Nicolai Lilin ha le idee molto chiare ma non ama le semplificazioni. Per lui, scrittore italiano di origini russe, e autore tra gli altri del libro “Putin. L’ultimo Zar” (Piemme), dietro le analisi del conflitto in Ucraina c’è innanzitutto un grosso equivoco. Un «inganno», per citare le sue parole, che ha impedito all’Occidente di prestare l’orecchio alla Russia prima, e ora, ora che è troppo tardi, di comprendere davvero chi abbiamo davanti: «Putin non è affatto un folle, la sua strategia è lucidissima - spiega al Dubbio -. È un uomo di 70 anni che vive solo con un’idea: passare alla storia come colui che ha ripristinato l’Impero russo. Questa è la tragedia».

E cosa ha in mente per l’Ucraina?

Ciò che che aveva in mente lo ha detto chiaramente per anni. Il problema è che noi occidentali abbiamo fatto fatica a interpretare i suoi messaggi, anzi spesso siamo stati sordi e miopi perché era comodo trovarsi nella situazione in cui eravamo: ci era comodo consumare l’energia russa, avere qui gli oligarchi russi e i loro investimenti. Ma in una tale situazione di dinamicità geopolitica non ci è possibile vivere in uno stallo.

E quali erano i suoi messaggi?

Il suo interesse reale è ricreare l’Impero russo. Già dal 2007, Putin ha iniziato a parlare di un nuovo ordine mondiale e ha invitato gli occidentali a partecipare a questo processo. Si è rivolto soprattutto all’Europa. Ma poi ha capito che insieme all’Occidente non riuscirà a realizzare niente, perché l’Occidente non è voluto entrare in questo processo, né ha voluto risolvere la questione ucraina. Ha capito di essere rimasto solo e ha cominciato a usare le sue ambizioni per conto proprio. Ecco cosa sta avvenendo.

Lei parla di una aspirazione imperialista di Putin: come si declinerà? Ritiene che si accontenterà della Crimea e del Donbass, o vorrà conquistare l’intera Ucraina?

Di certo ha un’aspirazione imperialista, ma ciò non vuol dire che vorrà conquistare l’intero Paese. Vuole legalizzare la Crimea e, a mio avviso, vorrebbe strappare all’Ucraina tutto l’accesso sul Mar Nero, cioè l’area Sud da annettere alla Federazione russa. Per quel che riguarda l’Ucraina centrale, e soprattutto l’Ovest, la presenza militare in quei territori è solo un elemento utile alla trattativa. Anche perché, a livello militare, se avesse voluto veramente conquistare l’intera Ucraina l’avrebbe già rasa al suolo. Non gli abbiamo visto ancora impegnare neanche il 5% della sua potenza. E per fortuna: perché non auguro a nessun popolo di vivere quello che hanno vissuto gli iracheni o i siriani.

Eppure, secondo alcuni, Putin e l’esercito russo starebbero dando segnali di difficoltà di fronte alla resistenza ucraina.

Siamo di fronte a una interpretazione un po’ propagandistica. Da occidentale lo posso capire: si vuole far credere che la Russia sia in difficoltà e che l’Ucraina resista. Ma questa linea narrativa viene promossa soprattutto per far sì che noi cittadini appoggiamo queste vergognose misure da spadaccini e guerrafondai.

Si riferisce all’invio di armi?

Sì, se dobbiamo inviare qualcosa questa è la diplomazia e gli aiuti umanitari. Perché inviando le armi la guerra non può che diventare più lunga e cruenta, moriranno più persone e in più tempo. Da militare che ha vissuto la seconda campagna cecena, che ha visto come si radono al suolo le città, e cosa può fare un reparto congiunto di artiglieria, forze missilistiche e bombardamenti aerei, ecco vi assicuro che se Putin avesse applicato la stessa strategia che ha applicato in Cecenia, oggi Kiev non esisterebbe più.

Quindi qual è la sua strategia?

Muoversi con lentezza. Sta perdendo tanti uomini, certo, ma se ne sbatte, perché è un dittatore. È una persona che a 70 anni vive solo con un’idea: passare alla storia come colui che ha ripristinato l’Impero russo. Questa è la tragedia. A livello strategico, l’invasione è partita con un calcolo di uno a uno, tra le forze russe e le forze di difesa. E questo contraddice ogni metodologia di guerra di invasione.

Non la definirebbe neanche tale?

Assistiamo a un’invasione, certo, perché quando anche solo un soldato calpesta la testa di un paese indipendente è già un’invasione. Ma a livello strategico è atipica. È partito con uno scopo diverso: ripeto, non vuole conquistare tutta l’Ucraina, ma dimostrare che è capace di fare un gesto forte.

Per sedersi al tavolo del negoziato in una posizione di forza?

Secondo me sì. Aspetta la voce dell’Europa perché capisce che non farà mai accordi direttamente con Joe Biden. Il problema che noi dobbiamo mettere in campo è che Putin rappresenta se stesso, è un dittatore autoritario che prende le decisioni da solo per i suoi propri interessi. Non è un fantoccio di qualcuno.

Invece Biden sì?

Biden è un fantoccio nelle mani degli oligarchi americani. E così i politici europei.

Con chi parlerebbe Putin?

Con Angela Merkel. Una donna, perché per lui è molto importante avere una donna forte di fronte e le rispetta. Non si fida degli uomini occidentali. Perciò fatica a trovare un interlocutore ma aspetta di essere interpellato. Perché capisce che questa guerra non potrà durare a lungo.

Cosa crede si aspetti dall’Occidente?

Una consolidazione vera del pensiero politico europeo. Finora ci stiamo muovendo a rimorchio della politica statunitense. Putin sta cercando di capire cosa sceglierà l’Occidente: se morire di freddo ad ottobre, senza gas e luce, oppure se abbandonare l’influenza Usa per riprendere la nostra indipendenza politica e discutere del futuro di quella zona d’Europa. Ma le garanzie, ripeto, non possono arrivare dagli Usa, ma dall’Europa unita, che per ora si comporta in maniera infantile ed è carente di pensiero politico.

Ma dal punto di vista delle sanzioni la risposta dell’Unione Europea è stata compatta.

Parliamone seriamente. L’Europa si è accorta che dietro le montagne Urali c’è la vera Russia? La Russia dispone del mercato asiatico. Ha già 18 trilioni di dollari annui di giro economico solo legato alla Cina. Poi c’è il Pakistan e l’India, che pur essendo storicamente in guerra, hanno assunto una decisione unanime: sono rimasti neutrali.

Neanche gli interessi economici degli oligarchi russi potranno fermare Putin?

Se pensiamo di mettere in ginocchio gli oligarchi russi sbagliamo, perché non abbiamo capito con chi abbiamo a che fare. Mentre per l’oligarca occidentale il potere sta nell’impegno economico, per l’oligarca russo la vera ricchezza non sta nella quantità di soldi che possiede, ma nel permesso che ha dallo zar di utilizzare le risorse naturali. Finché avranno la concessione di estrarre il gas e venderlo da qualche parte, avranno il potere. E su questo dobbiamo riflettere: se non risolveremo questa situazione, noi tutti avremo freddo.

Ci spieghi meglio.

Per il presidente Putin, gli oligarchi russi sono i suoi sudditi, il suo portafogli. Perciò sbagliano coloro che pensano che voglia ricostruire l'Unione Sovietica. Sta ricostruendo l'Impero, con un potere e metodi zaristi. E il metodo di utilizzo delle risorse è zarista, come faceva Pietro il Grande che delegava a chi riteneva degno il potere di estrarre i minerali.

Quindi lei ritiene che le sanzioni non scalfiranno l’economia russa?

Metteranno in difficoltà l'economia reale russa, ci sarà il default, le persone staranno male. Ma questo non farà altro che consolidare l'opinione pubblica attorno a Putin. Che quindi vedrà l’Occidente come il nemico. In questo modo dimostriamo loro di non aver ascoltato i loro problemi. Per anni non siamo voluti intervenire nel Donbass, dove i nazisti ucraini massacravano la popolazione russofona. Ci siamo voltati dall'altra parte. E ora siamo caduti dal pero e bastoniamo il popolo russo.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a proteste di piazza e arresti di massa in Russia. Sembra sollevarsi la voce dei dissidenti. Il consenso di Putin si sta sgretolando?

Parliamo di una popolazione vastissima di 140 milioni di persone. Non possiamo conoscerla guardando le scene di una piazza di Mosca. La piazza casomai è un elemento di una realtà più vasta. Putin è molto sostenuto dalla Russia, seppure c'è una grande cultura del dissenso, come ci raccontano i nostri classici: a partire da Dostoevskij. Insomma, in Russia ci sono i dissidenti e i pacifisti, come in ogni altro paese. Anche noi abbiamo i nostri dissidenti, gli estremisti, i neozanisti, i guerrafondai: fa parte di una grande entità moderna. E la Russia non è diversa.

Lei avverte un clima di “russofobia”, in Italia, come conseguenza al conflitto?

Sì, è un’idiozia totale. E le spiego perché viene applicata.

Prego.

Le forze politiche la promuvono per distogliere la nostra attenzione dalle loro mancanze. Perché se oggi c'è la guerra, è perché l'Europa è mancata all'impegno diplomatico in questi anni. E non ha voluto prestare attenzione, ad esempio, al vasto rapporto di Amnesty che ha denunciato come i battaglioni neonazisti ucraini abbiano massacrato la popolazione.

Parla del battaglione Azov?

Esattamente. Diffondere ora la “russobia” serve a prendere posizione, ma perché non l'abbiamo presa nel 2014, quando i nazisti hanno massacrato i civili? C'è un doppiopesismo. Io la guerra l'ho fatta veramente, la prima a 12 anni. Sono contrario alla guerra, sempre e a ogni costo. Però non c'è mai il bianco e il nero. Se parlo del nazismo in Ucraina, non significa che supporti un'aggressione militare. Semplicemente condivido i motivi di questa guerra che tutti avremmo dovuto vedere. Chi dice che Putin ha invaso l’Ucraina perché è pazzo, diffonde un'opinione degradante. Putin non è pazzo. La tragedia è che lui è molto lucido. Ha una spiegazione “binaria”: quella che dà in pasto al proprio popolo e alla comunità internazionale, e la sua propria ambizione geopolitica. Che avremmo potuto fermare in maniera diplomatica. Ma adesso lui sfrutta questa carta contro di noi.

Quale carta?

Quando dice che vuole denazificare l'Ucraina, ha ragione. I nazisti in Ucraina ci sono, integrati nell'esercito regolare. Dal 2014 si sta sviluppando una modalità nazista, nonostante il presidente Zelensky sia ebreo, e lo spiega anche il direttore generale del Comitato ebraico ucraino Eduard Dolinsky. Gli oppositori, gli intellettuali, chiunque abbia mosso una critica… è stato ammazzato. In questi giorni citiamo Anna Politkovskaja (la giornalista russa di Novaya Gazeta uccisa nel 2006, ndr) ma anche in Ucraina ci sono stati casi del genere.