Un anno fa, proprio di questi tempi, si era creato un fitto scambio fra Commissione centrale per l’esame da avvocato, Cnf e associazioni dei praticanti. Al centro delle interlocuzioni finì soprattutto la necessità, rappresentata dall’istituzione forense e dagli aspiranti avvocati, di assicurare il più possibile l’omogeneità dei quesiti: già per la sessione 2020 (celebrata effettivamente nel corso del 2021) si era deciso di adottare la formula del “doppio orale”, con la prima delle due prove da intendersi come preselettiva, dunque sostitutiva dei tradizionali test scritti. Scelta compiuta dal governo, e in particolare dalla guardasigilli Marta Cartabia, per evitare la concentrazione fisica dei candidati nei tradizionali padiglioni per le prove scritte. Ovvio che, senza tracce uguali per tutti, e con la necessità di cambiarle ogni giorno, addirittura per ogni singolo candidato, si introduceva per la prima volta l’elemento random della difficoltà: ad alcuni poteva capitare una domanda più complessa, ad altri poteva andare meglio. Perciò l’avvocatura istituzionale e associativa aveva insistito molto affinché si adottasse una griglia unica di quesiti: si arrivò al compromesso delle linee guida. Ora pubblicate appunto dal ministero, in allegato al decreto della guardasigilli del 9 febbraio, in una forma analoga a quanto avvenuto l’anno scorso. Andiamo con ordine: due giorni fa la ministra Cartabia ha firmato il decreto ministeriale in linea con la norma di legge istitutiva dell’esame d’abilitazione alla professione di avvocato sessione 2021 (che anche stavolta è slittata all’anno successivo). Quella norma istitutiva è in realtà l’articolo 6 comma 4 del decreto legge 139 del 2021. Anche quet’anno l’obiettivo è chiaro: «Fornire indicazioni per la formulazione dei quesiti su oggetto, struttura e materie, in modo da assicurare l’omogeneità delle prove d’esame», come spiega via Arenula.Come l’anno scorso, «sono stati riportati alcuni quesiti-tipo, relativi a diverse materie (diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo)». Le indicazioni sono state immediatamente inoltrate alle Commissioni distrettuali. Dal punto di vista valutativo,  l’obiettivo di partenza è accertare la «la capacità del candidato di inquadrare ed elaborare in tempo breve il caso proposto e di individuarne gli eventuali rimedi a disposizione, con il supporto dei testi di legge, annotati con la sola giurisprudenza»,  Come si verifica tale capacità? Sulla base di diversi parametri. Innanzitutto dal punto di vista della «correttezza della forma espositiva, anche sotto il profilo grammaticale e sintattico» e della «padronanza nell’uso del linguaggio giuridico». E poi, per la «chiarezza, logicità, completezza, sinteticità, rigore metodologico dell’esposizione». Si fa riferimento anche alla «capacità di argomentare adeguatamente e in modo persuasivo la soluzione del caso prospettata all’esito dell’esame preliminare». Le materie tra cui ciascun candidato potrà scegliere l’argomento della prima prova orale sono tre: tutto quanto è regolato dal codice civile, tutto quanto è regolato dal codice penale e, da ultimo, il diritto amministrativo. Nei primi due casi si fa esplicito riferimento ai due codici, appunto, mentre per l’amministrativo vengono indicate, a titolo esemplificativo, alcune delle più importanti fonti normative relative a quell’ambito della giurisdizione. In cosa deve consistere il quesito? Deve avere ad oggetto «una questione pratico-applicativa ed essere formulato nella forma della soluzione di un caso. Deve cioè essere posto all’esame del candidato», spiegano le linee guida proposte dal decreto, «un caso pratico (una fattispecie concreta, una quaestio facti) rispetto al quale egli, nelle vesti di un legale, deve prospettare una soluzione giuridica, espressiva di una possibile iniziativa difensiva. Può trattarsi di un caso tratto dalla giurisprudenza, anche rielaborato». Le linee guida sono molto insistenti rispetto al’esigenza della concretezza. Può essere utile, perciò riportare almeno uno dei tre esempi che il ministero suggerisce, per ciascuna delle tre materie, come “fac simile” alle commissioni periferiche. In particolare, il primo dei tre esempi proposti per il diritto civile è il seguente: “Con contratto di compravendita in data 3 gennaio 2020, la società Alpha S.r.l. (“Alpha”) acquista dal rivenditore di automobili usate Caio un autoveicolo di marca Ypsilon. Nel corso delle trattative, intercorse anche via e-mail, il legale rappresentante di Alpha aveva dichiarato espressamente di essere intenzionato all’acquisto di una Ypsilon Z4, Full Hybrid e con un chilometraggio inferiore di 50.000 Km. Il rivenditore Caio proponeva ad Alpha l’acquisto di un’auto con quelle caratteristiche e nel contratto di compravendita le parti si richiamavano integralmente alla proposta di acquisto. L’automobile veniva consegnata il 21 febbraio 2020. Il 20 marzo 2020, Alpha – rivoltasi al suo meccanico di fiducia – scopre che l’automobile non possiede le qualità indicate espressamente nella compravendita: essa non risulta essere un hybrid e il chilometraggio si rivela di molto superiore rispetto a quello indicato nel contachilometri. La compratrice denuncia i vizi con una telefonata al venditore il 25 marzo 2020 e spedisce una e-mail con il dettaglio dei vizi in data 7 aprile 2020. Caio risponde dicendo che nessuna garanzia è dovuta perché la denuncia è stata intempestiva. Il candidato, assunte le vesti del legale di Alpha inquadra il caso individuando la disciplina applicabile e le possibili iniziative che Alpha potrebbe assumere”. Si capisce come la perfezione, in questa vicenda, non sia raggiungibile. Ma lo sforzo di chiarezza compiuto dal ministero è indiscutibile. Basta guardare alla lunghezza e all’articolazione delle linee guida per rendersene conto. Nella precedente sessione le cose sono andate discretamente. Via Arenula confida di tenere la barra dritta anche quest’anno.