«Frasi razziste e sessiste sul lavoro? Ci si potrebbe scrivere un libro… Forse non è normale per gli altri, ma lo è per noi. E ora sono riusciti a farmi sentire in colpa per aver avuto un figlio». A parlare è Emma, una delle due avvocate francesi licenziate in tronco dalla società di consulenza EY, ex Ernst & Young, per via della loro gravidanza. Almeno secondo la loro testimonianza, riportata dal quotidiano francese Libération: entrambe le donne sono state licenziate al rientro dal congedo di maternità per «rendimento insufficiente». Una motivazione pretestuosa, secondo le due, che non si danno per vinte e hanno presentato un esposto al Consiglio dell’Ordine di Hauts-de-Seine, l’organismo incaricato di regolare le controversie all’interno della professione. Il caso è anche all’attenzione della procura di Nanterre, presso la quale Emma ha presentato denuncia il 3 marzo 2021. È lei, in particolare, a raccontare di aver lavorato per cinque anni come legale nel reparto finanziario della società, una delle più prestigiose al mondo, e di aver subito mobbing quando era incinta per poi essere messa alla porta. Seppure incontrate separatamente, scrive Libération che ha avviato un’inchiesta, le due professioniste condividono dubbi e preoccupazioni. Ma senza lasciarsi sopraffare, e tenendo a mente ogni dettaglio utile di questa vicenda. «Ci si abitua a tutto - raccontano - anche se è orribile a dirsi..». Mentre la procura di Nanterre, raggiunta dai giornalisti, ha spiegato che «le indagini sono ancora in corso».

«Avvocatura: non è una professione per donne»

Di certo c’è che i due casi non sono isolati. Si può dire che in generale le avvocate in Francia non abbiano vita facile. L’atteggiamento sessista all’interno della professione, le disparità salariali e il mobbing, sono solo alcuni degli ostacoli che le donne devono affrontare ogni giorno. E le cose si complicano proprio quando di mezzo c’è la maternità: secondo il terzo “Barometro dei diritti” pubblicato lo scorso settembre dall’Ordine di Parigi infatti, la gravidanza è il primo motivo di discriminazione per le avvocate della capitale francese. Il sondaggio realizzato dall’istituto MRCC e promosso dal presidente del foro di Parigi Olivier Cousi, analizza le discriminazioni e gli abusi di genere più frequenti e mette a confronto le risposte di mille persone rappresentative della popolazione francese over 18 e di 500 avvocati iscritti all’Ordine. E il risultato non è confortante: Il 50 per cento dei legali intervistati ha dichiarato di aver assistito a discriminazioni basate sulla gravidanza (contro il 21% registrato all’interno della popolazione intervistata), mentre almeno un quarto di loro ritiene che la maternità sia un ostacolo per svolgere la professione. Seguono le discriminazioni legate al genere e all’aspetto per il 42 e il 41 per cento degli intervistati.

La rete delle “mamme alla sbarra”

Proprio per contrastare questo fenomeno diffuso, le professioniste hanno costituito una rete di supporto denominata “mamme alla sbarra”. Scorrendo il loro sito, ci si imbatte subito in una sorta di vademecum messo a disposizione delle associate che debbano richiedere il congedo parentale. Con una sezione dedicata alla disciplina e alla giurisprudenza in materia. La normativa che riguarda le avvocate, in particolare, vieta esplicitamente al proprietario dello studio legale di terminare la collaborazione dopo aver ricevuto notizia della gravidanza, salvo casi particolari. La tutela si estende a tutto il periodo della gravidanza ma anche successivamente, nelle otto settimane che seguono il rientro dell’avvocata presso lo studio legale. Ma accade anche che il contratto venga reciso subito dopo, e per questo la giurisprudenza in materia ha posto una serie di correttivi per evitare ogni forma di discriminazione. «La sensazione di essere discriminati per la propria gravidanza all’interno degli studi legali è straordinariamente significativa se rapportata alla percezione della società generale», ammette il presidente Olivier Cousi. Che assicura di avere a cuore il tema su cui l’Ordine ha deciso di intervenire attraverso diverse iniziative. Uno dei problemi principali riguarda proprio la produttività richiesta alla libera professione. Ma strumenti e soluzioni non mancano. Basterebbe allineare i congedi di paternità e maternità, estendere il welfare, disporre di una squadra di supporto che, all’occasione, possa alleggerire la pressione sull’avvocato in congedo, riducendo al contempo le perdite finanziarie per lo studio legale strozzato dalla corsa al fatturato. «Molti miei colleghi sono convinti che la professione forense, per la pressione che comporta, sia incompatibile con la maternità», scrive Elise Fabing, avvocata specializzata in diritto del lavoro. «Ma la nostra magnifica professione - sottolinea - non può essere portatrice di tali terribili discriminazioni. Anzi, è nostro compito essere d’esempio e garantire pari diritti».