Su un lato della barricata Enrico Letta, deciso a difendere col proprio corpo la linea Draghi, sull’altro Giuseppe Conte pronto ad assaltare il governo di cui pure il suo partito fa parte. Così i due alleati in potenza si ritrovano a combattersi sul campo. Senza mai scontrarsi direttamente, ma indicando alle proprie truppe rotte opposte. Perché se il Pd ha scelto di essere il partito più draghiano dell’arco parlamentare, il Movimento 5 Stelle non fa altro che stuzzicare quotidianamente l’ex numero uno della Bce. Sulla guerra, sulle armi a Kiev, sul lavoro, sul welfare, sull’energia: non c’è questione su cui Conte non abbia qualcosa da rimproverare all’esecutivo. Con un’aggravante, almeno agli occhi di Letta, che su certi temi “sensibili” i grillini si son messi a fare concorrenza da sinistra ai dem.

È sulla crisi ucraina che si registrano le maggiori fibrillazioni tra i due partiti. L’avvocato ha scelto di imboccare la via del pacifismo, che, combinato allo scetticismo sulla strategia seguita fino ad ora dalla Nato, va a toccare alcuni nervi scoperti del Pd, consapevole della sensibilità di una parte del proprio elettorato a certe argomentazioni. «Noi non abbiamo girato la testa dall’altra parte. Giustifichiamo gli aiuti, anche militari, all’Ucraina, ma nel quadro dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che significa una cosa ben precisa: legittimità nel difendersi non nel contrattaccare», continua a ripetere Giuseppe Conte, chiedendo al premier e al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, di riferire in Parlamento sugli aiuti militari forniti dal nostro paese a Kiev. «Siamo assolutamente contrari a una escalation militare che porterebbe ulteriori sofferenze e carneficine. Siamo quindi contrari ad armamenti sempre più letali. Per intenderci, carri armati non ne vogliamo inviare», dice senza mezze misure il leader del Movimento, preoccupato da una possibile controffensiva ucraina su territorio russo e dal ruolo passivo dell’Italia, definita «spettatrice interessata», nei consessi internazionali.

Una posizione così netta, e così critica, nei confronti del governo che costringe Letta a controbattere a distanza, lanciando un messaggio altrettanto chiaro al proprio alleato: «Io mi fido delle decisioni che prenderà il governo. Ha dimostrato grande equilibrio», dice il segretario Pd. Il presidente del Consiglio «ha rappresentato bene l’approccio del nostro Paese e il sentimento di preoccupazione degli italiani», aggiunge il numero uno del Nazareno, convinto che che tutti dovrebbero sostenere un esecutivo che ha dimostrato «di non essere su posizioni estremiste». «Questo è il momento in cui l’obiettivo è fare bene, non prendere un voto in più», sottolinea Letta, lanciando la stoccata più dura Conte.

Così il “campo largo” si restringe ogni giorno di più, colpito anche dalle picconate delle formazioni più piccole, Italia viva e Azione, da sempre sostenitrici di un’alleanza senza grillini. Ma più le differenze irritano Letta, più Conte sembra prenderci gusto. E dopo la guerra, sceglie i temi sociali per far concorrenza al maggior partito della sinistra. «Bisogna detassare subito gli aumenti nelle buste paga dei lavoratori», dice il leader 5S a un convegno organizzato dalla Uil sul pensiero di Giuseppe Mazzini. «Non possiamo permetterci un paese in cui si paga un lavoratore tre o quattro euro l’ora. Il divario con gli altri paesi è notevole, in alcuni casi hanno alzato la soglia del salario minimo, noi non ce l’abbiamo». E ancora: «Al governo stiamo chiedendo più coraggio», per andare incontro alle famiglie e alle imprese in difficoltà. «Chiediamo al governo di intervenire oggi, perché oggi noi tocchiamo con mano la difficoltà nel reperimento di materie prime, i rincari delle bollette, la perdita del potere di acquisto. Se si interviene più tardi si interviene male».

E su eventuali problemi di spread nel caso di un nuovo scostamento di bilancio, l’ex premier osserva: «Noi al governo abbiamo lasciato lo spread molto più basso di adesso dopo cinque variazioni di bilancio», insiste Conte, obbligando Letta a dire la sua. «Noi chiediamo al governo un intervento choc in grado di abbassare il grado di difficoltà, la “febbre” che stiamo vivendo», dice il segretario dem. Stiamo entrando in un periodo di recessione economica «se non compiamo subito dei gesti che sino in rado di evitarla». Dunque anche il Pd avanza le sue richieste all’esecutivo: «Un assegno energia per le famiglie e interventi che impediscano alle imprese di chiudere e licenziare», spiega Letta. Lo dico anche perché se non interverremo al più presto, l’incendio divamperà e i costi dei danni saranno molto maggiori rispetto al costo odierno per evitarlo».

E intanto la competizione con Conte prosegue.