Il suicidio di Angelo Burzi, ex consigliere regionale del Piemonte, ha scatenato una polemica interna alla magistratura dopo le recenti dichiarazioni dell'attuale procuratore generale di Torino e della Valle d'Aosta, Francesco Saluzzo. Ieri, l'ex procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, aveva criticato la nota del magistrato piemontese, che oggi, sempre dalle colonne della "Stampa", ha replicato all'intervento del giudice ora in pensione.

Caso Burzi, il pg Saluzzo replica a Bruti Liberati

«Ho letto - scrive il pg Saluzzo al direttore de la "Stampa", Massimo Giannini - l'autorevole intervento del collega Edmondo Bruti Liberati sul caso Burzi e, poiché chiamato in causa direttamente, ritengo di dover brevemente replicare. Premetto che io non ho inteso accreditare la verità processuale come verità storica (anche se ribadisco la incontrovertibilità dei documenti contabili sui quali si è basata l'impostazione dell'accusa e, evidentemente, anche le plurime decisione dei giudici di appello) consapevole che si tratta di ricostruzioni e di percorsi di convincimento, logici e fattuali, la cui forza e prova di resistenza è affidata alla motivazione del provvedimento e alla valutazione di giudici diversi nei vari gradi» si legge nella replica del procuratore generale di Torino.

«Ecco perché ho inteso difendere il mio ufficio»

Saluzzo ribadisce i motivi che lo hanno portato a diffondere il comunicato stampa a seguito del suicidio di Angelo Burzi. «Il punto di partenza dell'intervento del mio ufficio è stato rappresentato da affermazioni di singolare gravità, tra tutte quella secondo cui l'agire della procura della Repubblica e della procura generale sarebbe stato orientato e attuato "per ammazzare i nemici" (politici). Criticando addirittura il fatto che vi sia stato un processo (impostazione "frontale" condivisa anche da alcuni documenti delle associazioni dell'avvocatura); ma un processo - se celebrato e condotto secondo i principi e le norme - non è mai ingiusto». «Credo che neanche il collega Bruti Liberati possa ritenere queste affermazioni riconducibili nell'alveo della "critica aspra". Altrimenti qualunque affermazione, anche la più falsa, calunniosa e diffamatoria, dovrebbe godere della protezione del diritto di manifestazione del pensiero e rimanere confinata fuori dall'area della responsabilità penale e, invece, cosi è non nell'ordinamento, iniziando dalle norme della nostra Costituzione».

Il dovere dei magistrati (secondo il pg Saluzzo)

«Lo scopo del mio intervento, per il quale - ribadisco - ritengo di avere pieno diritto, era quello di fornire una corretta informazione all'opinione pubblica, offrendo gli strumenti per una pacata valutazione della vicenda e per orientare una lettura di essa, anche critica, anche aspra, anche "alternativa" ma pur sempre, come deve essere, nel solco e nel rispetto dei fatti. Ed è il medesimo sentimento che mi spinge a rivolgerle questa breve precisazione: il dovere anche per i magistrati (che non ne sono esclusi), di informare e di rendere trasparente e leggibile il loro operato e il percorso individuato per accertare e chiedere la punizione per i fatti che essi ritengono costituire reato» conclude il pg Saluzzo.