UNO. Alla fine il bilancio potrebbe essere sorprendente. Putin, paradossi della storia, potrebbe diventare l’uomo che ha fatto capire all’Europa il valore strategico della propria unità al di là di furbizie e indolenze. Dal dittatore russo potrebbe venire, come sta venendo, una spinta potente per correggere, con una velocità prima impensabile, i ritardi nella costruzione unitaria dell’Ue. Ritardi che infragiliscono il Vecchio continente impedendogli di contribuire alla definizione di un mondo meno debole e rischioso. Che l’assalto all’Ucraina da parte di Putin sia stato costruito e programmato sulla convinzione del cedimento e dell’impotenza dell’Europa, più che un sospetto è una certezza.

Ma l’aggressione ha fatto rapidamente crescere fenomeni opposti alle aspettative del dittatore russo. A due mesi e passa dall’invasione gli eventi continuano a muoversi verso soluzioni radicalmente diverse da quelle che le strutture strategiche della Russia ( e l’universo putinista sparso in Europa, e – forse - sovra rappresentato in Italia) avevano immaginato. Sarebbe falso sostenere che già oggi l’Europa, grazie alla guerra di Putin, pensa e agisce come un’unica grande nazione. Ma una parte fondamentale, a partire da Francia Germania, Italia e Spagna si son messe alle spalle il culto delle differenze per raggiungere obiettivi comuni.

DUE. Se invece della resistenza di Zelensky le truppe russe fossero state accolte da masse festanti di ucraini e fiori lanciati sui carri armati e i soldati del vecchio lottatore di judo, la storia sarebbe stata un’altra. In Francia, nei giorni successivi, Marine Le Pen avrebbe stravinto sotterrando sotto una valanga di voti il giovane Macron cassandolo dalla vita politica. E la vittoria della Le Pen, con la pretesa di far contare di più le leggi francesi rispetto quelle europee, avrebbe cancellato per chissà quanti decenni l’Europa di Monnet e Schuman, Spinelli e De Gasperi, Adenauer e Spaak. Intanto, Draghi sarebbe stato costretto a dimettersi quasi in tempo reale sotto l’urto congiunto di Salvini (che ha sostenuto in modo sfegatato la signora Marine) e Conte, aiutati dalla Meloni e dai putinisti da noi più numerosi che altrove. Olaf Scholz, eletto in Germania, ma isolato senza Francia e Italia, non avrebbe saputo che pesci prendere. Invece lo scenario ora è diverso.

La vecchia Europa dà segni anomali e contrari rispetto al suo passato e alle debolezze che l’accompagnano da decenni. Diversamente dalle vecchie dicerie è l’Europa a sorprendere. Tiene i nervi saldi e spiega a tutti, americani compresi, come bisogna fare per non impantanarsi. Com’è meglio muoversi per proteggere l’Ucraina. Come spingere verso una realtà diversa da quella raccontata da Tacito: hanno costruito un deserto e l’hanno chiamato pace. Macron s’è impegnato fin dall’inizio, occupandosi più di Ucraina che dello scontro elettorale contro la signora Le Pen, per spiegare a Putin che tutta l’Europa si sarebbe impegnata nella difesa dell’Ucraina anche fornendole le armi necessarie per difendersi. Ore intere al telefono con Putin per fargli capire come stavano le cose. Ma Putin come la gran parte dei dittatori, avendo perduto il contatto con la realtà, non gli ha dato retta. Ora, il presidente francese sta parlando molto con la Cina con l’obiettivo di farle contenere l’aggressività della Russia.

Intanto Draghi (impossibile non immaginare un piano di lavoro europeo concordato) s’è immediatamente messo in viaggio per allentare la minaccia della chiusura dei rubinetti russi del gas come reazione alle sanzioni decise dall’Ue contro la Russia. E sta lavorando allo sblocco dei porti ucraini per fermare il rischio di una crisi alimentare che condannerebbe alla morte per fame milioni di africani, mentre altri milioni s’ammasserebbero alle frontiere europee aggravando la situazione nel Vecchio continente. Ed è toccato al premier italiano volare in America per spiegare a Biden che bisogna lavorare in modo urgente per la pace in Ucraina ancor prima e di più che lavorare per la sconfitta di Putin. Mentre dalla Germania di Scholz arrivano segnali di un progressivo scioglimento delle difficoltà che la costruzione della pace europea incontra.

TRE. Macron, Scholz, Draghi sono la nuova Europa che ha svoltato consapevole di non potersi fermare a metà strada. L’Europa che emerge dal Covid e dalla guerra. Non è un caso se i tre paesi e la Spagna spingono per far saltare l’obbligo dell’unanimità su tutte le decisioni dell’Unione europea. Una prassi paralizzante che frena le potenzialità europee e che, per esempio, fa spendere alle nazioni dell’Ue quattro volte di più della Russia per la propria sicurezza. Come far saltare il vincolo paralizzante dell’unanimità l’ha spiegato Macron a Strasburgo proponendo un’articolazione volontaria per dar vita a una cooperazione rafforzata tra i paesi che liberamente fanno questa scelta perché già in grado di farla. Né più né meno di quanto accaduto a Maastricht nel 1991 per far nascere l’Euro con una decisione che inizialmente fu soltanto di dodici nazioni via via cresciute fino alle attuali 19 ( su 27).

Insomma, l’Europa cammina. Ed è in questo quadro che, per la prima volta nella storia contemporanea, i giornali di tutto il mondo anziché chiedersi cosa abbia detto il presidente Usa al suo ospite europeo Draghi, hanno cercato di capire cosa avesse detto lo statista europeo all’alleato Usa.