Il tempo scorre inesorabile. Sono trascorsi quasi trent’anni da tangentopoli e dalla sostanziale eliminazione di amnistia e indulto, con la sostituzione dell’articolo 79 della Costituzione; ventinove anni dalla radicale trasformazione dell’autorizzazione a procedere, con la modifica dell’articolo 68 della Costituzione, che ha certamente indebolito la politica nei confronti della magistratura.

Fenomeni e riforme che, pur partendo da problemi reali (la corruzione) e da un uso troppo ampio (di amnistia e indulto) e talvolta addirittura vergognoso di istituti finalizzati alla garanzia della funzione legislativa  nel caso della autorizzazione a procedere), hanno finito per gettare il bambino con l’acqua sporca. Si è così – per via giudiziaria, prima, e politica, dopo – provocata una onda lunga di populismo penale, legislativo e giudiziario. E la politica ( certo, mi riferisco alla buona politica e non a chi la ha tradita commettendo reati) ha ceduto il passo alla magistratura.

Tuttavia, neanche la magistratura ha dato buona prova di sé. Non mi riferisco, ovviamente, al lavoro di tantissimi magistrati, bravi e corretti; mi riferisco semmai a coloro che non fanno il loro dovere. E penso a talune derive della magistratura associata e del Consiglio Superiore della Magistratura, che è organo di rilevanza costituzionale.

Da qualche anno, con la vicenda Palamara, con le dimissioni di ben sei membri del Csm, i difetti ( per utilizzare una espressione soft) del sistema sono divenuti evidenti per tutti. E lo stesso Capo dello Stato Sergio Mattarella, che è anche Presidente del Csm, ha sollecitato più volte il Governo e le forze politiche ad approvare una seria riforma del Consiglio superiore che «sappia sradicare accordi e prassi elusive di norme che, poste a tutela della competizione elettorale, sono state talvolta utilizzate per aggirare le finalità della legge».

Ma, come detto, il tempo passa inesorabile. È trascorso ormai quasi un anno dall’insediamento del Governo Draghi. E dalla percepita consapevolezza che alla Ministra Cartabia fosse chiara la grave situazione e nota la condivisibile ed autorevole preoccupazione del Presidente Mattarella. Come a tutti noi è chiaro che l’attuale presenza di una ampia maggioranza impone particolari cautele. Si può comprendere, allora, che la Ministra abbia incaricato una Commissione, presieduta dal costituzionalista Luciani, di occuparsi delle questioni concernenti l’ordinamento giudiziario ed il Consiglio Superiore della Magistratura. E che lo abbia fatto a partire dal progetto del precedente governo, il d. d. l. AC 2681, sulla medesima materia. Ma, ancora una volta, sono trascorsi altri mesi da quando la Commissione Luciani ( peraltro, assai prudente nell’indicare soluzioni innovative) ha depositato le sue conclusioni. E della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm si sono perse le tracce. Mentre tra luglio e settembre si vota per rinnovare il Consiglio.

Di tempo, dunque, non ve ne è più. Sempre il Presidente Mattarella ha ammonito: «Non si può accettare il rischio di doverne indire le elezioni con vecchie regole e con sistemi ritenuti da ogni parte come insostenibili».

Negli ultimi giorni sembra diffondersi l’idea di porre mano subito al solo sistema elettorale del Csm. Questione, certo importante. Io, che del Csm sono stato componente “laico”, ho sempre pensato che la soluzione migliore sia quella di ricorrere ad un sorteggio temperato, capace di spezzare il fortissimo legame tra correnti ed eletti: prima sorteggio tra tutti i magistrati e poi votazione tra i sorteggiati. E recentemente a favore del sorteggio si sono espressi (talvolta invocando il sorteggio “puro”, che io però ritengo non conforme a Costituzione) il procuratore Cafiero De Raho e il procuratore di Catanzaro Gratteri, alcuni consiglieri del Csm (Di Matteo e Ardita) e i magistrati di Articolo 101, gruppo nato in polemica con le correnti. Altre soluzioni ( come il maggioritario, cui sembrerebbe tendere la riforma Cartabia), magari imposte dalla fretta di fare una riforma, a mio avviso ci farebbero perdere una occasione non facilmente ripetibile e non risolverebbero il problema del correntismo.

Ma ci sono altre questioni che non possono essere trascurate: fissare regole rigorose e certe per la valutazione di professionalità dei magistrati e la loro progressione in carriera; impedire al massimo i passaggi da pm a giudice (basterebbe applicare l’articolo 111 della Costituzione...); eliminare le “porte girevoli”, evitando la possibilità di fare contemporaneamente il magistrato e ricoprire incarichi elettivi, e non consentendo il rientro nella giurisdizione dopo il mandato (meglio sarebbe destinare gli eletti ad altri incarichi nella Pa); porre un deciso freno ai magistrati fuori ruolo (oggi 200); negare la possibilità di “nomine a pacchetto”, impedendo l’allineamento dei concorsi che favorisce la spartizione correntizia.

Tanto, forse troppo lavoro da fare in un tempo ormai ristretto. Ma più si indugia, più il tempo verrà a mancare; come pure le riforme possibili. E necessarie. E a perdere sarà il Paese, e noi tutti. (*Ordinario di Diritto penale nell’Università di Palermo Già componente del Csm)