«Speriamo che arrivi quanto prima il bel tempo e che quindi l’emergenza sanitaria finisca, o, almeno, si attenui un po’...». A dirlo è l’avvocato Antonino Galletti, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, commentando l’introduzione dell’obbligo del green pass per gli avvocati al fine di accedere nei palazzi di giustizia.

L’estrema contagiosità della variante omicron e la rapidissima espansione dell’epidemia hanno costretto la scorsa settimana il governo a rivedere il precedente decreto, entrato in vigore lo scorso settembre, sulle categorie obbligate ad avere il green pass.

Inizialmente l’obbligo era previsto solo per i magistrati e per il personale amministrativo. Avvocati, testimoni e parti del processo erano state tenute fuori. Ma l’ultimo provvedimento, appunto, ha inserito nel perimetro della disposizione anche difensori, consulenti, ausiliari del giudice, con l’eccezione sopravvissuta soltanto per parti e testimoni. Oltre a imporre l’obbligo, il decreto ha poi previsto che non costituisce un legittimo impedimento, per l’avvocato, non avere il green pass. Una decisione normalmente affidata al giudice in udienza, che ha sempre avuto il compito di svolgere valutazioni nel caso singolo sull’esistenza o meno dell’impedimento.

Secondo i vertici dell’Avvocatura, comunque, l’obbligo del green pass non poteva iniziare a decorrere prima del prossimo mese di febbraio, in applicazione del decreto legge numero 52 dello scorso anno che ha regolato l’accesso agli uffici pubblici, fra cui appunto i palazzi di giustizia. Lo avrebbero imposto motivi di ragionevolezza ed il rispetto del diritto di difesa, che “risulterebbero irrimediabilmente violati a fronte dell’entrata in vigore immediata - e dunque fin da sabato 8 gennaio- di misure che incidono sulla funzione difensiva”, avevano fatto notare, con una lettera inviata alla guardasigilli Marta Cartabia, la presidente del Cnf Maria Masi e il coordinatore dell’Ocf Giovanni Malinconico.

Galletti, sull’obbligo del green pass, non è comunque preoccupato, dal momento che la maggior parte degli avvocati a Roma è vaccinata. Non ci dovrebbero, quindi, essere problemi per l’organizzazione del lavoro. Dal Coa di Roma hanno fatto sapere che verrà valutata anche la possibilità di creare un sistema di sostituzioni che possa aiutare i colleghi per poter continuare a seguire i casi e non abbandonare glio assistiti. L’importante è che la norma sia temporanea e che non «danneggi i cittadini».

Il problema, a questo punto, sono i controlli del green pass. «Ancora non siamo partiti», fa notare infatti il presidente Galletti. A Roma, alla data di ieri, non era ancora stato deciso chi e come dovrà effettuare questi controlli, se a campione o direttamente ai varchi d'ingresso. La norma, va detto, non è scritta in modo impeccabile e si presta a diverse interpretazioni.

Certamente non potranno intervenire gli stessi soggetti che controllano il green pass dei magistrati. Ai varchi delle varie sedi degli uffici giudiziari della Capitale sono adesso presenti carabinieri, polizia e personale di società di vigilanza privata. Le forze dell’ordine dovrebbero ricevere disposizioni specifiche sul punto. Per la vigilanza privata c’è da capire cosa è previsto nel contratto. Si starebbe pensando, allora, all’acquisto di lettori automatici del green pass. Ma non è una cosa realizzabile dall’oggi al domani. «E poi nel decreto non sono stati previsti stanziamenti per il loro acquisto», aggiunge il presidente del Coa di Roma, «e questo complica ancora di più tutto». Ma come si sono organizzati i magistrati? «Hanno un data base con le scadenze di tutti i green pass», precisa Galletti.

Quando a un magistrato scade il green pass, viene avvertito. Per il personale amministrativo, invece, c'è il dirigente che provvede con dei controlli a campione. «Anche per il controllo del green pass si corre il rischio di avere più disposizioni», sottolinea Galletti. Il ministero della Giustizia ha delegato la responsabilità del controllo ai capi degli uffici. Ma ogni tribunale è una realtà diversa. «Un conto è Roma, un altro è, per fare un esempio, Rieti», aggiunge il presidente degli avvocati capitolini, «da via Arenula dovevano confrontarsi con le grandi realtà prima di dar vita a questo provvedimento».