All’inizio sembrava solo idiozia pura. Quella che cancellava i corsi universitari su Dostoevskij, quella che espelleva dai tornei atleti indisponibili all’abiura del regime, quella che escludeva i gatti russi dalle competizioni feline internazionali. Ma col passare delle settimane l’idiozia si è rivelata una smania paradossalmente putianiana, portata avanti dagli anti putiniani più convinti, tendente a schiacciare ogni punto di vista dissonante non con la forza delle argomentazioni – che di certo non mancherebbero – ma con quella dell’imperio, del “taci, il nemico ti ascolta”.
Così, con l’elmetto in testa, schiere di censori democratici marciano per la campagna di Russia fissando paletti al pluralismo, stilando liste di giornalisti e intellettuali apostati, mettendo bocca sui palinsesti televisivi. Fino a considerare possibile (al momento non c’è nulla di ufficiale) la chiusura di un programma del servizio pubblico, Cartabianca, condotto da Bianca Berlinguer, finito nel mirino del politicamente corretto dal giorno dell’invasione russa in Ucraina. Troppi ospiti non graditi a chi gira in tasca con verità preconfezionate e inscalfibili: dal professore “non allineato” Alessandro Orsini, in realtà così supponente ed egocentrato dal servire meglio di chiunque altro la causa ucraina e atlantista, alla giornalista della tv russa Zvezda Nadana Fridrikhson, liquidata come «spia» senza alcuna prova.
Ma in epoca di guerra non c’è tempo per le prove e le “liturgie democratiche”, le bocche prima si tappano e poi, solo poi, si ragionerà sulla libertà. Uno schema già visto con la pandemia, dove la ridicolizzazione di qualsiasi legittima perplessità ha dato la stura ai complottismi dei terrapiattisti della peggior specie, che sembra ripetersi adesso, con la guerra, in cui appena avanzi un dubbio vieni iscritto d’ufficio all’elenco degli amici del mostro. Funziona così il “putinismo democratico”. E non ammette eresie.
Lo strano putinismo degli antiputiniani mette nel mirino Cartabianca
All’inizio sembrava solo idiozia pura. Quella che cancellava i corsi universitari su Dostoevskij, quella che espelleva dai tornei atleti indisponibili all’abiura del regime, quella che escludeva i gatti russi dalle competizioni feline internazionali. Ma col passare delle settimane l’idiozia si è rivelata una smania paradossalmente putianiana, portata avanti dagli anti putiniani più convinti, tendente a schiacciare ogni punto di vista dissonante non con la forza delle argomentazioni – che di certo non mancherebbero – ma con quella dell’imperio, del “taci, il nemico ti ascolta”.
Così, con l’elmetto in testa, schiere di censori democratici marciano per la campagna di Russia fissando paletti al pluralismo, stilando liste di giornalisti e intellettuali apostati, mettendo bocca sui palinsesti televisivi. Fino a considerare possibile (al momento non c’è nulla di ufficiale) la chiusura di un programma del servizio pubblico, Cartabianca, condotto da Bianca Berlinguer, finito nel mirino del politicamente corretto dal giorno dell’invasione russa in Ucraina. Troppi ospiti non graditi a chi gira in tasca con verità preconfezionate e inscalfibili: dal professore “non allineato” Alessandro Orsini, in realtà così supponente ed egocentrato dal servire meglio di chiunque altro la causa ucraina e atlantista, alla giornalista della tv russa Zvezda Nadana Fridrikhson, liquidata come «spia» senza alcuna prova.
Ma in epoca di guerra non c’è tempo per le prove e le “liturgie democratiche”, le bocche prima si tappano e poi, solo poi, si ragionerà sulla libertà. Uno schema già visto con la pandemia, dove la ridicolizzazione di qualsiasi legittima perplessità ha dato la stura ai complottismi dei terrapiattisti della peggior specie, che sembra ripetersi adesso, con la guerra, in cui appena avanzi un dubbio vieni iscritto d’ufficio all’elenco degli amici del mostro. Funziona così il “putinismo democratico”. E non ammette eresie.
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