Clemente Mastella, sindaco di Benevento ed esperto di tattiche e strategie per l’elezione del presidente della Repubblica, ragiona sul fatto che «la differenza con il passato è che abbiamo un Parlamento di persone morte politicamente che vagano in Transatlantico ma ormai non esistono più» e sull’ipotesi di rimuovere Draghi da palazzo Chigi per eleggerlo al Colle è netto. «È come essere al capezzale di una persona che sta morendo - spiega - se arriva un medico a curarla e il moribondo migliora, poi è difficile mandare via quel medico e chiamarne un altro».

Sindaco Mastella, da cosa dipende lo stallo a tre giorni dall’elezione del capo dello Stato?

Abbiamo per la prima volta nella storia due minoranze che si contrappongono. Oggi la minoranza più forte è quella di centrodestra, quindi è giusto che l’indicazione per il prossimo capo dello Stato venga da lì. A quel punto, se trovano un nome condivisibile anche dall’altro schieramento allora si va diretti verso l’elezione, altrimenti debbono fornire una rosa di nomi dalla quale il centrosinistra può attingere.

Dal centrosinistra dicono che finché è in campo la candidatura di Berlusconi non può esserci dialogo. Che ne pensa?

Penso che in effetti tutto sia legato a cosa fa o non fa Berlusconi. Dipende dalla sua decisione di fare un passo di lato nelle prossime ore oppure di portare avanti la candidatura. Chiaramente questa seconda opzione rende tutto più complicato. Se lui sfida tutto e tutti e va avanti è un discorso, se così non sarà allora già domenica sera il centrodestra potrebbe indicare un candidato diverso e iniziare a votarlo da subito. Di certo Berlusconi non vuole essere messo da parte da Salvini ma contribuire in maniera determinante a scegliere il candidato.

Il grande favorito di questa partita è Mario Draghi, osteggiato però da Lega e M5S. Quante possibilità ha il presidente del Consiglio?

Credo che lui abbia voglia di fare il capo dello Stato, è abbastanza evidente. Ma è anche vero che non c’è unanimità nei suoi confronti. Se tutti fossero stati d’accordo a quest’ora la sua elezione sarebbe stata già sicura. Le ragioni di queste resistenze sono molteplice, la prima è quella che senza Draghi si frantumerebbe la maggioranza. È come essere al capezzale di una persona che sta morendo: se arriva un medico a curarla e il moribondo migliora, poi è difficile mandare via quel medico e chiamarne un altro.

Anche perché poi dovrebbe costituirsi un nuovo governo. Crede anche lei che sarebbe un governo necessariamente più debole di quello attuale?

Diciamo che Draghi sarebbe garante dell’unità politica, anche del prossimo governo, dal Quirinale. Non dimentichiamoci che siamo ancora dentro l’emergenza per cui non si voterebbe di certo in primavera. Si allungherebbe comunque la vita al governo per maturare il diritto alla pensione dei parlamentari e poi, in caso si voterebbe a ottobre.

Ma si può che la maturazione della pensione sia davvero l’unica stella che guida i parlamentari?

Diciamo la verità: i franchi tiratori ci sono sempre stati ma questa volta ci sono un gran numero di battitori liberi. Il gruppo misto non ha mai avuto un cocktail così singolare di peones e fuoriusciti dai partiti. In più si dice che ci siano almeno 400 parlamentari che la prossima volta non sarebbero né candidati né tantomeno eletti. Tutto questa congiura nella valutazione del singolo parlamentare su cosa fare e chi scegliere, ovvero chiunque gli assicura che non scioglierà il Parlamento o comunque non lo farà prima di settembre.

Ed è su questo presupposto che Berlusconi sta ancora provando a convincere qualche grande elettore. Crede che Salvini e Meloni stiano già cercando un sostituto?

Se così fosse Berlusconi sarebbe certamente irritato. Non si può sostenere un candidato e poi cominciare a trattare sulle spoglie di un morto che non è ancora morto. Loro possono pure muoversi per vagliare altri nomi, ma nessuno può essere scelto senza il consenso del Cavaliere. Altrimenti si sfalderebbe il centrodestra.

Dall’altro lato Pd e M5S si oppongono a Berlusconi ma non propongono alternative. Come giudica la loro strategia?

Pd e M5S sono costretti a giocare di rimessa perché per la prima volta sono meno degli altri. Devono accontentarsi di scegliere il nome meno distante da loro nella rosa che verrà loro proposta. Bisogna poi tenere conto delle difficoltà e delle bizzarrie del M5S. Passare dal 34 per cento delle ultime Politiche al 14 per cento dei sondaggi di oggi, che non è più su 945 parlamentari ma su 600, non è cosa da poco. In questa elezione si giocano il tutto per tutto.

Da vecchio DC, pensa che Pier Ferdinando Casini possa essere il nome giusto per unire la coalizione?

Casini ha possibilità, come gli altri o un po’ di più. Ma dipende dal centrodestra, se lo proporrà o meno. Se lo propone Salvini da solo si rompe il centrodestra. Serve un king maker in coabitazione, altrimenti chi tra Salvini, Meloni e Berlusconi si intesterà il prossimo capo dello Stato vincerà questa partita ma perderà il rapporto con gli alleati.

Quanto crede all’ipotesi Mattarella bis?

Mattarella ha detto troppi no e anche in maniera piuttosto convinta. O vanno tutti a chiedergli il bis oppure non c’è alcuna chance. Conoscendolo per stima non credo farà cose diverse da quello che ha detto nei mesi scorsi.

Cosa rende questa elezione così diversa da quelle del passato a cui lei ha partecipato?

La cosa diversa è l’assillo dei parlamentari che non vogliono andare a casa e sanno che non saranno rieletti. Non è mai stato così. Non c’è mai stata questa spada di Damocle in cui nessuno sa se sarà rieletto. Abbiamo un Parlamento di persone morte politicamente che vagano in Transatlantico ma già non esistono più. Hanno uno spazio di vita breve e devono spenderlo nel modo migliore possibile. Cioè arrivando fino alla pensione di settembre.

Come giudica le mosse del “telefonista” Sgarbi?

Mah…penso che non sia questo il modo migliore per agire. Se chiami la gente lo fai in maniera discreta, non così barocca e strampalata.