Maurizio Lupi, già molto vicino a Berlusconi e ora deputato di Noi con l’Italia, sulla candidatura del Cavaliere al Colle spiega che «se non riuscissimo a trovare i voti bisogna verificare se esiste una personalità in grado di unire tutti» e che «la maggioranza che elegge il presidente della Repubblica determinerà il prosieguo o meno dell’azione del governo».

Onorevole Lupi, Salvini ha detto che i numeri per la candidatura di Berlusconi andranno verificati prima di lunedì. Ce la farete?

Quello che ha detto Salvini non è altro che la conseguenza di ciò che è stato deciso al vertice della scorsa settimana. Lì si è detto che per storia, autorevolezza e per essere stato il fondatore del centrodestra, Berlusconi è il nostro candidato ideale e gli abbiamo chiesto di sciogliere la riserva. È chiaro che ci siamo dati un tempo di lavoro, perché ogni partita del Quirinale vede una parte politica che fa una proposta e poi ne verifica in Parlamento la fattibilità.

Sulla carta mancano almeno settanta voti, senza contare i possibili franchi tiratori. Non crede che al momento le possibilità di Berlusconi siano ridotte al minimo?

Faremo il punto della situazione domani o dopodomani. Lo stesso Berlusconi si è detto onorato ma ha rimandato alla verifica. I numeri di partenza ci sono e sono quelli del centrodestra. Si tratta ora di dialogare con tutti gli altri gruppi, compreso il Misto, per verificare se questa candidatura può avere le gambe per camminare o per correre. L’importante è che noi della coalizione siamo compatti. Non accettiamo veti e riteniamo legittimo candidare il fondatore del centrodestra, come del resto fece il centrosinistra candidando Prodi.

Secondo Gianni Letta affidare la ricerca dei voti mancanti alle telefonate di Sgarbi non è proprio il massimo. Cosa ne pensa?

Vittorio sta dando il suo contributo serio e autorevole per cercare di vedere se ci sono altri grandi elettori fuori dalla coalizione di centrodestra che condividono la candidatura di Berlusconi. Penso che chiunque dia il suo contributo vada ringraziato. Voglio però sottolineare che siccome siamo stati noi a chiedere a Berlusconi di candidarsi, la responsabilità è comune e dobbiamo tutti lavorare per raggiungere l’obiettivo.

Sarà lo stesso Berlusconi, una volta verificato che non ha i numeri, a fare un passo indietro e indicare un’altra personalità?

Ci sono due strade davanti: la prima è quella percorsa due volte in passato, con Cossiga e Ciampi, cioè un’elezione nelle prime tre votazioni con oltre il 70 per cento dei consensi; la seconda è che una parte propone la candidatura e si vede se quella parte ha la maggioranza. Ricordo che Segni e Leone sono stati eletti con il 51 per cento dei voti. Stiamo verificando la seconda strada, ma se non riuscissimo a trovare i voti bisogna verificare se esiste una personalità in grado di unire tutti.

Dovesse essere Draghi, in che modo il governo ne risentirà?

La maggioranza che elegge il presidente della Repubblica determinerà il prosieguo o meno dell’azione del governo. Se c’è un’elezione a maggioranza relativa è difficile che il governo successivo non ne tenga conto, ma se l’elezione coinvolge un’amplissima maggioranza allora si può andare avanti. L’unica cosa fondamentale per il centrodestra è che qualsiasi strada andiamo a percorrere ci sia l’unità della coalizione. Dobbiamo capire che nell’elezione più importante, che è quella del capo dello Stato, i nostri elettori non comprenderebbe una divisione.

Ma magari non vi dispiacerebbe il voto anticipato…

La legislatura finisce a febbraio o marzo 2023. Occorre che quest’anno si raggiungano obiettivi fondamentali, che sono la seconda tranche dei fondi europei, il definitivo superamento della pandemia e il rilancio dell’economia.

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Obiettivi che condividete con i centristi di Italia viva e Coraggio Italia. Saranno determinanti per l’elezione del capo dello Stato?

Credo che ognuno dei grandi elettori sarà fondamentale. Certamente anche le cosiddette forze del centro lo sono ma non credo che dalla maggioranza che eleggerà il presidente della Repubblica possa nascere una nuova aggregazione politica. Le alleanza non nascono a tavolino ma dalla società civile. C’è bisogno di una grande forza moderata che deve tornare a prendere consensi attraverso il dialogo con la società, rappresentando pezzi di società non più rappresentati.