Quel diavolo di Vittorio Sgarbi è riuscito a lasciare comunque la sua impronta su questa edizione della corsa al Quirinale: la più strana di tutte, se non la più pazza, come d’altronde la legislatura nella quale si svolge, in scadenza un po’ differita rispetto al mandato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Già gratificato come uno dei mille e rotti “grandi elettori”, fra deputati, senatori e delegati regionali cui spetta l’elezione del capo dello Stato, Sgarbi ha fatto un po' come quello spettatore ai bordi della strada che s’infila fra i corridori per aiutare, soccorrere e quant’altro il ciclista in difficoltà, sino a fargli rischiare la squalifica. Stremato dalle telefonate alla ricerca di consensi a Berlusconi fuori dall’area di centrodestra ma anche dentro, visto l’andirivieni verificatosi pure tra forzasti e simili in questi ultimi tempi, Sgarbi si è lasciato andare con Antonio Bavetti, della Stampa, fra i suoi divani, quadri, sculture e ninnoli. E ha rivelato che di sicuri Berlusconi dispone solo di 390 voti, non dei 450 e più vantati sinora, già insufficienti a fargli raggiungere dal quarto scrutinio in poi i 505 necessari all’elezione. «È sul punto di cedere», pur dando l’impressione di essere ancora «sparato», ha detto Sgarbi dell’amico accomunandolo inconsapevolmente all’immagine che del segretario socialista Francesco De Martino dava il compagno di partito Ferdinando Santi raccontando dei suoi rapporti tanto con la Dc quanto col Pci: «Resiste fino a un momento prima di cedere». Incalzato sul dopo-rinuncia, ormai, dell’ex presidente del Consiglio, Sgarbi ne ha anticipato, previsto, intuito, come preferite, il sostegno ad una conferma di Mattarella, tanto non gli passa evidentemente per la testa il ripiegamento su un altro candidato del centrodestra meno “divisivo”, direbbero gli avversari e forse anche l’alleato Matteo Salvini. E Mario Draghi, così calorosamente sostenuto da Berlusconi alla nomina a presidente del Consiglio vantandosi di averlo portato lui al vertice della Banca Centrale Europea negli anni d’oro della guida del governo? Niente. Eppure anche Sgarbi, prima di mettersi al telefono, telefonino e quant’altro a disposizione del Cavaliere per sostenerlo nella corsa al Quirinale, lo aveva pubblicamente esortato a spendersi per l’elezione di Draghi. Evidentemente Berlusconi non ha gradito che nel frattempo questa soluzione sia diventata l’obiettivo del segretario del Pd Enrico Letta, per quanto, o ancor più perché condiviso dallo zio Gianni. Che è di casa, eccome, nelle residenze del Cavaliere. Tutto sommato, a questo punto dobbiamo a Sgarbi sulla vicenda quirinalizia più notizie di quante non ne abbiano sino date i cronisti al seguito della corsa. Grazie, Vittorio. Pace fatta dopo qualche tua intemperanza nell’aula della Camera con la presidente di turno che ti ho contestata.