Non sappiamo se resta ancora uno spiraglio, un margine di opportunità per raggiungere il quorum ai referendum del 12 giugno. Di certo assistere oggi su Rai 3, a metà mattinata (dalle 10 e mezza in poi, quando pochi possono permettersi di guardare la tv), alla prima giornata di messaggi autoprodotti sui quesiti lascia una sensazione di rimpianto. È bastata la carrellata di interventi durata circa 20 minuti per rendersi conto di quale gigantesca occasione si rischi di sprecare, se la campagna referendaria resterà invischiata nella semi-invisibilità. Si rischia di cogliere solo in minima parte l’occasione di un vero grande dibattito su giustizia e diritti, garantismo e opzioni securitarie, ruolo della magistratura e contributo del mondo forense. Un confronto aperto, multipolare, polifonico, com’è sembrato stamattina, che non merita di essere confinato in fasce d’ascolto irrilevanti. Lo ha detto il segretario del Partito radicale Maurizio Turco, in una dichiarazione rilasciata alla Radio dei pannelliani: è verissimo, la Rai non potrà limitarsi al pur necessario dovere istituzionale di trasmettere i messaggi autogestiti e le “Tribune referendarie”, inevitabilmente collocati nei ritagli del palinsesto. Servirebbe, tanto per intenderci, più di una puntata di “Porta a porta”. E oggi la campagna Rai sui referendum si è ufficialmente aperta (si è trattato della prima giornata in assoluto di programmazione in video, associata a una parallela ritrasmissione su Radio 1 dei messaggi, nel primo pomeriggio) con un testimonial d’eccezione: Simone Uggetti, l’ex sindaco di Lodi assolto in appello dopo che un’inchiesta e la successiva condanna in primo grado lo avevano politicamente distrutto. Ebbene, Uggetti ha parlato per il Partito radicale, anche se nella sovrimpressione che indicava il suo nome, compariva anche la sigla del partito di appartenenza, il Pd. I radicali hanno avuto una straordinaria idea: scegliere, come figura simbolo dei messaggi per il Sì al referendum sulla legge Severino, un amministratore ingiustamente azzoppato e per giunta espressione di un partito formalmente schierato per il no. In un’intervista pubblicata sabato scorso su queste pagine, il dirigente dem Walter Verini aveva chiarito come il Nazareno non sia una «caserma». E ha così legittimato posizioni divergenti dalla linea ufficiale. E l’ex sindaco di Lodi è stato efficacissimo: oggi andavano appunto presentate le posizioni sul quesito 1, che punta ad abrogare la Severino, e Uggetti ha potuto parlare, diciamo così, per esperienza diretta: «È giusto essere severi con coloro che amministrano la cosa pubblica», ha ricordato, «ma nei loro confronti devono esserci ragioni di certezza, non una sentenza di primo grado. Non può essere cancellato così un mandato conferito dagli elettori». Nella sequenza di interventi registrati ha colpito pure la presenza di una figura simbolo della magistratura italiana come Armando Spataro, intervenuto in rappresentanza del comitato per il no, ma anche quella del responsabile Giustizia di FdI Andrea Delmastro, che fa pesare persino oltre il prevedibile l’ostilità del partito di Meloni al referendum sulla Severino (mentre dovrebbe intervenire per il sì sulle tre proposte abrogative riguardanti i magistrati). Ma soprattutto ha lasciato una notevole impressione il messaggio autogestito dall’Organismo congressuale forense, a propria volta ammesso (dalla Vigilanza Rai ma anche dall’Agcom) tra i soggetti titolati a lanciare appelli sui quesiti al pari di partiti — ieri mattina su Rai 3 e nel pomeriggio su Radio 1 sono intervenuti pure, per il sì, Jacopo Morrone della Lega ed Enzo Maraio del Partito socialista, ma anche, a sostegno del no, Maurizio Acerbo di Rifondazione. A parlare per gli avvocati è stato Vinicio Nardo, componente dell’Ufficio di coordinamento Ocf, oltre che presidente dell’Ordine di Milano. Ha usato parole chiare e soprattutto misurate, si è distinto per moderazione, ragionevolezza degli argomenti, per una difesa della «presunzione di non colpevolezza» ancorata ai «tanti processi che finiscono nel nulla». Da avvocato, da uomo che ha esperienza delle aule di tribunale. Senza mostrarsi pregiudizialmente schierato con un fronte “politico”. E questa novità delle “tribune” aperte agli avvocati, novità preziosa e ricca di spunti per il futuro, non può che accrescere il rammarico per quel rischio che l’informazione sui referendum resti ingabbiata negli orari improbabili dell’esordio di ieri.