Sospensione del procedimento a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni. È quanto disposto dal gup di Roma dopo le comunicazioni arrivate sia dal ministero della Giustizia, sia dai carabinieri del Ros, in merito al rifiuto delle autorità egiziane ad una collaborazione con l’Italia. Secondo il giudice è un dato di fatto il rifiuto dell’Egitto di collaborare e sono pretestuose le argomentazioni della Procura generale del Cairo. Il giudice ha disposto nuove ricerche degli imputati affidate al Ros e ha rinviato il processo al prossimo 10 ottobre: in quell’occasione verrà sentito anche il capo dipartimento Affari di giustizia del ministero Nicola Russo sugli eventuali sviluppi dopo la nota inviata alle autorità egiziane in seguito all’incontro del 15 marzo scorso.

La nota di Via Arenula

Dopo l'annullamento del processo a ottobre 2021, lo scorso gennaio il giudice aveva chiesto al governo italiano di verificare la possibilità di una «interlocuzione» con le autorità del Cairo. E nella nota inviata al gup di Roma in occasione della nuova udienza preliminare, il ministero della Giustizia ha sottolineato il «rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti» con l’Italia così come il no ad un incontro tra il ministro Marta Cartabia e il suo omologo egiziano. Lo scorso 15 marzo il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si è recato in Egitto per un incontro e in quell’occasione gli è stato comunicato che la competenza è della Procura Generale che considera chiuso il caso Regeni e che non è possibile andare avanti con ulteriori indagini sui quattro indagati in Italia. I carabinieri del Ros inoltre, ai quali erano state affidate nuove ricerche sul domicilio degli indagati, hanno fatto sapere di essere riusciti ad acquisire solo l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro 007 egiziani e non il domicilio, necessario per il codice di procedura internazionale.

La legale della famiglia Regeni: «Il Cairo si beffa di noi»

«Prendiamo atto dei tentativi falliti del ministero della Giustizia di ottenere concreta collaborazione da parte delle autorità egiziane e siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura del regime di Al Sisi che continua a farsi beffe delle nostre istituzioni e del nostro sistema di diritto», commenta l’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, al termine dell’udienza. «Chiediamo che il presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati dal presidente Al Sisi e ci consenta lo svolgimento del processo per ottenere giustizia riguardo il sequestro le torture e l’omicidio di Giulio», prosegue la legale. «La lesione della tutela della vita, della libertà e dell’integrità dei cittadini all’estero, come la presidenza del Consiglio Ricorda nel suo atto di costituzione di parte civile, costituisce grave pregiudizio dell’immagine e del prestigio dello Stato Italiano nella sua funzione di protezione dei propri cittadini - aggiunge -. Quindi, visto il conclamato ostruzionismo, egiziano pretendiamo da parte del nostro governo la necessaria, tempestiva e proporzionata reazione. Stare inermi ora, permettere al regime di Al Sisi di bloccare questo processo faticosamente istruito, consentirebbe l’impunità degli assassini di Giulio ed equivarrebbe ad essere loro complici. Il nostro governo ha il dovere invece di esigere energicamente giustizia».