Partenza in salita per il neonato Ufficio del processo. Sono tanti, infatti, i problemi da risolvere, sia per l’aspetto logistico sia per il profilo d’impiego dei tanti ragazzi che dovranno aiutare, da questo mese e fino al 2026, i magistrati nelle attività propedeutiche o collaterali alla decisione. Ma andiamo con ordine.I circa 16.500 laureati, anche con laurea triennale in materie giuridiche o economiche, chiamati in ausilio delle toghe stanno arrivando in questi giorni nei vari uffici giudiziari. Previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, «l’Ufficio per il processo offrirà un contributo decisivo, per il rispetto degli impegni presi con l’Europa e per un rinnovamento del metodo di lavoro giudiziario», ha detto recentemente la ministra della Giustizia Marta Cartabia. I ragazzi che arrivano nei tribunali avendo superato una selezione per titoli ed esami, hanno avuto una formazione di base da parte del ministero per quanto riguarda l’uso degli applicativi, da completare poi in sede con l’aiuto dei magistrati “affidatari”. Sono tutti equiparati ai dipendenti amministrativi, potendo accedere anche ai registri di cancelleria, e avranno un compenso di 1.700 euro mensili per una durata di circa tre anni. Per loro l’amministrazione si è riservata la possibilità di stabilire «particolari forme di organizzazione e di svolgimento della prestazione lavorativa, con riferimento al lavoro agile e alla distribuzione flessibile dell’orario di lavoro». Secondo una circolare del ministero, gli addetti all’Ufficio del processo potranno partecipare anche alle udienze e, in questo modo, permetteranno che le stesse possano tenersi anche di pomeriggio. Ma il problema principale, come detto, è essenzialmente logistico: non c’è spazio per tutti. Al Palazzo di giustizia di Milano, uno degli uffici giudiziari più grandi e importati d’Italia, sono stati assegnati quasi 700 addetti al nuovo “Upp”. Purtroppo, come si prevedeva, non ci sono postazioni sufficienti. L’unica soluzione rimane, allora, il lavoro da remoto, anche per le camere di consiglio, essendo normalmente gli spazi molto angusti, tanto che spesso non se trova per i “Mot”, i neo magistrati in tirocinio. Per ovviare alla carenza di spazio, sempre a Milano, si era ipotizzato di affittare dei locali nei pressi del tribunale. Ma ad oggi non ci sono i fondi per le locazioni e sarà quindi necessario trovare soluzione alternative. Anche sulla distribuzione di questo personale si segnalano criticità. «A Napoli si registrano squilibri tra le risorse umane assegnate al primo grado e agli uffici di appello: se lo scopo è elevare la produttività, non può essere una soluzione spostare l’arretrato dal primo al secondo grado del processo. Fa riflettere inoltre il fatto che, dopo avere investito in tempo, energie e luoghi di lavoro, questo personale, formato e organizzato, andrà via perché a tempo determinato», afferma Edoardo Cilenti, consigliere della Corte di appello del capoluogo campano ed ex segretario generale dell’Anm. Sul fronte delle dotazioni informatiche, indispensabili per il processo civile telematico, i pc starebbero per arrivare, senza bisogno di prenderli al personale amministrativo già in servizio. Come segnalato dal Corriere della sera lo scorso fine settimana, poi, non essendo stato equiparato il periodo prestato nell’Ufficio del processo ai tirocini formativi in essere ai fini dei titoli preferenziali per il concorso in magistratura, sarebbero in atto in queste ore molte rinunce. Per risolvere i dubbi interpretativi è intervenuta una circolare ministeriale che equipara le due attività. Ma senza una legge la circolare rischia di creare confusione all’atto del futuro concorso. «Se quell’Ufficio deve essere la struttura portante della riforma della giustizia civile che è ormai indispensabile, visto che la fiducia dei cittadini è crollata al 32 percento, non può nascere in un ginepraio di liti tra precari insoddisfatti che farebbero ostruzionismo», è stato il commento di Antonio de Notaristefani, presidente dell’Unione nazionale Camere civili. «Se si vuole la efficienza della giustizia, bisogna per prima cosa riuscire a motivare chi deve farla, magistrati, avvocati e personale amministrativo compresi. L’efficienza della giustizia dipende dalla organizzazione, non dal rito: se non cambieranno i comportamenti, non ci sarà codice che potrà farla funzionare bene», ha concluso de Notaristefani.