Hanno aspettato con pazienza che Matteo Salvini andasse a sbattere contro il voto impietoso dell’Aula, Enrico Letta e Giuseppe Conte, prima di entrare finalmente in partita. E così, dopo cinque lunghissimi giorni di “catenaccio”, segnati dall’immobilismo e diffidenze reciproche, il centrosinistra ha costretto il capo dello schieramento avverso a sedersi a un tavolo per individuare insieme il prossimo presidente della Repubblica. «I preliminari sono finiti, abbiamo finalmente iniziato a parlarci», ha detto soddisfatto il segretario del Pd uscendo dall’incontro col presidente del Movimento 5 Stelle e col numero uno della Lega avvenuto subito dopo la bocciatura di Maria Elisabetti Alberti Casellati. Un trauma per il centrodestra, uscito con le ossa rotte dalla prima votazione con un candidato vero in campo.

E ora che i giallo- rossi hanno mostrato l’inconsitenza numerica della coalizione guidata da Salvini, l’obiettivo prioritario di Letta sembra alla portata: trovare un Capo dello Stato che vada bene a tutti e, soprattutto, che non decreti vincitori e sconfitti. Il pareggio tanto inseguito potrebbe arrivare a breve. Sempre che non salti tutti con estrema velocità. Sì, perché dall’incontro a tre si è imposto un nome: quello di Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, già entrata nella rosa dei papabili qualche giorno fa e poi accantonata per mancanza di dialogo. E di requisiti, secondo alcuni, considerato il ruolo ricoperto dalla “candidata”, che passerebbe dalla guida dei Servizi segreti alla guida dello Stato. Proposta al tavolo giallo- rosso- verde da Giuseppe Conte, Belloni garantirebbe la terzietà invocata da tutti ma per il centrosinistra non sarebbe comunque una passeggiata convincere tutti a votarla. E non solo per l’opposizione manifesta e decisa di Matteo Renzi, che in serata dichiara senza mezze misure: «Non penso che sia minimamente possibile votare la capo dei Servizi segreti alla presidenza della Repubblica: non sta né in cielo né in terra. Se è il suo nome proporremo di non votarlo», dice il leader di Italia viva a Radio Leopolda.

Ci sono ben altri ostacoli da aggirare. A cominciare dalla reazione infastidita che la sua elezione potrebbe provocare in Mario Draghi, dal primo momento candidato mai dichiarato per la corsa al Colle, che si vedrebbe scavalcare da una dirigente da lui appena nominata. E per lo stesso motivo il nome Belloni fa andare su tutte le furie Luigi Di Maio, ufficialmente grande estimatore dell’ex segretario generale della Farnesina, ma convinto sostenitore del trasloco del premier al Quirinale. Non solo, nell’ottica della faida interna ai 5S, il ministro degli Esteri non ha alcuna intenzione di fare uscire politicamente vico Giuseppe Conte dal Quirinal Game. Un motivo in più per impallinare la candidata.

Lo stesso Partito democratico reagisce con freddezza all’opzione Belloni. Gli ex renziani non sembrano affatto entusiasti, anzi lasciano trasparire tutto il loro disappunto senza dissimulare. E da Liberi e Uguali, formazione tenuta fuori dal summit pomeridiano, commentano così: «Con tutto il rispetto per la competenza e la capacità di Elisabetta Belloni, in un Paese democratico è assolutamente inopportuno che il capo dei servizi segreti diventi presidente della Repubblica. Allo stesso modo non è accettabile che la presidenza della Repubblica e la guida del governo siano affidate entrambe a personalità tecniche e non politiche».

Insomma, messa così, la candidatura di Belloni sembra già tramontata prima di nascere. Forse anche per questo Letta non ha rinunciato a mostrare a Conte e Salvini anche gli altri nomi appuntati sul suo foglio: Amato, Draghi e Casini. Puntando, forse, solo sul primo, visto che il premier non gode esattamente dei favori giallo- verdi e Casini non è lo sbocco sperato dallo stesso segretario dem, indisponibile a incoronare presidente il candidato di Matteo Renzi.

Non resta che cercare altrove. Per trovare un’altra donna. O per assicurarsi un garante vero. E chissà che alla fine non convergano davvero tutti su Sergio Mattarella, che ieri ha fatto ancora il pieno di voti nel centrosinistra ufficialmente indirizzato sulla scheda bianca: 336 preferenze, che sommate alle 46 della prima votazione, quella a cui ha partecipato solo il centrodestra, fanno 382. In totale gli stessi voti ottenuti da Casellati, senza essere però candidato. Un segnale dei grandi elettori ai loro leader.