Difendere la libertà dell’esercizio della professione di ogni singolo avvocato significa difendere lo Stato di diritto. E senza Stato di diritto non vi è democrazia». Per l’avvocato Francesco Caia, consigliere del Cnf e coordinatore della Commissione Diritti umani e Rapporti Internazionali Mediterraneo, ribadirlo non è mai superfluo. Soprattutto oggi, in occasione della Giornata internazionale dell’avvocato in pericolo che ricorre il 24 gennaio per ricordare il massacro di Atocha del 1977, a Madrid, in cui furono uccisi cinque legali esperti di diritto del lavoro, nel periodo di transizione tra la dittatura franchista e la democrazia. Una data simbolica, quest’anno dedicata alla Colombia, per «accendere i riflettori sulle pressioni, le minacce e anche gli omicidi di avvocati in tanti Stati», spiega Caia. Che dalla primavera 2021 è alla guida dell’Osservatorio Internazionale degli Avvocati in pericolo (Oiad) con l’obiettivo di monitorare e promuovere la tutela dei diritti nel mondo. Così confermando l’impegno e il sostegno dell’avvocatura italiana al fianco dei colleghi a cui è impedito il libero esercizio della professione.

Come nasce e in cosa consiste l’attività dell’Oiad?

La violazione dello stato di diritto in molti Paesi si traduce in minacce, violenze e repressione contro gli Avvocati. Il Consiglio Nazionale Forense ha intrapreso numerose iniziative per sostenere quanti si battono per difendere i diritti umani, pretendendo il rispetto delle convenzioni internazionali e dei principi dell’equo processo e dell’indipendenza della giurisdizione. Nel 2016, allo scopo di coordinare la propria azione istituzionale con quella di altre Avvocature europee, ha fondato, insieme al Consiglio Nazionale Forense Francese, all’Ordine degli Avvocati di Parigi e al Consiglio Generale dell’Avvocatura Spagnola, l’Osservatorio Internazionale degli Avvocati in Pericolo (OIAD), con sede a Parigi. Lo statuto dell’Osservatorio prevede la turnazione annuale della carica di Presidente tra i membri fondatori. L’osservatorio ha svolto in questi anni un’attività molto intensa. Ne fanno parte più di trenta ordini di avvocati italiani, francesi, spagnoli, belgi, svizzeri e anche di Paesi extraeuropei. Sono componenti del Direttivo a seguito di elezione anche l’Ordine di Ginevra e quello di Milano. Tra i membri dell’Oiad ci sono gli ordini degli avvocati di Bruxelles, Madrid, Barcellona, Colonia e quelli di numerose città italiane: oltre Milano, Roma, Napoli, Torino, Palermo, Bari, Brescia, Messina, Modena, Monza, Oristano, Rovereto e Verona.

Numerose anche le missioni internazionali promosse in questi anni dall’Oiad, tra cui le più recenti in Honduras e Turchia. Qual è il ruolo degli osservatori?

Gli osservatori internazionali svolgono un ruolo essenziale. Senza i loro report su molte vicende e processi non vi sarebbe alcuna informazione. La loro presenza in aula conferma la solidarietà dell’Avvocatura internazionale ai colleghi ingiustamente arrestati e processati, è di aiuto e sostegno agli avvocati detenuti ed alle famiglie, serve di monito al rispetto dei principi del giusto processo e dello Stato di diritto. Le missioni sono accuratamente preparate e richiedono un’alta professionalità.

Lei ha più volte sottolineato che tutelare l’avvocato non è un «dato di categoria»: significa difendere lo Stato di diritto e le libertà di tutti.

Difendere la libertà dell’esercizio della professione di ogni singolo avvocato significa difendere lo Stato di diritto. Non vi è democrazia senza stato di diritto, non vi è Stato di diritto senza indipendenza della Giurisdizione e non può esservi indipendenza della Giurisdizione se non solo i magistrati ma anche gli avvocati sono indipendenti.

Su cosa si è concentrata l’attività dell’Oiad nell’ultimo anno?

Abbiamo scritto decine di comunicati e lettere di denuncia ai governi, chiedendo il rispetto dei diritti fondamentali con riferimento a situazioni specifiche. Cina, Guatemala, Nicaragua, Honduras, Afghanistan, Turchia, Egitto, Filippine, Russia sono stati solo alcuni dei Paesi al centro dell’azione dell’osservatorio nel 2021. Abbiamo dato sostegno, anche materiale, ad avvocati costretti a lasciare i loro paesi e a richiedere asilo politico.

Ci racconta qualcuno di questi casi?

Per quanto riguarda la Colombia, abbiamo presentato un ricorso amicus curiae dinanzi alla Corte Costituzionale con riferimento al caso Dilan Cruz, un giovane ucciso da un membro della polizia nazionale, durante le manifestazioni in occasione dello sciopero nazionale colombiano del 2019. Era stata ritenuta la competenza della Giurisdizione penale militare, ma la Corte, il 17 giugno 2021, ha ribadito che la competenza della giustizia penale militare è limitata ed eccezionale e ha stabilito che il procedimento penale debba essere trasferito alla Giurisdizione ordinaria, per garantire i diritti fondamentali delle vittime. Abbiamo presentato anche un ricorso amicus curiae alla Corte interamericana dei diritti dell’uomo, a sostegno delle vittime del caso “Famiglia di Digna Ochoa y Placido contro il Messico”. Il nostro intervento sostiene le argomentazioni giuridiche del ricorso presentato per dimostrare la mancanza di diligenza dello Stato messicano nelle indagini sull’omicidio della collega Digna Ochoa, uccisa nel suo studio a colpi di fucile. Anche se l’avvocata, molto attiva nella difesa dei diritti umani, aveva ottenuto delle misure di protezione per le minacce di morte ricevute, le stesse erano state poi ritirate prima del suo assassinio.

Il Cnf ha deliberato il 2020 “l’Anno dell’avvocato in pericolo” e da allora, ogni anno, si unisce alla mobilitazione internazionale per la Giornata dell’avvocato in pericolo. Con quale obiettivo?

L’obiettivo della “Giornata” è proprio quello di accendere i riflettori sulle pressioni, le minacce e anche purtroppo le violenze e gli omicidi di avvocati in tanti Stati. I numeri degli avvocati uccisi ogni anno sono impressionanti.

Dopo il focus sull’Azerbaijan dello scorso anno, quest’anno la Giornata è dedicata alla Colombia. Che difficoltà vive lì l’avvocatura?

Quest’anno l’Oiad ha coordinato i lavori della Coalizione per la Giornata internazionale che ha pubblicato un report sottoscritto da più di 30 ordini ed associazioni internazionali di avvocati. La Colombia per più di 50 anni ha subito un conflitto armato interno che ha coinvolto lo Stato, i paramilitari, i guerriglieri e i trafficanti di droga; registra grandi disuguaglianze e continue violazioni dei diritti umani. Nonostante la creazione negoziata della Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP), destinata a facilitare la riconciliazione nazionale, la popolazione continua a subire abusi. Gli avvocati della difesa affrontano pressioni che ostacolano il loro lavoro. I 334.508 avvocati colombiani iscritti non hanno un’istituzione ufficiale di natura professionale per garantire il libero esercizio della professione legale. Il Consiglio Nazionale della Giustizia colombiano riunisce tutti i magistrati, giudici, procuratori e avvocati e, per quanto riguarda gli avvocati, si occupa della loro registrazione e del controllo disciplinare. Questo organismo, che dipende dal Ministero della Giustizia, non garantisce l’indipendenza dell’esercizio della professione forense.

E alcuni pagano con la vita la loro battaglia per i diritti. Quanti avvocati sono stati uccisi in Colombia nell’ultimo anno a causa della loro attività professionale?

Secondo i dati contenuti nel Rapporto, sono cinque gli avvocati assassinati nel 2021.