini dell’esercizio della giurisdizione, lo Stato che accetta la giurisdizione allo Stato Parte, anche se la Russia non ha ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, la Corte è competente per tutti i reati commessi nel territorio di uno Stato Parte o, come detto, di uno Stato che ne accetta la giurisdizione. Siccome questi crimini vengono svolti all’interno del territorio dell’Ucraina, non ci può essere nessuno che abbia letto anche distrattamente lo Statuto di Roma che possa affermare che non c'è la competenza di questa giurisdizione.

Dirò di più. Con certezza ne può rispondere anche Putin, perché per questo tipo di reati l’articolo 27 dello Statuto di Roma prevede che le immunità, siano esse previste dal diritto interno o dal diritto internazionale, non si applicano. Non lo dice con giri di parole particolari, lo dice chiaro e tondo, anche perché è un principio di diritto internazionale ormai consolidato quello per cui le immunità di Capi di Stato o di Governo davanti ai tribunali internazionali non hanno significato.

Quindi, al di là di quello che dicono i talk show o altre fonti attendibili di conoscenza che ci stanno deliziando in questo periodo, “se” verranno processati è un dubbio che realmente non ha ragione di essere, addirittura probabilmente sono già sotto processo. La domanda semmai è “quando” saranno processati, perché questo purtroppo è il limite di questa Corte internazionale. Dico che lo saranno, purtroppo, quando sarà troppo tardi per gli ucraini. Se noi dobbiamo salvare gli ucraini non dobbiamo aspettare la risposta della giustizia, non arriverà da lì la salvezza. Perché un sistema di giustizia non serve solo a punire i responsabili delle malefatte, serve anche a essere un deterrente per coloro che nel futuro pensano di poterlo fare. Probabilmente, però, la giustizia se attivata e se arriva a conclusione salverà tante altre vite in tanti altri Paesi che sono sotto oppressione, non solamente della Russia.

Veniamo alla Commissione istituita dalla ministra Cartabia di cui faccio parte. Abbiamo un ritardo di vent’anni nel dare esecuzione corretta a uno strumento internazionale importantissimo che si chiama “Statuto di Roma”. Lo Statuto è stato firmato nel 1998, è entrato in vigore nel 2002, siamo nel 2022, quindi ricorre quest’anno il ventennale e ancora noi, nella nostra legislazione, non abbiamo inserito, e quindi teoricamente non potremmo perseguire in Italia, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità. L’unica cosa che abbiamo inserito è il genocidio, ma perché lo avevamo inserito molto prima a metà degli anni ‘ 60 quando ancora la politica e il Parlamento forse erano politica e Parlamento. Ci sono stati, in questi vent’anni, un numero importante di provvedimenti – io ne ho contati 9, forse me n’è sfuggito qualcuno ma non credo – fra commissioni di studio e disegni di legge, tutti finiti in archivio, fra le scartoffie.

I nomi che ci sono sotto questi disegni di legge sono tutti Radicali perché se andate a leggerli trovate in alcuni di questi Marco Perduca, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci. Oggi la ministra Cartabia ha avuto questa grande sensibilità, stiamo lavorando molto alacremente, abbiamo avuto un termine molto stretto, ma lo abbiamo anche chiesto, perché ci rendiamo conto dell’importanza, il termine è quello del 30 maggio. A che cosa servirà? Servirà a creare un codice dei crimini internazionali e consentirà in Italia un esercizio, io dico, più fluido, della giurisdizione universale, non sugli Stati, ma sui singoli.

Cioè, l’Italia potrà perseguire criminali di guerra quando si trovano a passare sul nostro territorio, non è un fatto banale. È questo l’effetto deterrente, e questa è l’importanza di avere questa normativa. È questa anche l’angoscia di chi ci ha lavorato e che vede che da vent’anni c'è questo ritardo. Io credo che questo sia il momento opportuno, e un partito politico deve esser certo che i suoi rappresentanti facciano tutto quello che è possibile fare, perché se arriva in Parlamento è il momento veramente di dire la parola fine a questa nostra inadempienza, ma attraverso la parola ‘ fine a questa inadempienza’ dire anche una piccola parte della parola ‘ fine all’impunità contro questi crimini così gravi’ che mettono in pericolo la pace e la collettività internazionale.