«Sono appena cascati quattro missili e sono finiti a sud della città. Ho sentito i botti della contraerea. Il rumore è inconfondibile. L’obiettivo dei russi è stato questa volta probabilmente un piccolo aerodromo da rendere inservibile». Questa è la testimonianza diretta di Ugo Poletti, direttore del “The Odessa Journal” (www. odessa- journal. com), che racconta al Dubbio quanto sta accadendo nella città sul Mar Nero, porto strategico per l’Ucraina ( e per la Russia, in caso di conquista).

Direttore Poletti, com’è la situazione ad Odessa?

È di nuovo preoccupante per i media italiani ed internazionali. In verità questa città è sotto attacco dall’inizio della guerra. Per noi la guerra non è mai finita. Ha avuto degli alti e dei bassi. Massima allerta e massima tensione nel primo mese di guerra, perché su Odessa incombeva la minaccia di un eventuale, anche se molto improbabile, sbarco dal mare. Ma, soprattutto, c’era la minaccia di un attacco da terra. Dopo il primo mese di guerra, queste due minacce si sono affievolite. Quella dal mare, in maniera quasi definitiva, con l’affondamento dell’incrociatore Moskva. Occorre ricordare che sei importanti navi russe sono state messe fuori combattimento. Anche la minaccia dell’attacco da terra è stata ridimensionata. L’esercito russo, dopo aspri combattimenti, si è ritirato in una zona vicino a Kherson. La minaccia diretta al momento non c’è, ma continuano gli attacchi missilistici per tenere la città sotto pressione. I rifugi ad Odessa sono pochi e, mancando la metropolitana, si riduce il numero dei cittadini da poter mettere in salvo.

Nella parata del 9 maggio Putin è stato meno aggressivo rispetto a quanto si prevedeva. Non ha parlato di guerra totale. È credibile?

È comunque la conferma che Putin non si vuole fermare. Questo in perfetto stile con i dittatori del passato. Anche Hitler aveva ricevuto delle concessioni. Pensiamo alla questione dei Sudeti e alle concessioni ricevute dall’Inghilterra e dalla Francia, ma questo non è bastato. Se un dittatore riceve delle concessioni, si sente forte per continuare a spingere. A fronte di questo atteggiamento, l’unica possibilità è che sul campo di battaglia i russi vengano fermati. Solo con la forza Putin si rassegnerà a smettere di attaccare. Questa situazione ripropone il tema dell’appoggio dei Paesi europei, Italia compresa, allo sforzo di difesa ucraino.

I russi considerano strategica Odessa solo per lo sbocco sul Mar Nero?

Odessa probabilmente è l’obiettivo più importante di questa guerra. Più ancora di Kiev. La capitale era il primo obiettivo per una occupazione temporanea e l’insediamento di un governo. L’annessione russa di Kiev, per creare una Ucraina controllata politicamente, era ed è fuori dalla realtà. Odessa, invece, è un obiettivo ancora accarezzato, perché farebbe fare un salto di qualità nei rapporti di potere con il mondo. La conquista di Odessa chiuderebbe a favore della Russia tutto il Mar Nero con conseguente perdita da parte dell’Ucraina della costa. Odessa con la sua regione, che comprende altri sette porti, è il cancello delle esportazioni. La ricchezza dell’Ucraina passa tutta da qui. Controllare Odessa sarebbe una conquista rilevante. Ma poi vi è una ragione storico- culturale. Odessa è per i russi un gioiello perduto. Qui hanno vissuto e sono nati molti scrittori, pittori, musicisti sia russi che sovietici. Odessa è una città rimasta nel cuore dei russi, che secondo il loro punto di vista gli appartiene.

Zelensky sarebbe davvero disponibile a non avere più rivendicazioni sulla Crimea?

Ha messo come esca per un negoziato il fatto che gli ucraini non si fanno illusioni per il recupero di quella terra. Temo, però, che non sia sufficiente per fare abboccare lo squalo Putin. La Russia è già fortemente convinta che la Crimea le appartenga. Dare una cosa ad uno che ne è già in possesso non è una grande apertura. È comunque un segnale sulla disponibilità per un negoziato. Fino a ieri, parlare di restituzione della Crimea rappresentava un tabù. Il fatto che Zelensky lo dica è un messaggio per il suo popolo. Si invita a ragionare in maniera realistica su quello che è possibile tenere e su quello che è possibile cedere.

Nei giorni scorsi nel programma di Rete4, “Zona Bianca”, è stato intervistato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. In Italia, con non poca ipocrisia, qualcuno ha detto che non va data la parola al cerchio magico di Putin. Cosa ne pensa?

Dissento da chi afferma che la parola non debba essere data. Anzi, ritengo che sia molto utile far parlare anche chi usa le parole come pietre, come ha fatto Lavrov, perché ci dà la possibilità di valutare e giudicare ancora meglio quanto si dice. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo sono sconcertanti. Allo stesso tempo ci permettono di conoscere il livello della posizione ufficiale del vertice della Federazione Russa. L’intervista è stata utilissima perché ha fatto conoscere il modo di pensare di certi personaggi e indebolisce ancora di più coloro che attribuiscono delle intenzioni quasi giustificabili rispetto all’aggressione in Ucraina. Sono favorevole anche a far parlare i giornalisti russi vicini a Putin. Più negano la realtà, più dicono cose assurde, più capiamo con chi abbiamo a che fare.

La guerra durerà ancora a lungo?

Putin e il governo della Federazione Russa non si accontentano di qualche bocconcino. Hanno fatto la guerra e devono dimostrare al mondo la loro forza. Non ci sono le condizioni affinché Putin si fermi nell’immediato. Credo al tempo stesso che i russi, per una questione di risorse interne ed internazionali, non potranno proseguire la guerra. Le sanzioni fra qualche mese faranno sentire i loro effetti.