Da avvocati civilisti abbiamo sempre amato le regole del processo civile. Il processo civile fa pensare ad una partita a scacchi in cui i due contendenti si misurano ed adottano ciascuno una propria strategia, sulla base di regole comuni rappresentate dal perimetro di gioco - la scacchiera - e dalle mosse che ciascun pezzo può compiere. La straordinaria purezza di questo gioco sta nel fatto che i due avversari partono alla pari, non è possibile barare o introdurre elementi a sorpresa, le componenti della contesa sono tutte schierate al momento della partenza, ed è la capacità strategica dei giocatori, la loro concentrazione e la capacità di anticipare l’avversario a fare la differenza. Non è che il processo ci piacesse semplicemente, lo amavamo proprio, perché rappresentava la dimensione in cui svolgevamo la nostra professione, dettandone modi e tempi, uguali per noi e per gli avversari con i quali ci trovavamo via via a confrontarci. Affrontare un processo aveva il gusto della sfida per ottenere un risultato positivo – o meno negativo possibile - grazie alla capacità di scegliere in partenza gli strumenti del rito più adeguati rispetto alle argomentazioni spendibili per il singolo caso. Oggi questo paragone non regge più e le regole del processo sono divenute trappole. Su questo giornale numerosi processual civilisti hanno rivolto severi commenti al nuovo che ci attende, nello scoraggiante panorama della crisi della magistratura, culturale ancor prima che politica, riportata dai Capi degli Uffici Giudiziari più importanti in occasione dei discorsi inaugurali dell’anno giudiziario. Ma è all’evidenza che sia lo stesso legislatore odierno ad invitare a cercare altrove quella risposta di giustizia che il giudice ordinario non è in grado di garantire. Lo si comprende dagli interventi che si intendono realizzare in ambito di giustizia, dall’estensione delle materie affidate alla preventiva ricerca di accordo negoziato, al favore per la delega dal giudice all’organismo di mediazione, al riconoscimento del patrocinio a spese dello Stato anche per chi ricorre alle procedure conciliative, ai crediti d’imposta per gli accordi conclusi. Quel che è da rimarcare e che questo altrove è rimesso nelle mani dell’Avvocatura, e questo accade proprio all’apice della crisi sistemica dell’ordinamento giudiziario. Sbaglia chi interpreta questo riconoscimento come un mandato a sopperire le manchevolezze della giustizia ordinaria, facendo anche da calmiere ai flussi di ingresso del carico giudiziario. Non deve confondersi con quanto già accaduto quando all’Avvocato è stato conferito l’incarico di vicario – conciliatore, vice pretore onorario, GOT, ausiliario di Corte d’Appello assumendo funzioni minori e sovente subordinate rispetto a quelle del giudicante nell’ambito del processo civile. Si tratta invece del riconoscimento all’Avvocatura della capacità di sostituirsi alla Magistratura nella gestione delle liti, con strumenti affidatile in via esclusiva, e idonei a risolvere la controversia in via definitiva. Si tratta del riconoscimento all’Avvocatura del ruolo di attore primario della giustizia, ancorché - per ora – nelle forme cosiddette alternative. In questi procedimenti, a base dei quali è posto il comportamento cooperativo e leale delle parti e dei loro difensori e dove il ruolo dell’avvocato riveste una specifica valenza pubblica, il confronto con l’interlocutore può ritrovare respiro e gusto della sfida, restituendo al difensore la piena dignità della difesa, senza le trappole processualistiche dei più o meno recenti interventi normativi. La Scuola Superiore dell’Avvocatura, ente formatore riconosciuto dal Ministero della Giustizia, da sempre attenta a offrire servizi di alta formazione agli Avvocati, tramite corsi e seminari specifici, offre numerose occasioni per approfondire la conoscenza delle regole e delle tecniche per l’utilizzo di strumenti di risoluzione delle controversie. Si tratta di strumenti già inclusi nel bagaglio di competenze dell’Avvocato la cui potenzialità potrà essere meglio apprezzata e governata - confrontandosi con coloro che hanno già maturato importanti esperienze nella loro applicazione. (*consiglieri nazionali forensi)