«Nelle prossime ore il centrodestra unito farà delle proposte». Si è chiusa con queste parole del leader della Lega, Matteo Salvini, la prima giornata di voto per il prossimo capo dello Stato. Una giornata ricca di incontri, con il numero uno del Carroccio grande protagonista. Prima quello con la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, poi il faccia a faccia con il segretario del Pd, Enrico Letta. Infine, la riunione ristretta con il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. In mezzo, quest’ultimo si è visto prima con il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, e poi con Giovanni Toti ed Enrico Brugnaro di Coraggio Italia. Ma il tête à tête più importante, Salvini l’ha avuto con il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Sono state le stesse fonti leghiste a farlo trapelare, con un deciso “no comment” in risposta da palazzo Chigi. Lo stesso che arriva a fine giornata, quando filtra la notizia di una telefonata Draghi-Letta e Draghi-Conte. Ma il romanzo Quirinale è cominciato molto prima. Montecitorio, undici del mattino. Temperatura decisamente più alta della media stagionale. Si festeggia San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. I primi grandi elettori arrivano a scaglioni, si fermano a pranzo da Maxela o da Fortunato al Pantheon, poi tutti al controllo green pass di Montecitorio. Il Transatlantico è affollato, i capannelli si moltiplicano, nel cortile adiacente i fumatori accaniti si mischiano con i delegati regionali che hanno l’aria da primo giorno di scuola. Quando la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, propone al presidente della Camera, Roberto Fico, che presiede la seduta, di fare un minuto di silenzio in memoria del deputato forzista Enzo Fasano, scomparso dopo una lunga malattia, Fico diniega: il protocollo non lo prevede. E così si comincia con i senatori a vita. Presenti Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Liliana Segre. «Sono emozionata - dirà quest’ultima - Avendo provato a essere la reietta, la condannata, senza colpa, la vita è cosi straordinaria che poi ti porta, da vecchia, a diventare una senatrice a vita e a votare per il capo dello Stato». Ad avercene. Assenti Carlo Rubbia e Giorgio Napolitano. Si parte con la chiama di senatori, deputati e delegati regionali. Ma sarà una valanga di schede bianche. Nella comunicazione arrivata ai grandi elettori del M5S si legge: «Indicazione di voto per la giornata odierna: scheda bianca, ovvero senza alcun nome scritto». C’è anche bisogno di specificare. Scrivono un nome solo Azione e +Europa, quello della ministra della Giustizia, Marta Cartabia. Ma la vera partita si gioca da un’altra parte, nelle salette interne di Montecitorio e a qualche decina di metri dalla Camera: a palazzo Chigi. L’incontro tra Salvini e Meloni viene definito «utile», quello tra Salvini e Letta «lungo e cordiale». Leghisti e dem, in una nota, spiegano che «si è aperto un dialogo», che «i due leader stanno lavorando su delle ipotesi» e che «si rivedranno domani» (oggi, ndr). Poi l’ex ministro dell’Interno vede Conte, e i Cinque Stelle parlano di «totale sintonia sulla necessità di mettere da parte al più presto le schede bianche e scrivere un nome che unisca il Paese». Nel frattempo il voto prosegue, Renzi arriva di corsa in Transatlantico accompagnato da Bonifazi e dal presidente della Toscana, Eugenio Giani. Scherza con Bonafede («sei l’oggetto preferito dei miei attacchi») e poi si precipita a votare. Poco prima era toccato a Casini, che saluta tutti e spera ancora. La deputata Marta Fascina, fidanzata di Silvio Berlusconi, è assente: è al San Raffaele accanto al compagno. In cortile, la foto di giornata: Umberto Bossi, il Senatùr, cravatta verde allentata e sigaro in bocca, da combattente qual è s’attacca alla vita e accoglie Pier Luigi Bersani, venuto a salutarlo. Lo scatto è da Annali di Montecitorio. Fuori succede di tutto. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, a chi gli chiede di fare un nome risponde «se volete vi do il bollettino del Veneto, oggi è particolarmente buono». «Come il prosecco!», suggerisce qualcuno. Quello nazionale intanto segna 77.696 nuovi casi e 352 decessi. Poco più in là, un’apparizione. È Clemente Mastella. «Sono l’accompagnatore di mia moglie (Sandra Lonardo, senatrice di Forza Italia, ndr): lei è Casini e io Draghi, mi sembrano le due ipotesi più probabili ma il fascino femminile ha sempre maggiore presa». Cambio di scena. Via della Missione, seggio drive in per i grandi elettori positivi. Primo ad arrivare Ugo Cappellacci, forzista. «Organizzazione perfetta, tutto velocissimo e in sicurezza», dice soddisfatto all’uscita. Poi via di nuovo in ambulanza verso il proprio domicilio. All’improvviso spunta Sara Cunial, deputata eletta con il Movimento 5 Stelle, poi fuoriuscita e ora no vax e no green pass. «Mi hanno respinta, siamo in dittatura - commenta - ho chiamato i carabinieri (che sono gli stessi che l’hanno respinta, ndr) perché il diritto di voto viene prima di un provvedimento burocratico come il green pass». Ma rimane delusa quando scopre che suoi colleghi no green pass si sono fatti il tampone, hanno ottenuto il green pass e sono entrati a votare. «Resterò qui finché non mi faranno votare», dice annunciando querele per tutti. Si fa sera, la temperatura comincia a scendere e Fico inizia lo spoglio: «bianca, Amadeus, bianca». L’onorevole Cunial è ancora lì.