Lo scorso 16 marzo è stata richiamata l’attenzione, con una conferenza stampa del Pd, sul progetto di legge AC 1823, presentato nel 2019 dai parlamentari Debora Serracchiani e Antonio Viscomi, che ha per oggetto l’integrazione dell’art. 18 del Dl 98/ 2011 con una disposizione in cui si prevede che non possano essere iscritti presso la gestione separata dell’Inps i liberi professionisti con propria cassa di previdenza, con riferimento ai redditi percepiti a seguito dell’esercizio dell’attività prevista dal proprio albo professionale.

La proposta di legge si è resa necessaria, come affermano i suoi proponenti, in quanto, per effetto di disposizioni statutarie o regolamentari di alcuni casse, era consentito per alcune attività il mancato versamento della contribuzione, con la conseguenza che l’Inps, nel suo sforzo di contrasto all’evasione contributiva, ha ritenuto di contestare, ai professionisti che si trovavano in quelle situazioni d’eccezione, il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata. Secondo i primi firmatari dell’AC 1823, l’Inps non ha il potere di iscrivere d’ufficio, nella propria gestione separata appunto, i professionisti appartenenti a categorie con una propria cassa, e per questo hanno ritenuto necessario inserire un’ulteriore disposizione, sempre nel comma 12 dell’art. 18 del Dl 98/ 2011.

Il problema sollevato dal progetto di legge è reale per il mondo dei professionisti, come spiega Valter Militi, presidente di Cassa Forense: «Dato che fino al 2013 non era obbligatorio per gli avvocati essere iscritti alla Cassa, essendo tale obbligo vigente dal 2014 per effetto della legge 247/ 2012, sono migliaia i professionisti che versavano alla gestione separata Inps, e questa circostanza ha determinato una problematica non considerata dalla proposta di legge AC 1823, e, a quanto mi risulta, né da alcun altra proposta normativa, ovvero il fatto che allo stato attuale non è possibile effettuare la ricongiunzione dei versamenti presso la gestione separata con quelli che si trovano nella Cassa forense, ma solo il loro cumulo».

Il cumulo non sposta la contribuzione da un istituto previdenziale all'altro, pertanto il beneficiario otterrà una pensione unica composta da due o più quote, quanti sono gli istituti previdenziali coinvolti, con la specificazione che ciascun ente liquiderà la propria quota con le proprie regole. La ricongiunzione, invece, consente di trasferire la retribuzione nella gestione principale, il cui ente provvederà a calcolare la pensione con le proprie regole, anche per i contributi versati altrove. Nel caso di Cassa forense, come spiega il sito dell’istituto, la ricongiunzione può essere esercitata una sola volta ai fini del conseguimento del diritto e della misura a un’unica pensione, ed essa riguarda l’intero periodo di contribuzione maturato presso altre gestioni previdenziali, relativamente a rapporti assicurativi non più in atto al momento della presentazione della domanda di ricongiunzione.

La questione della ricongiunzione di versamenti presso diversi enti non può però essere sottovalutata, per Militi: «Ben venga la conferma che vi sia incompatibilità tra iscrizione nelle Casse professionali e gestione separata Inps per il futuro, ma certo sarebbe opportuno risolvere legislativamente i problemi ereditati dal passato, consentendo quindi la possibilità di ricongiunzione dei contributi versati alla gestione separata Inps, così come ad altre gestioni, con quelli versati alla Cassa forense».