di Rosario Pizzino*

Un passo avanti, ma non basta: servono più risorse e personale per dare alla Giustizia italiana quella marcia in più, quella modernizzazione necessaria per superare gli storici problemi del settore, ulteriormente aggravati dalla pandemia. L’efficienza della giustizia ha costituito una delle principali raccomandazioni che l’Unione Europea ha rivolto all’Italia, subordinando all’ottenimento di detto obiettivo l’erogazione di una parte dei fondi del Recovery Plan. Nelle azioni governative connesse al Piano di Rinascita e Resilienza, prevale l’impegno di ridurre i tempi del processo civile (40%) e del processo penale (25%). In questa direzione, la riforma Cartabia, oltre che la riscrittura delle norme processuali, ha individuato nuovi modelli di organizzazione del lavoro del Giudice e degli uffici giudiziari, resi possibili grazie ad investimenti sul personale e sulle strutture. Il rapporto tra efficienza e ragionevole durata del processo è strettamente connesso: senza l’una, non è raggiungibile l’altra, e tutti siamo chiamati a fare la nostra parte. Nella relazione della Ministra sull’amministrazione della giustizia per il 2022, ho colto pragmaticità, concretezza ed operatività, buona cornice per l’avvio delle importanti  trasformazioni che ci attendono. Siamo proiettati verso un contesto di ammodernamento ed innovazione tecnologica dell’apparato giudiziario, rispetto al quale tutti i soggetti della giurisdizione dovranno avere la capacità di formarsi ed adeguarsi. È significativa la “centralità” che la Ministra ha attribuito al “fattore organizzativo”, necessario fondamento per le riforme normative, così come il rilievo assegnato alla “cultura del dato”,  necessaria per la costante elaborazione e monitoraggio di ogni aspetto e fase procedurale per l’efficienza del servizio giustizia;  l’affermazione, poi, secondo cui “i processi irragionevolmente lunghi rappresentano un vulnus per tutti”, non potrà che orientare l’azione del Ministero della giustizia e della giurisdizione verso principi di tutela della “persona” e di rispetto dei valori costituzionali. Tra le principali innovazioni, l’Ufficio per il Processo è  già realtà e comporterà, come sappiamo, profonde trasformazioni nelle modalità lavorative dei Magistrati volte all’accelerazione dei tempi processuali e, dunque, ad una maggiore efficienza della macchina giudiziaria. La sfide è impegnativa. A tal proposito, richiamo nuovamente la relazione della Ministra, nella parte in cui riferisce che “il lavoro di squadra … non solo  incrementa l’efficienza della giustizia … ma ne favorisce la qualità”, mostrando di recepire le incertezze dell’Avvocatura, secondo cui la maggiore efficienza del processo non potrà ottenersi a scapito della qualità delle decisioni o dei diritti della difesa. L’efficienza della giustizia italiana è inscindibilmente connessa all’adeguatezza  delle sue strutture. Abbiamo detto più volte che la pandemia ha amplificato le croniche carenze della giustizia. A Catania soprattutto, ma anche nel Distretto, queste carenze hanno nomi ben precisi: strutture inadeguate e vetuste, alcune ai limiti dell'agibilità, carenze di organico, criticità che anche il  Presidente del Tribunale ha messo in evidenza nella relazione al programma di gestione per il corrente anno. Tutto ciò limita il ruolo dell’Avvocato, la funzione difensiva e la tutela della persona. Nel mio intervento dello scorso anno, evidenziavo come, in attesa della nuova cittadella giudiziaria, l’emergenza imponesse l’adozione di un piano straordinario per agevolare la locazione di immobili da destinare ad Uffici Giudiziari e per avviare la manutenzione straordinaria di quelli in corso di utilizzazione. Rinnovo il mio appello di nuovo oggi, nella certezza che tali richieste sono condivise, e ritenute indispensabili, da tutti i Magistrati del Distretto. Infine, dopo la fase emergenziale la possibilità di un graduale ritorno all’ordinaria funzionalità dei Tribunali, è stato interrotto dall’inattesa risalita della curva pandemica e al ritorno al necessario mantenimento delle misure di sicurezza sanitaria. In questo contesto, sappiamo quanto la giurisdizione, strumento di garanzia e di equilibrio nell’ottica della risoluzione dei conflitti, abbia rischiato, e rischi, di essere sacrificata, soprattutto per le inevitabili limitazioni al contraddittorio. Il nostro sguardo, però, è sempre rivolto alla ripresa dell’ordinaria funzionalità del Palazzo e della nostra attività professionale, pur nella consapevolezza che alcune delle nuove prassi emergenziali stiano dimostrando utili potenzialità che, nel futuro, potranno consolidarsi e perfezionarsi. In questi frangenti, l’Avvocatura, alla quale va sempre garantita autonomia ed indipendenza, ha dimostrato, ancora una volta, di essere soggetto coessenziale all’esercizio della giurisdizione e meritevole del rilievo costituzionale cui ambisce: la sua responsabilità e collaborazione hanno permesso la tenuta del “sistema” e l’amministrazione della giustizia. (*Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania)