Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica a Bologna, spiega che «Letta ha avuto bisogno dei Cinque Stelle ma loro potrebbero anche scegliere di tornare con Salvini» ma tutto dipenderà dalla legge elettorale. «Se ci fosse una legge elettorale proporzionale ciascuno correrà da solo e le alleanze si faranno dopo», commenta. Sulla guerra è netto: «Sono contento che Papa Francesco cerchi di diventare un mediatore, ma è difficile esserlo quando dall’altra parte c’è una chiesa comandata da un chierichetto del regime».

Professor Pasquino, crede che i malumori nel Movimento 5 Stelle porteranno a una crisi di governo nelle prossime settimane?

I Cinque Stelle rimarranno al governo perché non hanno niente di meglio. Ma è come se non fossero già più al governo. Hanno dimostrato di non sapere governare e che il loro programma conteneva un sacco di contraddizioni. Conte guida queste contraddizioni e sta cercando di recuperare qualcuno che se ne è andato. Quindi deve essere un po’ più di lotta e meno di governo ma nessuno può pensare di fare una crisi in questo momento.

Queste contraddizioni potrebbero mettere a repentaglio l’alleanza con il Pd?

L’alleanza è sempre stata molto problematica. Letta ha avuto bisogno dei Cinque Stelle ma loro potrebbero anche scegliere di tornare con Salvini, che però in questo momento è in declino. Ma di tutto questo non parlerei finché non si avrà un orizzonte più chiaro sulla legge elettorale.

Pensa a un ritorno al proporzionale?

Se ci sarà una legge elettorale proporzionale ciascuno correrà da solo e le alleanze si faranno dopo. Bisogna però aspettare di vedere cosa faranno. Mi auguro si arrivi a un proporzionale senza pasticci e stupide clausolette. Poi si conteranno voti e seggi.

È proprio convinto che questa legge elettorale verrà cambiata?

Può darsi anche che non riescano a cambiarla ma qualcosa hanno già fatto. Cioè hanno trovato il modo di usare la stessa legge cambiando i collegi, visto che sono stati ridotti i parlamentari. Non so se questo basterà a incoraggiare l’alleanza tra Cinque stelle e Pd ma c’è un 30 per cento di possibilità che la legge rimanga la stessa.

Crede che dalla legge elettorale passerà anche il futuro della coalizione di centrodestra?

Solo in parte, perché quel che è certo è che c’è una frattura chiara tra Meloni, Salvini e Berlusconi. Sto parlando delle questioni europee e internazionali. Per molte ragioni, alcune buone altre meno, Berlusconi e Tajani sono costretti a essere europeisti. Per altrettante ragioni, meno buone, Salvini e Meloni sono apertamente sovranisti. Soltanto che Salvini deve barcamenarsi tra due fuochi, visto che è al governo, mentre Meloni ha mani libere. Per questo dico che potranno anche trovare un accordo ma non troveranno la compattezza che chiedono gli elettori di centrodestra.

Una delle differenze più evidenti è il dichiarato atlantismo di Meloni e Berlusconi e l’ambiguità di Salvini. Sarà questo a fare la differenza?

Certamente il filoatlantismo è uno dei punti di forza della Meloni. È riuscita a dichiararsi tale senza diventare troppo europeista e nel centrodestra questa è la posizione migliore. Perché non deve far dimenticare nessuna sua dichiarazione avventata nei confronti di Putin, come nel caso di Salvini e Berlusconi, e quindi viaggia in un binario di sufficiente coerenza. Gli altri hanno tutti qualcosa da farsi perdonare.

Anche nel centrosinistra c’è molta dialettica, con Conte che sembra voler strappare a Letta temi storicamente di sinistra, come il pacifismo. Ci riuscirà?

Vedo che nei sondaggi Letta tiene. È quello che ha la posizione più coerente. È la stessa posizione dell’Europa e quindi non ha bisogno di nessuna giustificazione. Sono gli altri che devono fare i conti con la situazione internazionale. Conte è ambiguo, così come lo è una parte della sinistra che è pacifista per ragioni sbagliate e non sa neanche declinare il pacifismo, finendo per sembrare pro Russia e pro Putin. L’unico che mantiene una posizione decente è lo stesso Letta.

A proposito di guerra, che idea si è fatto sulle continue polemiche nella comunicazione, in Italia e non solo?

Dovremmo partire da una posizione inoppugnabile. Si tratta di un’aggressione russa all’Ucraina. E il Papa non può dire che la Nato abbaiava dimenticando che Putin è un cane che morde. Se anche il cane abbaia, ci si può allontanare o comunque prendere provvedimenti, ma se morde bisogna difendersi per forza di cose. Sulla questione dei talk penso che gli ospiti abbiano spesso posizioni ideologiche e quindi non dovrebbero essere coccolati come accade quasi sempre.

Ha criticato le parole del Papa, dunque non crede che quella vaticana potrebbe essere la strada giusta per una mediazione? Sono contento che Papa Francesco cerchi di diventare un mediatore, ma è difficile esserlo quando dall’altra parte c’è una chiesa comandata da un chierichetto del regime. Come si fa a mediare se si ha una posizione che, giustamente, critica di petto quello che la chiesa ortodossa sta facendo, che ovviamente è drammatico? Se poi riesce a mediare sono contento, se invece mi chiede se questa mediazione porterà a un risultato le rispondo che non sono convinto. Il giusto mediatore potrebbe essere l’Onu, ma Putin ha maltrattato Guterres. Poteva esserlo anche Erdogan, ma è sparito.

Il prossimo viaggio di Draghi a Washington rinsalderà l’amicizia tra Italia e Usa o pensa potrebbe creare qualche grana a Draghi, vista la presenza nel governo di Lega e M5S?

Sbagliamo a pensare che ci sia una ritrovata amicizia tra Italia e Stati Uniti. L’atlantismo è irrinunciabile per l’Italia e per l’Europa democratica. C’è un strada tracciata e di volta in volta facciamo i conti con le posizioni dei presidenti americani, ma l’amicizia è sempre rimasta solida. Draghi mi sembra abbia preso una posizione giusta sia rispetto alla guerra, utilizzando aggettivi non da lui ma che condivido, sia nei confronti degli Stati Uniti, mettendo dei paletti che credo Biden rispetterà.