Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato ieri dalla presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2022 della Corte dei conti. Signor Presidente della Repubblica, signor Presidente della Corte, signor Procuratore generale, autorità tutte, Magistrate e Magistrati, Colleghe e Colleghi, desidero rivolgere al Presidente Carlino, a nome mio personale e dei componenti tutti il Consiglio Nazionale Forense, i più sinceri auguri di buon lavoro. Per la Corte dei conti l’anno che ora inizia si presenta come un momento importante della propria storia, una storia che ha accompagnato il nostro Stato fin dalla sua nascita e che è divenuta parte integrante delle garanzie democratiche e della crescita – economica e sociale - della Repubblica. La magistratura contabile è chiamata a mettere a servizio della ripresa – oggi minacciata da eventi internazionali molto gravi e da un aumento del costo dell’energia e delle materie prime imponente – e, in particolare, della realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, le sue funzioni e la sua esperienza. L’azione della Magistratura contabile, in particolare, è essenziale per garantire che la disponibilità delle ingenti risorse europee sia indirizzata, secondo una sana ed efficiente gestione, alla realizzazione dei molteplici e ambiziosi obiettivi strutturali disegnati dal nostro Paese. Il mancato raggiungimento degli obiettivi comporterebbe, come è a tutti noto, gravi ricadute finanziarie, difficilmente affrontabili dalla nostra economia nazionale e probabilmente nemmeno dalla stessa Unione europea. Alla Corte dei conti, in particolare, è attribuito il controllo sulla gestione dei fondi del Pnrr, secondo quanto dispone l’articolo 7, comma 7, del decreto legge n. 77 del 2021, in cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea, e con l’obbligo di riferire al Parlamento almeno semestralmente. Tuttavia, a ben vedere, sono tutte le funzioni di controllo della Corte ad avere ad oggetto, sotto vari profili, l’impiego delle risorse per la ripresa, il che determinerà il coinvolgimento delle diverse Sezioni con uno sforzo sicuramente ampio ed inedito di coordinamento e di riflessione evolutiva del controllo. All’Avvocatura si chiede di assistere le amministrazioni e le imprese nella realizzazione dei progetti e di affiancarle nell’applicazione quotidiana di una normativa sempre più volatile, incerta e imprevedibile, nonostante - o forse proprio anche a seguito - dei continui interventi di “semplificazione”, spesse volte infelici. Nel ribadire l’auspicio di un cambio di passo del nostro ordinamento in termini di qualità normativa, rinnovo convintamente la disponibilità ad operare per raggiungere gli obiettivi di riforma tanto auspicati. Sarebbe molto importante che, specie nel settore del diritto dell’economia, il legislatore si astenesse da interventi di carattere simbolico, o troppo influenzati da esigenze di comunicazione pubblica: la dottrina ha parlato al riguardo di “norme bandiera”, cioè di disposizioni molto “visibili” e mediaticamente spendibili, ma assai poco pertinenti e spesso del tutto inidonee alla risoluzione delle problematiche che dovrebbero affrontare. L’esigenza di dare ai mercati e all’opinione pubblica messaggi ottimistici e buoni propositi non può prevaricare le esigenze di una “buona regolazione”, cioè di una regolazione chiara, comprensibile, facilmente applicabile dalle persone e dalle imprese. La Corte svolge la richiamata funzione di tutela del più efficiente impiego dei fondi del Pnrr e della garanzia del rispetto degli interessi finanziari dell’Unione anche attraverso la giurisdizione, che, da tempo, opera in modo sempre più incisivo con riferimento alle responsabilità per condotte di sviamento di fondi per finalità diverse da quelle previste nei progetti alla base dei finanziamenti. Del resto, la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione contabile anche nei confronti di soggetti privati percettori di fondi pubblici, sulla base della rinvenuta sussistenza di un rapporto di servizio con l’Amministrazione. Certo, le limitazioni al perimetro dell’illecito erariale, stabilite dall’articolo 21 del decreto legge n. 76 del 2020, potrebbero condurre ad una riduzione delle condanne al risarcimento anche in queste ipotesi, condanne che pure dovrebbero costituire un’importante fattore di deterrenza rispetto a comportamenti che frustrano l’esigenza del più corretto impiego delle risorse. Tuttavia, le fattispecie dolose sono e saranno sempre sanzionabili – a conservazione del nucleo essenziale di tutela – pur alleggerendo i percettori dalla prospettiva della responsabilità per condotte attive gravemente colpose. La sfida – per tutti – è che la responsabilità sia ragione di stimolo e non di disincentivo per l’azione amministrativa e sia, dunque, conforme ai canoni di proporzionalità, prevedibilità e ragionevolezza. Canoni che, con riferimento a tutte le responsabilità che gravano sui pubblici agenti – contabile e penale comprese –, si fatica a veder concretamente rispettati nel “diritto vivente”. Da ultimo, mi sia consentito tornare su una questione sottoposta nell’intervento per l’inaugurazione del passato Anno giudiziario e che attiene piuttosto alle funzioni di controllo della Corte, della cui rinnovata centralità nello scenario della auspicabile ripresa strutturale ho detto poco sopra.Mi riferisco alla paventata applicabilità agli Ordini professionali della disciplina propria delle società pubbliche. Si tratta di un’assimilazione degli Ordini al resto del comparto pubblico che suscita qualche perplessità. La ragione invocata dell’assimilazione è che le normative genericamente rivolte al comparto pubblico, piuttosto che delimitare precisamente il proprio campo di applicazione in funzione degli obiettivi e della ratio del singolo intervento legislativo, si limitano per lo più a richiamare l’articolo 1, comma 2, d. lgsl. n. 165/2001 (T.U. pubbl. imp.), fonte che contiene un elenco del settore pubblico in origine pensato solo per l’applicazione delle disposizioni in tema di pubblico impiego, e che contempla anche gli enti pubblici non economici. Il carattere mutevole e cangiante della nozione di ente pubblico e l’estensione variabile del suo perimetro definitorio, che di volta in volta varia a seconda dell’istituto, o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio sottesa alla disciplina che individua gli enti pubblici tra i propri destinatari, potrebbero rendere tale richiamo non sufficiente. In effetti gli Ordini professionali sono sì enti pubblici, ma esponenziali di comunità professionali. Sono enti pubblici a carattere associativo, come recita la legge forense, e non possono essere assimilati a Ministeri, enti locali ed altre tipologie di istituzioni pubbliche completamente diverse, in quanto ricevono somme di denaro solamente da parte dei singoli iscritti e non gravano sulla fiscalità generale. Per la stessa ragione, infatti, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea ha escluso che gli Ordini professionali possano essere considerati organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della normativa sugli appalti pubblici. Il rischio da evitare, in ogni caso, è quello di compromettere l’autonomia di enti, che, a ben vedere, non sono altro che formazioni sociali protette dall’articolo 2 della Costituzione. Nella ferma consapevolezza della centralità della funzione consultiva e di analisi della Corte dei conti e della necessità di rafforzarne il ruolo di supporto e di indirizzo per i cittadini come per la pubblica amministrazione, con questi auspici, l’Avvocatura italiana formula gli auguri più sentiti di un nuovo anno giudiziario proficuo ed operoso. Buon lavoro a Tutti.